Il grande bluff della prescrizione: è in calo e la chiedono i magistrati

In campo giudiziario l'Italia legifera sull'onda dell'ultima emergenza e delle fibrillazioni suscitate nell'opinione pubblica dall'ultimo scandalo. Le cronache grondano di corrotti, veri o presunti tali: e che si fa? Si alza qualcuno e comincia a gridare che va allungata la prescrizione. Così governo Renzi e Parlamento lavorano alla riforma della prescrizione, e per i reati corruttivi in Senato c'è chi punta ad allungarne la durata fino a oltre 20 anni.

Ma l'allungamento della prescrizione rischia solo di squilibrare ancora un sistema già sbilanciato. Come sempre accade in Italia, ed è questo l'aspetto forse più sgradevole della recita mediatico- giudiziaria degli ultimi tempi, realtà e finzione scenica si mescolano in modo paradossale. Perché nessuno guarda ai dati.

Così si fa soltanto confusione, e si compiono errori insanabili.

La prescrizione non è affatto in aumento, come sostengono troppi politici e tanti magistrati sindacalizzati. Al contrario, da una decina d'anni è in calo tendenziale. Nel 2005, i procedimenti penali estinti per prescrizione erano stati 183.224; nel 2014, l'ultimo anno per il quale il ministero della Giustizia abbia cifre aggiornate, si sono estinti 132.296 processi, 61 mila in meno.

È vero, negli ultimi dieci anni i procedimenti prescritti sono stati in totale 1.454.296. Non sono pochi. Ed è altrettanto vero che ogni processo prescritto è un fallimento per la giustizia. E si può anche cercare di fare meglio, è vero pure questo. Ma resta il fatto che la prescrizione è in calo da dieci anni. Quindi la statistica assolve un presunto colpevole: perché è incontrovertibile che la malfamata legge ex Cirielli, varata il 2 dicembre 2005 dal centrodestra e da allora inchiodata sul banco degli accusati, non abbia affatto accresciuto le prescrizioni, come invece sostiene il centrosinistra.

Sempre al contrario di quanto sostengono molti politici e pubblici ministeri, inoltre, la prescrizione non è causata dalle tecniche dilatorie adottate dalle difese degli imputati. A dimostrarlo è un altro dato, tanto sorprendente quanto nascosto: dal 2005 al 2014 i decreti di archiviazione dettati dalla prescrizione firmati dai giudici delle indagini preliminari sono stati 1.028.685. Quindi il 70,7% delle prescrizioni è avvenuto nella fase iniziale del procedimento, quando il Pm è l'unico attore processuale. Questo significa che troppi processi penali iniziano quando è già evidente che sono destinati ad abortire prima di arrivare a un rinvio a giudizio. Oppure vengono fatti languire nei cassetti di una Procura della Repubblica.

Insomma, hanno un bel gridare certi magistrati: quasi due processi prescritti su tre finiscono nel nulla nel lungo periodo delle indagini che, di fatto, è posto dal codice di procedura penale sotto il loro esclusivo governo. In Italia, invece, si preferisce chiacchierare sul nulla. I magistrati gridano alla lesa indipendenza se qualcuno invoca un po' più di responsabilità civile per i loro errori e anche per i loro ritardi. E l'obbligatorietà dell'azione penale è un totem intoccabile. L'imprescindibile precetto costituzionale, in realtà, fu duramente criticato fin dall'inizio dai migliori giuristi, a partire da Pietro Calamandrei, che parlò di «una svista dei padri costituenti». E Calamandrei di certo non era un reazionario.

La parabola di Aimo Moroni parte dal pollaio
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.

È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.

«L’abito industriale avvolge il corpo, quello sartoriale veste l’anima»
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».

C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.

Non solo droghe: i giovani provano a riempire il vuoto con gioco e porno
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.

Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!

Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.

Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».

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