2018-12-20
Giro di vite sui negozi di marijuana, confermato l’allarme della «Verità»
Maxi sequestri nelle rivendite di cannabis light, dove si sfruttano le ambiguità della legge per legalizzare di fatto lo spaccio di droga, che attecchisce soprattutto tra i giovanissimi. Esistono contraddizioni e cortocircuiti istituzionali da risolvere il prima possibile. Per esempio l'immobilismo del ministero della Salute, nonostante il parere espresso ben sei mesi fa dal Consiglio superiore di sanità che aveva consigliato lo stop alle vendite a causa della possibile nocività.Sulla cannabis light il castello dell'ipocrisia nazionale inizia a sgretolarsi. Il 10 dicembre un'inchiesta della Verità denunciava (titolando «In Italia è legale drogarsi») la grottesca realtà di negozi, tabaccherie e distributori automatici in funzione 24 ore su 24 che vendono cannabis come sostanza non stupefacente, quando invece lo è eccome.E adesso qualcosa si muove: nella provincia di Forlì e Cesena una cinquantina di uomini della squadra mobile hanno sequestrato merce per quasi un milione di euro in 16 negozi della zona e indagato 15 persone per «incitamento all'uso». All'interno degli esercizi hanno trovato numerose infiorescenze di marijuana, custodite in grossi scatoloni privi di etichette e tracciabilità. Alcuni chili erano stipati in sacconi neri (quelli della spazzatura), altri invece in sacchi termosaldati e, anche in questo caso, privi di etichette.L'operazione è scattata dopo che alcuni minorenni erano stati individuati a fumare cannabis light: l'avevano comprata in un distributore automatico. Per loro acquistarla è semplice: basta ingannare la macchina passando sotto lo scanner il codice fiscale di un maggiorenne qualsiasi, anche del genitore inconsapevole. Non è un caso che l'evento scatenante riguardi i minorenni. Nel nostro allarme raccoglievamo i pareri di autorevoli esperti concordi nel dire che le prime vittime di questa «moda» sono i ragazzini. Sia perché ne consumano, come si è visto a Forlì, sia perché la loro percezione della droga viene modificata. «Il messaggio è che quel mondo è accessibile, che si può fare» aveva commentato Ciro Cascone, Procuratore capo presso il Tribunale per i minorenni di Milano. A conferma di questo impatto sulla psiche di adolescenti e preadolescenti, pare che d'ora in poi ci saranno controlli anche sulle insegne e sui loghi di queste società che vendono cannabis light, alcuni dei quali ritenuti una forma di incitazione all'uso della droga, anche quella da spaccio. È vero o no che in giro si vedono foglie di marijuana stilizzate con su scritto la parola «legale»?È in nome dei giovani che il Popolo della famiglia ha colto al balzo la cronaca del maxi-sequestro. Da Como a Viterbo ad Arezzo, il partito di Mario Adinolfi ha chiesto di chiudere i negozi di cannabis light per Natale e almeno fino all'Epifania, invitando, dopo i fatti di Forlì, «le forze dell'ordine a operare in questo senso anche su altri territori». Insomma, quella di Forlì-Cesena potrebbe sembrare una semplice operazione di polizia, ma qualcuno ne parla come di un «apripista»: un avvertimento per un settore in cui opera un migliaio di cannabis shop e un centinaio di aziende, per un giro d'affari sui 40 milioni all'anno. Un nuovo atteggiamento verso un fenomeno fortemente controverso finora progredito in un quadro legislativo vago. Come stigmatizzava il nostro articolo, esistono contraddizioni e cortocircuiti istituzionali da risolvere il prima possibile. Per esempio l'immobilismo del ministero della Salute, nonostante il parere espresso ben sei mesi fa dal Consiglio superiore di sanità che aveva consigliato lo stop alle vendite a causa della possibile nocività. Il ministro Giulia Grillo calmò le acque promettendo verifiche e specifici controlli da parte dei Nas. Ma da giugno niente è stato fatto. D'altro canto ci si muove in un ambito complesso. C'è una legge, la 242 del 2016, che fissa il coefficiente di Thc (tetraidrocannabinolo, il principio psicoattivo) ammissibile allo 0,2% e comunque non oltre lo 0,6. Poi ci sono due recentissime pronunce della Cassazione. La sesta sezione nell'udienza del 29 novembre ha ammesso il commercio delle infiorescenze se il contenuto di THC non supera lo 0,6%. Mentre la terza Sezione, con sentenza del 6 dicembre, dice che la vendita di prodotti derivati dalla cannabis «light» è possibile solo rispettando il limite dello 0,2%. In un certo senso facendo eco alla cosiddetta «circolare Salvini», cioè l'atto del ministro dell'Interno che in luglio chiedeva maggiore severità con divieto di coltivazione e vendita oltre la soglia di 0,2 di Thc. La terza sezione della Cassazione ribadisce anche che la coltivazione deve essere finalizzata alla realizzazione dei prodotti espressamente e tassativamente indicati nell'articolo 2, comma 2 della legge del 2016. E cosa dice questo comma? Elenca gli usi della canapa e i prodotti da essa derivabili. La lista è lunga, ma certamente non c'è scritto che serve per farsi una canna. Infatti sui vasetti contenti infiorescenze (chiaramente vendute per inalarle, come il cronista ha verificato parlando da semplice cliente con più operatori del settore) c'è scritto: «Da intendersi solamente per ricerca e sviluppo, uso tecnico o collezionismo». Come se uno la comprasse per tenerla su una mensola a prendere polvere. La Corte parla anche dell'importanza di non superare «l'effetto drogante rilevabile». In giurisprudenza è fissato allo 0,5% (che comunque non è lo 0,6 della legge). Ma se la partita si gioca sull'effetto drogante, allora invitiamo le parti in causa a giocarsela empiricamente. Ministro Grillo, ieri ai microfoni di Un giorno da pecora, su Radio Rai 1, ha detto di non aver mai fumato uno spinello. Allora accetti la provocazione: proviamo insieme lo Sky 2.0, uno dei prodotti venduti dalla catena di cannabis shop Mad Hatter's Dispensaries, e vediamo se ci sono effetti droganti. O davvero crede che la vendano per collezionismo?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)