
L’ugandese Mugambe è accusata di aver portato in Uk una connazionale, obbligandola a fare la domestica e la babysitter gratis.Lo schiavismo non ha colore. Lydia Mugambe, 49 anni, originaria dell’Uganda, fino a giovedì scorso al posto del normale curriculum su Linkedin aveva una favola dell’integrazione, dell’inclusione e del «Progresso femminile» come lo chiama l’Onu. Donna di colore, alto magistrato in patria, giudice per le Nazioni Unite con ufficio a Londra e autorevole docente della Scuola di Diritti Umani di Oxford, Mugambe è stata condannata per aver ridotto in schiavitù una giovane colf, «sfruttata e sottoposta ad abusi», approfittando anche del proprio elevato status sociale. L’entità della condanna sarà decisa dal Tribunale il prossimo 2 maggio. A peggiorare il quadro, il fatto che il giudice ugandese abbia provato a sottrarsi all’arresto, sostenendo di godere di immunità diplomatica. I guai di questo magistrato in carriera iniziano due anni fa, quando la polizia di Kidlington, nell’Oxfordshire, conduce un’indagine sulla «modern slavery», fatta di abusi e sfruttamento, e s’imbatte nella signora Mugambe. Che è un pezzo grosso e lo sa. Infatti a fine ottobre, quando la polizia le contesta di aver ridotto in schiavitù la sua colf, costretta a fare gratis anche la baby sitter e a lavorare senza contratto con orari disumani, la sua prima reazione è stata del tipo: «Non sapete chi sono io e comunque ho l’immunità diplomatica». Il 7 agosto viene egualmente denunciata e mandata a processo. Giovedì, è stata riconosciuta colpevole di aver costretto questa ragazza, la cui identità è protetta, a lavorare per lei per quattro soldi, oltre ad averla fatta entrare nel Regno Unito violando le leggi sull’immigrazione. In più, avrebbe anche intimidito un testimone nella fase delle indagini. Terribili le parole di un’altra donna, il pm Carolle Haughey, al processo: «Lydia Mugambe ha sfruttato e commesso abusi sulla vittima, avvantaggiandosi della sua ignoranza circa i suoi diritti, compreso quello di essere pagata correttamente e ingannandola sul vero scopo dell’ingresso in Inghilterra». Inoltre, alla ragazza sarebbero stati tolti i documenti. La giuria ha votato all’unanimità per la colpevolezza e la pena verrà stabilita in una diversa udienza, il 2 maggio. In forza del «Modern Slavery Act», negli ultimi anni, i giudici inglesi hanno emesso molte condanne, arrivando anche a 8 anni di reclusione per i fatti più gravi, come quelli compiuti da organizzazioni criminali. Dopo la sentenza di Oxford, Mugambe è stata arrestata e alla polizia ha espresso grande stupore: «Io sono un giudice nel mio paese, ho addirittura l’immunità. Non sono una criminale». A quel punto un funzionario le ha chiesto formalmente se avesse l’immunità diplomatica e Mugambe ha risposto: «Certo, io ho un passaporto diplomatico». Bbc e Guardian riferiscono che, in base al suo profilo sul sito delle Nazioni Unite, la signora è stata nominata nel ruolo giudiziario a maggio del 2023, tre mesi dopo che la polizia era stata chiamata per la prima volta a bussare alla sua porta. In ogni caso, la polizia ha reso noto che «l’ufficio del Segretariato generale dell’Onu ha escluso che la signora Mugambe goda di qualsivoglia immunità in quanto giudice dell’organizzazione». Il suo mandato scadrebbe il 30 giugno 2026 ed è iniziato il primo luglio del 2024. Prima, ha lavorato come Giudice dell’Alta corte dell’Uganda per una decina di anni, dopo 12 anni di gavetta come magistrato ordinario. Mugambe fa ovviamente parte di varie associazioni giuridiche internazionali, tutte prestigiose. La carica più sorprendente è all’Oxford Human Rights hub, dove si insegna a rispettare uomini e donne di qualunque etnia e condizione. Immaginiamo che alla signora Mugamba sia toccato parlare di schiavitù. Dal suo curriculum saltano fuori anche diverse pubblicazioni in materia di diritti umani e diritti dell’infanzia. Sicuramente, avrà qualcosa da ripassare, oltre alle regole sull’immunità diplomatica.
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