2019-12-29
Conte ha in testa solo il Sud: «Il Nord si può arrangiare»
Il Settentrione viene lasciato solo («Cresce già») e l'autonomia finisce in soffitta. Con le nuove nomine i ministri meridionali, che erano già ben 11 su 21, salgono a quota 13 su 22.Nella sua conferenza di fine anno Giuseppe Conte attacca Matteo Salvini, dicendo che la sua idea di leadership è insidiosa. Il presidente del Consiglio non lo dice, ma lascia capire che il capo della Lega costituisce un pericolo per la democrazia. Tuttavia, pur essendo preoccupato per la concezione delle istituzioni dell'ex ministro dell'Interno, il premier è il suo più strenuo alleato, nel senso che non manca giorno che egli non cerchi in qualche modo di rafforzarne il consenso. Anche ieri, con la nomina di due ministri (dell'Istruzione e ricerca e dell'Università) al posto del dimissionario Lorenzo Fioramonti, Conte ha di fatto dato una mano a Salvini. Già, perché se prima il governo giallorosso era fortemente sbilanciato al Sud, da ieri lo è ancora di più. Quando nacque, il 5 settembre, non pochi notarono che su 21 ministri solo 8 erano del Nord, 11 provenivano dal Mezzogiorno e 2 dal Centro. Ora, con il rimpasto di Natale, l'equilibrio si è spostato ancora di più verso il Meridione, con 13 ministri «sudisti», uno di Roma e 8 settentrionali.Ma se qualcuno avesse avuto dubbi sulle intenzioni del presidente del Consiglio, ieri, durante la conferenza stampa, Conte ha contribuito a fugare qualsiasi perplessità. Il premier infatti si è dato un gran da fare per chiarire che l'impegno del governo sarà interamente rivolto al Mezzogiorno. «D'ora in poi, per effetto dei provvedimenti già varati, il 34 per cento della spesa pubblica dovrà a priori essere destinato al Sud». Chiaro il concetto? Per il capo dell'esecutivo, la priorità è il Meridione, perché a suo giudizio «il Nord viaggia a percentuali ottimali di crescita» e dunque non ha bisogno di aiuti da parte del governo e tanto meno di opere pubbliche, mentre al contrario, nelle regioni meridionali è assolutamente necessario l'intervento dello Stato. Del resto, l'ex avvocato del popolo, oggi trasformato in avvocato di sé stesso, vuole assolutamente onorare le proprie origini. Essendo nato a Volturara Appula, paesino di 400 abitanti in provincia di Foggia, è comprensibile che Giuseppe Conte voglia fare qualche cosa per la sua terra. Ma a quanto pare il professore di diritto prestato alla politica pensa di andare oltre, tanto da dichiarare di «voler colmare il divario tra Nord e Sud», opera che non riuscì neppure a una serie di grandi statisti del passato, che pure provenivano da quelle stesse terre. Che Conte desideri fare qualche cosa per la regione da cui proviene non deve stupire. Del resto, da quando è a Palazzo Chigi si è trovato tra le mani una serie di patate bollenti che riguardano proprio i territori della sua infanzia. Prima la grana dell'Ilva, con l'acciaieria più grande d'Europa che rischia di chiudere a causa di un provvedimento (l'immunità penale negata) voluto dalla maggioranza che lo sostiene. Per metterci una pezza Giuseppi, come lo ha chiamato Donald Trump, ha promesso l'alta velocità Bari-Napoli e pure l'intervento della Cassa depositi e prestiti, ma al momento il pasticcio provocato dai suoi alleati grillini non si è ancora risolto. Poi, come se non bastasse lo spauracchio di un'impresa siderurgica a rischio, con conseguenze per tutta la regione, come regalo di Natale è arrivato il crac della Popolare di Bari, un default scongiurato all'ultimo momento ma con strascichi giudiziari e imprenditoriali ancora tutti da valutare. Per cercare di tamponare un po' la falla, oltre a promettere un rilancio del Sud e grandi opere, Conte ieri ha annunciato anche un «polo creditizio sistemico per rafforzare il Sud», ossia la sempre ventilata Banca del Mezzogiorno, che nella testa del presidente del Consiglio a quanto pare non dovrebbe essere molto diversa dalla Cassa del Mezzogiorno, ossia dall'ente che nel passato doveva alimentare i piani di sviluppo del Meridione e che, come è noto a tutti ma forse non a Giuseppi, alimentò solo la voracità di una classe dirigente, politica e imprenditoriale, che non vedeva l'ora di pasteggiare con i soldi pubblici.Non contento di avere fornito munizioni per l'arsenale di cui Salvini potrà fare uso durante la campagna elettorale in Emilia, Toscana e Liguria, il premier ha aggiunto qualche ulteriore proiettile, spiegando di voler rivedere il decreto Sicurezza varato da Salvini (e a dire il vero approvato anche da Conte prima che questi si alleasse con la sinistra). E anche sui porti ha avuto da ridire, precisando che non sono mai stati chiusi, rimangiandosi dunque le difese in Parlamento a favore dell'ex ministro dell'Interno.Sì, più passa il tempo e più pensiamo che - sotto sotto - Conte stia lavorando per il capo della Lega, fornendogli gli assist per fare gol. Del resto, se uno volesse disinnescare Salvini, non parlerebbe di soldi al Mezzogiorno, come vuole Luigi Di Maio per riconquistare i voti persi, ma dell'autonomia richiesta dai governatori del Nord. Ma questo forse è un ragionamento un po' troppo complicato per un semplice avvocato del popolo. Ci vorrebbe un populista. O, forse, anche solo un politico.
La commemorazione di Charlie Kirk in consiglio comunale a Genova. Nel riquadro, Claudio Chiarotti (Ansa)
Il food è ormai da tempo uno dei settori più di tendenza. Ma ha anche dei lati oscuri, che impattano sui consumatori. Qualche consiglio per evitarli.
Charlie Kirk (Getty Images)
Carlo III e Donald Trump a Londra (Ansa)