2020-06-05
Giuseppina, folle amore di Napoleone ripudiato ed eternamente rimpianto
Indolente, affascinante e sensuale, era il portafortuna di Bonaparte. Rimase sempre l'Imperatrice. Lui aveva bisogno di un erede, lei non era più in grado di darglielo. Per questo divorziò e sposò Maria Luisa d'Austria.«La politica non ha cuore, solo testa». Questa asciutta frase viene rivolta da Napoleone alla prima moglie, la creola Marie-Joséphe-Rose Tascher de La Pagerie, meglio nota come Joséphine (ovvero Giuseppina), per sintetizzare le ragioni del loro prossimo divorzio. Bonaparte vuole dei figli legittimi, che lei non è più in grado di dargli. Li vuole per lasciar loro l'impero, per fondare una dinastia che abbia il crisma della legittimità e possa stare alla pari con le grandi dinastie regali d'Europa. Esposto ogni momento ai pericoli delle battaglie e ai rischi degli attentati, egli sa che, se morisse senza eredi, tutto quello che ha costruito crollerebbe come un castello di carte. Il clan familiare corso - le ambiziose sorelle, gli sgomitanti fratelli - non sarebbe in grado di prendere il suo posto, né lo sarebbero i marescialli. Da tempo, in verità, Napoleone pensava alla legittimazione della propria stirpe, ma non credeva di poter avere figli. Il fatto che l'amante Maria Walewska fosse rimasta in stato interessante e avesse poi avuto da lui Alexandre, lo aveva convinto della possibilità di generare il sospirato erede. «Mi serve un ventre!» aveva quindi esclamato, con un linguaggio brutale.un grande amoreSono ormai lontani i bei tempi del grande amore iniziale, quando l'allora giovanissimo e semisconosciuto generale faceva una corte serrata alla fascinosa vedova del visconte Alexandre de Beauharnais. Più grande di lui di 6 anni - non a caso, il clan corso la chiamerà «la vecchia» - già madre di Eugenio e Ortensia, Giuseppina è stata nondimeno il primo grande amore di Napoleone (l'altro sarà appunto la polacca Maria), che continuerà a nutrire verso di lei affetto e senso di protezione, tanto da lasciarle dopo il divorzio il titolo di imperatrice e un gran numero di ricchezze e proprietà. «Non ho mai più incontrato una donna così piena di grazia e dalle maniere così amabili», dirà molti anni dopo. Pur senza essere propriamente bella, Giuseppina possiede fascino e allure, come testimoniano i suoi ritratti e in particolare quello di Pierre-Paul Proud'hon del 1805, che la raffigura, all'apice del potere, nella magione della Malmaison.Nata nell'isola caraibica della Martinica nel giugno 1763 da una famiglia francese proprietaria di una piantagione di zucchero e sempre indebitata, la futura imperatrice si era dimostrata sin da ragazzina piuttosto indolente, affascinante e sensuale, avvalorando così le dicerie sui coloni creoli. Un'indovina mulatta le aveva predetto che avrebbe avuto un primo matrimonio infelice, ma che in seguito avrebbe ottenuto una corona e sarebbe stata «più che regina». La stessa indovina aveva predetto cose straordinarie anche alla di lei cugina, Aimée du Buc de Rivérie: entrambi i vaticini si sarebbero rivelati in seguito esatti. A quindici anni, Giuseppina - sarebbe stato Napoleone a soprannominarla così - venne spedita in Francia e fatta sposare nel dicembre 1779 ad Alexandre de Beauharnais, che prese subito a comportarsi in modo dissoluto. Fra una vicissitudine e l'altra, la moglie ebbe il tempo di tornare in Martinica e iniziare diverse relazioni con uomini facoltosi. Rientrata a Parigi poco dopo l'inizio della Rivoluzione, si dedicò ad una brillante vita mondana. Poiché, in base anche alla «legge dei sospetti», la situazione per i nobili si faceva sempre più pericolosa, Giuseppina si fece chiamare «cittadina Beauharnais» e si definì «una fervente sanculotte». Quella messa in scena non doveva essere troppo credibile, visto che Alexandre venne arrestato nel marzo 1794, mentre in aprile fu la volta della moglie. In carcere ella allacciò una relazione con il generale Lazare Hoche, mentre il marito - che sarebbe stato ghigliottinato in luglio - dedicava le sue attenzioni a un'altra prigioniera. A salvare Giuseppina fu Termidoro e la caduta di Robespierre, oltre agli intrighi dei suoi amici e corteggiatori, fra cui Jean-Lambert Tallien. Libera ma in condizioni economiche molto difficili, riuscì a farsi mantenere agiatamente dai suoi spasimanti e a recuperare molti beni del defunto marito. La svolta ci fu quando Therese Cabarrus, moglie di Tallien, le presentò Paul Barras, uomo forte del Direttorio, il regime che si era instaurato nel frattempo. La liaison con costui consentì alla «bella creola» di migliorare il proprio tenore di vita e far entrare i figli in importanti collegi. Elegante, spendacciona e capricciosa, Giuseppina fu ammessa nel novero invidiato e ammirato de Les Merveilleuses, Le Meravigliose, le «ninfe Egerie» del regime, abbigliate in stile neoclassico, con tuniche alla greca, sandali, capelli raccolti e garze trasparenti. Conobbe quindi l'impacciato Napoleone - si mormora che fosse stato Barras, stufo della dispendiosa amante, a presentarli - che si innamorò follemente di lei e volle sposarla. Sulle prime, in verità, Giuseppina non ne aveva intenzione, anzi derideva il suo spasimante con battute feroci tipo «Bonaparte, Bon à rien». Lui, invece, era ossessionato e non cessava di vantarne le perfezioni anatomiche con battute un pochino osé. Alla fine seppe convincerla del brillante futuro che attendeva entrambi e la sposò a Parigi nel marzo 1796 alla presenza di Barras che, come dono di nozze, mise Napoleone alla testa dell'Armata d'Italia. Signora delle VittorieMentre il generale partiva con i suoi «soldati scalzi» alla volta della penisola, dove si sarebbe prodotto in exploits straordinari, la moglie se ne restava a Parigi, circonfusa dalla gloria derivatale da quel matrimonio. Veniva addirittura soprannominata Notre-Dame-des-Victoires, Nostra Signora delle Vittorie. Non per questo abbandonava le sue abitudini, iniziando un'ardente storia d'amore con il tenente Hippolyte Charles. Il gelosissimo Napoleone la pressava perché lo raggiungesse - «mi adora come se fossi una dea», commentò l'infedele - ma solo dopo molte preghiere Giuseppina acconsentì ad andare in Italia. Lì continuò a tessere intrighi amorosi ed economici, facendo dare le forniture dell'esercito a un amico e ottenendo congrue percentuali.Senza dubbio buona e generosa, ma sempre a corto di denaro per il costosissimo train-de-vie, la creola avrebbe quindi stretto un accordo segreto con il temibile ministro della Polizia, Joseph Fouché. Lui le dava i soldi di cui aveva bisogno, la copriva nei suoi «peccatucci d'alcova», lei gli raccontava tutti i segreti di Bonaparte. Fu così che, nei tempi della Campagna d'Egitto, Fouché apprese ogni dettaglio delle decisioni del generale, compreso il fatto che si apprestava a tornare in Francia all'insaputa del Direttorio, nell'estate 1799. Ancora, seppe che Napoleone si accingeva a rovesciare il Direttorio suddetto, cosa che sarebbe avvenuta nel celebre 18 Brumaio, ovvero il 9 novembre 1799.A quel punto, la situazione cominciò a invertirsi: era Giuseppina a correre dietro al marito, padrone della Francia e come tale ammirato, adulato e circondato. Gli anni del Consolato furono senza dubbio i più straordinari della parabola napoleonica. In soli quattro anni, egli seppe mettere ordine nella Francia post rivoluzionaria e costruire la nazione del futuro, oltre a gettare le basi dell'Europa moderna. Giuseppina, première dame all'altezza del ruolo, partecipò ai suoi successi, sino ad essere incoronata Imperatrice il 2 dicembre 1804 a Notre Dame.legata sino alla fineIn verità, la creola era terrorizzata dalla crescente ambizione del marito e più volte lo aveva pregato: «Bonaparte, je t'en prie, ne te fais pas Roi», «Bonaparte, per favore, non ti fare Re». Le sue implorazioni erano rimaste senza seguito, perché oramai Napoleone aveva in mente solo il dialogo con la Storia e l'immortalità. Consapevole del fatto che lo sposo avrebbe quindi cercato una nuova alleanza matrimoniale e dei figli, Giuseppina lo aveva ammonito con parole dal sapore premonitorio: «Se mi lasci, Bonaparte, ti porterà sfortuna, perché io sono la tua buona stella, senza di me non reggerai al potere. Lo ha detto l'indovina Duchatel». Lui, tuttavia, non se ne era curato e il divorzio - «un sacrificio dell'imperatore per il bene dei suoi sudditi» - sarebbe arrivato nel dicembre 1809.L'imperatrice continuò a vivere alla Malmaison, dove aveva fatto piantare un'infinità di rose meravigliose, da cui sarebbe stata isolata la prima Rosa Tea. Circondata da una lussuosa corte, rimase legata sino alla fine all'ex marito, che ebbe modo di rimpiangerla. A Napoleone, infatti, non portò fortuna il secondo sposalizio con la gelida Maria Luisa d'Austria, tanto che dall'amaro esilio di sant'Elena commenterà: «Il mio matrimonio! Un precipizio dagli angoli bordati di fiori!». Giuseppina morirà il 29 maggio 1814, a causa delle conseguenze di una polmonite presa per aver passeggiato una notte gelida, con un abito troppo scollato, insieme allo Zar di Russia Alessandro, che lei cercava di affascinare per aiutare il figlio Eugenio. In definitiva, è stata fedele sino all'ultimo al suo personaggio.