2022-08-19
Giuntoli, l’uomo nell’ombra del Napoli che sa come sbancare sul mercato
Cristiano Giuntoli (Getty Images)
Ieri sono diventati azzurri Ndombele, Simeone e Raspadori. Il ds partenopeo non parla mai ma scova i talenti e rende la vita facile ai presidenti: i conti tornano sempre. È lo stesso che costruì un Carpi capace di salire in A. Scartabellando tra le pagine di Facebook, una campeggia vittoriosa con i colori biancorossi del Carpi Football Club fin dal 2015: «Cristiano Giuntoli nel Carpi a vita», recita, con relativa apologia dell’attuale direttore sportivo del Napoli, talvolta definito «l’ingegnere» per il suo approccio poco ciarliero e molto strategico alla gestione delle società, talvolta «il giardiniere», perché si dice misuri persino la lunghezza dell’erba dei campi d’allenamento. La carriera di Giuntoli, cinquantenne fiorentino, è racchiusa in quegli smilzi cenni biografici. Un tipo dall’occhio lungo e dalla lingua misurata, uomo di spogliatoio, non di telecamera. Parla poco, soprattutto oggi al Napoli, dove tutti, anche i massimi dirigenti, interagiscono con la stampa solo dietro precise disposizioni dei vertici, dunque di Aurelio De Laurentiis. «Quando osservavo i calciatori tra i dilettanti, li sceglievo grossi e pesanti, oppure piccoli e agili: in un’orchestra servono i tromboni e i violini. Ma soprattutto li scelgo sempre affamati. Chi più della gioventù che gioca nelle serie inferiori può esserlo? La parola d’ordine per me è sacrificio», diceva da ds del Carpi, un’ascesa travolgente dalle serie minori fino alla A come solo gli appetiti pantagruelici possono osare. A quell’epoca scovò, tanto per dirne uno, un certo Kevin Lasagna prelevandolo per 75.000 euro dal Lumezzane. Gli affiancò Roberto Inglese, altro gioiellino rivelatosi qualcosa di più di una semplice bella speranza. Merito, dicono i suoi ammiratori, di chi è abituato a compensare fondi esigui con le idee. Il Napoli di quest’anno, partito in sordina, sta ruggendo sul mercato riconquistando una posizione di favorita per un posto in Champions League. È arrivato Giovanni Simeone dal Verona, prolifico figlio del Cholo, in prestito con diritto di riscatto, seguito da Giacomo Raspadori del Sassuolo, uno dei prospetti più interessanti tra gli attaccanti italiani. Per lui la formula del prestito oneroso da 5 milioni di euro, più 25 milioni pagabili in 5 anni per l’obbligo di riscatto, più ulteriori 5 milioni legati a bonus individuali e di squadra, per un totale vicino ai 35 milioni. Non è finita. Il centrocampo è stato puntellato da Tanguy Ndombele, nerboruto manovratore del Tottenham giunto in prestito oneroso da 1 milione di euro tra parte fissa e bonus, con diritto di riscatto fissato a 32 milioni. Non scordando il coreano Kim come centrale difensivo, stopper di caratura europea nonostante le origini asiatiche, e le trattative per accaparrarsi i servigi di Keylor Navas in porta (dal Psg). Questi colpi hanno svecchiato l’ambiente e rinvigorito l’umore di mister Spalletti, entrambi opachi dopo le partenze del totem Koulibaly, del veterano Mertens, di Lorenzo Insigne e di Ospina. Oltre a dare una scossa alla rosa: al debutto in campionato, nella nuova stagione, i campani ne hanno rifilati cinque all’Hellas Verona. Ora gli esperti si prodigano nel lodare il lavoro di Giuntoli, meno appariscente di un Walter Sabatini, meno mediatico di un Beppe Marotta, capace però di conferire orizzonti progettuali coerenti a una realtà identitaria e a conduzione familiare, priva delle iniezioni di liquidità degli sceicchi o della tutela ricattatoria dei fondi americani. Il direttore sportivo, dal canto suo, le rare volte in cui parla, rimarca la sua carriera da calciatore dilettante, difensore con tanti polmoni, ma dai piedi non proprio fatati. Le doti, insomma, di chi può trasmettere a un giovane le malizie da veterano senza per forza averle messe in pratica. «Ho studiato a Coverciano, mi sono laureato all’Isef», specifica. Leggendo tra le righe significa: sono un perfezionista della preparazione fisica e alimentare (sulle quali si dice voglia essere costantemente informato dai suoi collaboratori). Col Napoli, ai tempi di Maurizio Sarri, è andato vicinissimo a centrare uno scudetto da impresa epica. Mica facile, soprattutto dopo aver contribuito a ricostruire la formazione dopo l’era Benitez, senza abbassarne le ambizioni. Affrontando pure periodi di burrasca. Ai tempi in cui sulla panchina sedeva Gennaro Gattuso - eravamo nel gennaio 2021 - si vocifera che pure Giuntoli fosse incappato nell’ira del patron De Laurentiis per i risultati al di sotto delle aspettative. Raddrizzando in poco tempo la barra della navigazione. «Vedo De Laurentiis coinvolto in tante situazioni, fa tantissimi lavori per il Napoli, in queste ultime trattative è uscito pochissimo dall’albergo perché aveva molto da fare. Un tifoso deve avere fiducia in una società che ha raggiunto tante volte l’Europa, la famiglia De Laurentiis ha creduto tanto in ciò che ha fatto. Veniamo da annate difficili come quelle del Covid, dobbiamo mettere in ordine molte cose, punteremo a ragazzi di grande valore, ma per ingaggiarli occorre tempo». Tradotto: con il grande capo il rapporto è solido e l’intento è rinnovare la rosa senza snaturarne l’impatto coi risultati. Un po’ come quando, nel 2016, arrivarono Milik e Zielinski, rimasti nell’immaginario vesuviano con un calore vulcanico ardente a dispetto della gelida provenienza polacca. O come nel 2019, quando dall’Empoli arrivò Giovanni Di Lorenzo, oggi capitano partenopeo e terzino in pianta stabile nel giro della Nazionale (nonché campione d’Europa), piuttosto che l’azzeccata scelta di Anguissa o l’eccitante scommessa Kvaratskhelia, ventunenne georgiano cui si chiede di diventare il nuovo Insigne, che alla prima giornata è stato subito decisivo. Il segreto, pare, sia sempre lo stesso dai tempi del Carpi: scegliere violinisti e tromboni alla bisogna, silfidi e mastini, talentuosi e corridori. Cercando, se possibile, di conservare inalterato lo spirito dei campetti di periferia. Gli stessi dove si dice Giuntoli amasse misurare l’erba per non costringere i suoi atleti a tour de force usuranti per la muscolatura.
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)
Francesca Albanese (Ansa)