2021-07-20
Giuseppi abbaia ma non può mordere
Le persone che godono delle confidenze di Mario Draghi raccontano che il presidente del Consiglio non sia minimamente preoccupato delle lotte intestine dentro i 5 stelle. E a chi gli ricorda che tra i propositi di una parte del Movimento ci sono le modifiche della riforma della giustizia, pare risponda con un semplice gesto delle mani, quello che si usa per dire: sloggio. Un segnale chiaro, che vale più di cento parole, a significare una sola cosa: se insistono, me ne vado. Non ha alcuna intenzione di indietreggiare e questo non riguarderebbe solo lui, ma anche molti dei suoi ministri. Ai quali l'ex governatore della Bce avrebbe detto chiaro e tondo: se ci lasciano lavorare andiamo avanti; se invece vogliono perdere tempo, cambiare la riforma della giustizia, continuare a litigare come hanno sempre fatto, beh allora le valigie si fanno in fretta.La differenza tra Draghi e il suo predecessore consiste proprio in questo. L'attuale presidente del Consiglio è pronto a tutto pur di raggiungere l'obiettivo prefissato. Conte era pronto a tutto pur di conservare la propria poltrona. Se il premier è intenzionato a spezzarsi ma non a piegarsi, l'altro era l'esatto contrario, determinato non a tenere fede a un impegno, fosse pure quello di far decadere la concessione autostradale dei Benetton, ma a compiere qualsiasi capriola pur di rimanere al potere.Dunque fanno abbastanza ridere le bellicose dichiarazioni dell'ex avvocato del popolo, che ieri si è recato a Palazzo Chigi per incontrare il capo del governo. L'appuntamento era stato preceduto da un fuoco di fila sul tema della giustizia, quasi che Conte si preparasse a bloccare la riforma messa a punto da Marta Cartabia nel caso non ne fosse sostanzialmente modificato l'impianto. In realtà, le dichiarazioni seguite al faccia a faccia tra Conte e Draghi paiono assai meno determinate. Non si è parlato di sfiducia all'esecutivo, né si è lasciato intravedere un appoggio condizionato al governo. Anche perché è vero che fra poche settimane inizierà il famoso semestre bianco, cioè il periodo antecedente la nomina del presidente della Repubblica, parentesi che non consente al capo dello Stato di poter far uso del potere di sciogliere il Parlamento. Ma anche se una crisi di governo non può portare in questo periodo a nuove elezioni, Conte sa bene che non solo la maggioranza di Camera e Senato non ha alcuna intenzione di fare uno sgambetto a Draghi, in quanto gli italiani non comprenderebbero le ragioni di una sostituzione dell'inquilino di Palazzo Chigi. Ma non c'è solo il Parlamento, ci sono anche i ministri, i quali non hanno alcuna voglia di andare a casa o anche solo di assistere a un rimpasto. Un discorso, quello dei responsabili dei dicasteri, che non riguarda solo le figure legate alla Lega, a Forza Italia o al Pd, ma pure i ministri in quota 5 stelle. Qualcuno crede davvero che Luigi Di Maio possa lavorare per segare l'albero su cui sta seduto? O che Stefano Patuanelli non veda l'ora di mandare a casa Draghi per far felice Alfonso Bonafede, ossia l'ex ministro grillino della Giustizia?No, nessuno, neppure fra gli esponenti della guardia ministeriale del movimento, ha voglia di crisi. Dunque, quella di Conte contro Cartabia e Draghi è una pistola scarica, che l'ex presidente del Consiglio agita in cerca non di agibilità politica, come diceva prima del patto della spigola con Beppe Grillo, ma di visibilità politica. Ma sia lui che i suoi sanno che il revolver è caricato a salve. Anzi, forse il primo a saperlo è lo stesso premier, il quale non si fila le beghe grilline ben sapendo che non hanno alcuna possibilità di influire sulla vita del governo. Il gesto della mano destra per intendere che se le cose non vanno per il verso giusto Draghi si può sempre sfilare dice tutto. Ma forse, di fronte ai toni baldanzosi di Conte, il gesto più appropriato sarebbe un altro, che certo il presidente del Consiglio, con il suo aplomb da banchiere centrale non farà mai. Per lo meno in pubblico.