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2025-09-23
L’onda conservatrice avanza con Charlie. C’è un’armata di eredi tra i giovani Maga
Dall'alto a sinistra in senso orario: Mikey Mccoy, Laura Loomer, Candace Owens e Brett Cooper
L’omicidio di Charlie Kirk pone un interrogativo sul futuro del conservatorismo americano. Chi sarà il suo erede? Uno tra i primi a farsi avanti è stato il commentatore Ben Shapiro, che ha dichiarato: «Raccoglieremo quel microfono macchiato di sangue dove Charlie lo ha lasciato». Più in generale, la galassia Maga è costellata di numerosi influencer millennial o della Generazione Z. Troviamo, per esempio, la commentatrice Brett Cooper: classe 2001, ha condotto, dal 2022 al 2024, un programma su YouTube prodotto dalla testata conservatrice Daily Wire, mentre a giugno ha firmato un contratto con Fox News. Un personaggio molto noto è poi quello della trentaduenne Laura Loomer: attivista assai presente sui social, mette spesso sotto pressione l’amministrazione Trump quando vengono nominate figure da lei non considerate abbastanza in linea con il messaggio Maga. Un altro nome, spesso accompagnato da polemiche e controversie, è quello di Candace Owens, che, trentaseienne, è più volte addirittura arrivata a criticare lo stesso Donald Trump da destra.
Insomma, la galassia degli influencer e dei commentatori Maga è abbastanza nutrita. Potrebbero essere fatti molti altri nomi. Eppure attenzione. È difficile trovare tra costoro un vero e proprio erede di Kirk. Sì, perché quest’ultimo non era semplicemente un attivista o un commentatore. Certo, una parte essenziale della sua attività si basava su programmi radiofonici e su dibattiti pubblici. Tuttavia, Kirk era anche un formidabile organizzatore che, dopo aver co-fondato Turning Point Usa nel 2012, è riuscito a rendere la sua creatura una delle principali entità in seno al mondo conservatore statunitense. Non a caso, Kirk si è rivelato decisivo per far sì che Trump, l’anno scorso, riuscisse a guadagnare terreno nel voto dei giovani: un voto che, ricordiamolo, era stato fino ad allora saldamente in mano al Partito democratico. In tal senso, non è difficile capire come, per il Partito repubblicano, il futuro di Turning Point risulti un tema di assoluta importanza. E gli imponenti funerali di Kirk, celebrati domenica in Arizona, non hanno affatto tralasciato questo aspetto.
Uno dei momenti più significativi è stato quando il giovane Mike McCoy, ex capo dello staff dello stesso Kirk, ha citato il filosofo Søren Kierkegaard. «L’assassino di Charlie pensava di potergli rubare e mettere a tacere la voce piantandogli una pallottola nel collo. Per usare le parole di Søren Kierkegaard, “Il tiranno muore. Il suo dominio è finito. Il martire muore. Il suo dominio è appena iniziato”». McCoy, che potrebbe essere una figura in ascesa nel mondo conservatore giovanile, ha evidenziato un punto interessante. Da alcuni anni, Turning Point aveva man mano iniziato a occuparsi di tematiche relative alla fede e al ruolo della religione cristiana nella società politica statunitense. Era infatti il 2021, quando Kirk fondò Turning Point Usa Faith, assieme al padre dello stesso McCoy, Rob: il pastore che, domenica, ha aperto il servizio funebre.
Non a caso, di giovani e fede ha parlato anche la vedova di Kirk, Erika, che ha assunto la guida dell’organizzazione. «Il mondo ha bisogno di Turning Point Usa. Ha bisogno di un gruppo che allontani i giovani dal sentiero della miseria e del peccato», ha affermato: «Tutto ciò che Turning Point Usa ha costruito grazie alla visione e al duro lavoro di Charlie, lo renderemo dieci volte più grande grazie al potere della sua memoria. I capitoli cresceranno. Ne verranno creati migliaia di nuovi». «Il Primo emendamento della nostra Costituzione è l’emendamento più umano. Siamo esseri naturalmente parlanti, naturalmente credenti, e il Primo emendamento protegge il nostro diritto a fare entrambe le cose», ha aggiunto. Erika Kirk ha, insomma, riassunto i capisaldi filosofici dell’organizzazione, annunciandone le prospettive future. È quindi possibile che lei stessa acquisirà un peso politico sempre maggiore nel Partito repubblicano. Del resto, appena pochi giorni fa, The Hill ha riferito che molti giovani della Generazione Z stanno continuando a spostarsi verso il Gop.
L’aspetto di Turning Point più interessante è forse proprio quello di questa saldatura tra giovani e fede. Un modo nuovo di inserire la religione nel dibattito pubblico: un modo lontano dalla vecchia (e talvolta un po’ troppo barricadiera) religious right, che ha caratterizzato parte del conservatorismo americano tra il 1980 e il 2020. Lo stesso fatto che Erika abbia perdonato l’assassino di Kirk ha avuto un significato simbolico rilevante. Del resto, l’uccisione di suo marito non è stata seguita da proteste violente o da saccheggi, ma da veglie di preghiera e da un funerale partecipatissimo. È su queste basi che sta nascendo il nuovo conservatorismo americano. E, forse, anche dell’Occidente. L’assassinio di Kirk non è stato un fenomeno circoscritto agli Stati Uniti. Quell’uomo è stato ucciso mentre impugnava un microfono, esercitando il diritto alla libertà di espressione. Il simbolismo di questa tragedia è potentissimo e universale. E chi si ostina a negarlo, lo fa annaspando nella sua stessa ipocrisia ideologica.
Polemiche per l’«io odio» di Trump. Sulle minacce di Biden invece...
Grande scandalo hanno suscitato le frasi pronunciate da Donald Trump durante i funerali di Charlie Kirk. Alcuni critici hanno puntato il dito contro il fatto che il presidente americano ha dichiarato di «odiare i propri avversari». In realtà, come spesso accade, le sue parole sono state indebitamente estrapolate.
Riferendosi al fatto che la vedova di Kirk, Erika, aveva perdonato l’assassino del marito, Trump ha affermato: «Charlie Kirk non odiava i suoi avversari. Voleva il meglio per loro. È qui che non ero d’accordo con Charlie. Odio il mio avversario e non voglio il meglio per lui». «Mi dispiace. Mi dispiace, Erika. Ma ora Erika può parlare con me e con tutto il gruppo e forse riusciranno a convincermi che non è giusto. Ma non sopporto il mio avversario. Charlie è arrabbiato. Guardate. È arrabbiato con me perché lui non era interessato a demonizzare nessuno», ha aggiunto subito dopo.
Insomma, Trump ha, sì, detto di odiare i suoi avversari, ma ha anche affermato che la vedova di Kirk può convincerlo a smettere di farlo. Ha inoltre definito lo stesso Kirk «arrabbiato» per il suo comportamento su questo fronte. E comunque chi si scandalizza tanto per le parole del presidente forse dimentica alcune affermazioni di Joe Biden. Quest’ultimo, nel 2022, tacciò l’ideologia Maga di «semi-fascismo», mentre nel 2024 bollò gli elettori di Trump come «spazzatura». Sempre quell’anno, a inizio luglio, disse che l’allora candidato repubblicano andava «messo nel mirino». E nel mirino Trump ci finì davvero, visto che, pochi giorni dopo, subì l’attentato di Butler.
E proprio l’attentato di Butler è collegato, per così dire, con un filo rosso all’omicidio di Kirk. E questo non solo perché due killer hanno preso di mira delle persone mentre stavano esercitando il loro diritto alla libertà di espressione. Ma anche perché si tratta di due eventi simbolicamente fondativi. Da una parte abbiamo Trump che, pur ferito, si rialza subito e, sfidando la possibilità di una seconda pallottola, agita il pugno in aria gridando: «Fight! Fight! Fight!». Dall’altra troviamo Kirk, che viene colpito con un proiettile al collo mentre sta tenendo un dibattito pubblico. Questi due eventi, nella loro drammaticità, hanno conferito nuova consapevolezza al mondo conservatore.
Un mondo conservatore che ha innanzitutto esperito un crescente pericolo addirittura fisico attorno a sé. Un mondo conservatore che ha però al contempo trovato due modelli di leadership e ha altresì iniziato a comprendere la propria forza e le proprie potenzialità. È quindi in questo contesto che si sta intensificando la battaglia per l’egemonia politico-culturale negli Stati Uniti. È infatti forse la prima volta dai tempi della presidenza di Ronald Reagan che il progressismo d’Oltreatlantico comincia a mostrare segni di declino egemonico: un declino certificato dal fatto che molti giornalisti e commentatori di quell’area si ostinino ad affermare falsamente che il killer di Kirk sarebbe un esponente del mondo Maga (una circostanza, questa, che è già stata smentita dalla famiglia). Per non parlare di chi paragona l’assassinio del fondatore di Turning Point all’incendio del Reichstag: echi neppur troppo lontani di quanti, l’anno scorso, sostenevano che Trump avesse organizzato l’attentato di Butler a fini elettorali.
La lotta per l’egemonia è ormai arrivata a un punto di svolta. E Turning Point spaventa le galassie progressiste proprio perché ampi settori dell’universo giovanile si stanno spostando verso il Partito repubblicano. «È stato Charlie il primo a iniziare a organizzare i giovani conservatori neri, assetati di sostegno e leadership. È stato Charlie a difendere i cristiani e gli ebrei perseguitati nei campus universitari. È stato Charlie a contribuire a portare la censura online, la libertà di parola e la Cancel Culture al centro del nostro dibattito politico», ha dichiarato Trump, durante i funerali di un Kirk che, con la sua attività, rappresentava un pericolo per la sempre più traballante egemonia politico-culturale del mondo progressista.
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Sono tanti i volti in grado di raccogliere il testimone dell’attivista. Tra questi Mikey McCoy, che alle esequie ha citato Kierkegaard.Polemiche per il discorso di Trump ai funerali di Kirk. Però il tycoon ha anche detto che la vedova potrebbe indurlo a cambiare.Lo speciale contiene due articoli.L’omicidio di Charlie Kirk pone un interrogativo sul futuro del conservatorismo americano. Chi sarà il suo erede? Uno tra i primi a farsi avanti è stato il commentatore Ben Shapiro, che ha dichiarato: «Raccoglieremo quel microfono macchiato di sangue dove Charlie lo ha lasciato». Più in generale, la galassia Maga è costellata di numerosi influencer millennial o della Generazione Z. Troviamo, per esempio, la commentatrice Brett Cooper: classe 2001, ha condotto, dal 2022 al 2024, un programma su YouTube prodotto dalla testata conservatrice Daily Wire, mentre a giugno ha firmato un contratto con Fox News. Un personaggio molto noto è poi quello della trentaduenne Laura Loomer: attivista assai presente sui social, mette spesso sotto pressione l’amministrazione Trump quando vengono nominate figure da lei non considerate abbastanza in linea con il messaggio Maga. Un altro nome, spesso accompagnato da polemiche e controversie, è quello di Candace Owens, che, trentaseienne, è più volte addirittura arrivata a criticare lo stesso Donald Trump da destra.Insomma, la galassia degli influencer e dei commentatori Maga è abbastanza nutrita. Potrebbero essere fatti molti altri nomi. Eppure attenzione. È difficile trovare tra costoro un vero e proprio erede di Kirk. Sì, perché quest’ultimo non era semplicemente un attivista o un commentatore. Certo, una parte essenziale della sua attività si basava su programmi radiofonici e su dibattiti pubblici. Tuttavia, Kirk era anche un formidabile organizzatore che, dopo aver co-fondato Turning Point Usa nel 2012, è riuscito a rendere la sua creatura una delle principali entità in seno al mondo conservatore statunitense. Non a caso, Kirk si è rivelato decisivo per far sì che Trump, l’anno scorso, riuscisse a guadagnare terreno nel voto dei giovani: un voto che, ricordiamolo, era stato fino ad allora saldamente in mano al Partito democratico. In tal senso, non è difficile capire come, per il Partito repubblicano, il futuro di Turning Point risulti un tema di assoluta importanza. E gli imponenti funerali di Kirk, celebrati domenica in Arizona, non hanno affatto tralasciato questo aspetto.Uno dei momenti più significativi è stato quando il giovane Mike McCoy, ex capo dello staff dello stesso Kirk, ha citato il filosofo Søren Kierkegaard. «L’assassino di Charlie pensava di potergli rubare e mettere a tacere la voce piantandogli una pallottola nel collo. Per usare le parole di Søren Kierkegaard, “Il tiranno muore. Il suo dominio è finito. Il martire muore. Il suo dominio è appena iniziato”». McCoy, che potrebbe essere una figura in ascesa nel mondo conservatore giovanile, ha evidenziato un punto interessante. Da alcuni anni, Turning Point aveva man mano iniziato a occuparsi di tematiche relative alla fede e al ruolo della religione cristiana nella società politica statunitense. Era infatti il 2021, quando Kirk fondò Turning Point Usa Faith, assieme al padre dello stesso McCoy, Rob: il pastore che, domenica, ha aperto il servizio funebre.Non a caso, di giovani e fede ha parlato anche la vedova di Kirk, Erika, che ha assunto la guida dell’organizzazione. «Il mondo ha bisogno di Turning Point Usa. Ha bisogno di un gruppo che allontani i giovani dal sentiero della miseria e del peccato», ha affermato: «Tutto ciò che Turning Point Usa ha costruito grazie alla visione e al duro lavoro di Charlie, lo renderemo dieci volte più grande grazie al potere della sua memoria. I capitoli cresceranno. Ne verranno creati migliaia di nuovi». «Il Primo emendamento della nostra Costituzione è l’emendamento più umano. Siamo esseri naturalmente parlanti, naturalmente credenti, e il Primo emendamento protegge il nostro diritto a fare entrambe le cose», ha aggiunto. Erika Kirk ha, insomma, riassunto i capisaldi filosofici dell’organizzazione, annunciandone le prospettive future. È quindi possibile che lei stessa acquisirà un peso politico sempre maggiore nel Partito repubblicano. Del resto, appena pochi giorni fa, The Hill ha riferito che molti giovani della Generazione Z stanno continuando a spostarsi verso il Gop. L’aspetto di Turning Point più interessante è forse proprio quello di questa saldatura tra giovani e fede. Un modo nuovo di inserire la religione nel dibattito pubblico: un modo lontano dalla vecchia (e talvolta un po’ troppo barricadiera) religious right, che ha caratterizzato parte del conservatorismo americano tra il 1980 e il 2020. Lo stesso fatto che Erika abbia perdonato l’assassino di Kirk ha avuto un significato simbolico rilevante. Del resto, l’uccisione di suo marito non è stata seguita da proteste violente o da saccheggi, ma da veglie di preghiera e da un funerale partecipatissimo. È su queste basi che sta nascendo il nuovo conservatorismo americano. E, forse, anche dell’Occidente. L’assassinio di Kirk non è stato un fenomeno circoscritto agli Stati Uniti. Quell’uomo è stato ucciso mentre impugnava un microfono, esercitando il diritto alla libertà di espressione. Il simbolismo di questa tragedia è potentissimo e universale. E chi si ostina a negarlo, lo fa annaspando nella sua stessa ipocrisia ideologica.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/giovani-maga-kirk-2674023509.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="polemiche-per-l-io-odio-di-trump-sulle-minacce-di-biden-invece" data-post-id="2674023509" data-published-at="1758612457" data-use-pagination="False"> Polemiche per l’«io odio» di Trump. Sulle minacce di Biden invece... Grande scandalo hanno suscitato le frasi pronunciate da Donald Trump durante i funerali di Charlie Kirk. Alcuni critici hanno puntato il dito contro il fatto che il presidente americano ha dichiarato di «odiare i propri avversari». In realtà, come spesso accade, le sue parole sono state indebitamente estrapolate.Riferendosi al fatto che la vedova di Kirk, Erika, aveva perdonato l’assassino del marito, Trump ha affermato: «Charlie Kirk non odiava i suoi avversari. Voleva il meglio per loro. È qui che non ero d’accordo con Charlie. Odio il mio avversario e non voglio il meglio per lui». «Mi dispiace. Mi dispiace, Erika. Ma ora Erika può parlare con me e con tutto il gruppo e forse riusciranno a convincermi che non è giusto. Ma non sopporto il mio avversario. Charlie è arrabbiato. Guardate. È arrabbiato con me perché lui non era interessato a demonizzare nessuno», ha aggiunto subito dopo.Insomma, Trump ha, sì, detto di odiare i suoi avversari, ma ha anche affermato che la vedova di Kirk può convincerlo a smettere di farlo. Ha inoltre definito lo stesso Kirk «arrabbiato» per il suo comportamento su questo fronte. E comunque chi si scandalizza tanto per le parole del presidente forse dimentica alcune affermazioni di Joe Biden. Quest’ultimo, nel 2022, tacciò l’ideologia Maga di «semi-fascismo», mentre nel 2024 bollò gli elettori di Trump come «spazzatura». Sempre quell’anno, a inizio luglio, disse che l’allora candidato repubblicano andava «messo nel mirino». E nel mirino Trump ci finì davvero, visto che, pochi giorni dopo, subì l’attentato di Butler.E proprio l’attentato di Butler è collegato, per così dire, con un filo rosso all’omicidio di Kirk. E questo non solo perché due killer hanno preso di mira delle persone mentre stavano esercitando il loro diritto alla libertà di espressione. Ma anche perché si tratta di due eventi simbolicamente fondativi. Da una parte abbiamo Trump che, pur ferito, si rialza subito e, sfidando la possibilità di una seconda pallottola, agita il pugno in aria gridando: «Fight! Fight! Fight!». Dall’altra troviamo Kirk, che viene colpito con un proiettile al collo mentre sta tenendo un dibattito pubblico. Questi due eventi, nella loro drammaticità, hanno conferito nuova consapevolezza al mondo conservatore.Un mondo conservatore che ha innanzitutto esperito un crescente pericolo addirittura fisico attorno a sé. Un mondo conservatore che ha però al contempo trovato due modelli di leadership e ha altresì iniziato a comprendere la propria forza e le proprie potenzialità. È quindi in questo contesto che si sta intensificando la battaglia per l’egemonia politico-culturale negli Stati Uniti. È infatti forse la prima volta dai tempi della presidenza di Ronald Reagan che il progressismo d’Oltreatlantico comincia a mostrare segni di declino egemonico: un declino certificato dal fatto che molti giornalisti e commentatori di quell’area si ostinino ad affermare falsamente che il killer di Kirk sarebbe un esponente del mondo Maga (una circostanza, questa, che è già stata smentita dalla famiglia). Per non parlare di chi paragona l’assassinio del fondatore di Turning Point all’incendio del Reichstag: echi neppur troppo lontani di quanti, l’anno scorso, sostenevano che Trump avesse organizzato l’attentato di Butler a fini elettorali.La lotta per l’egemonia è ormai arrivata a un punto di svolta. E Turning Point spaventa le galassie progressiste proprio perché ampi settori dell’universo giovanile si stanno spostando verso il Partito repubblicano. «È stato Charlie il primo a iniziare a organizzare i giovani conservatori neri, assetati di sostegno e leadership. È stato Charlie a difendere i cristiani e gli ebrei perseguitati nei campus universitari. È stato Charlie a contribuire a portare la censura online, la libertà di parola e la Cancel Culture al centro del nostro dibattito politico», ha dichiarato Trump, durante i funerali di un Kirk che, con la sua attività, rappresentava un pericolo per la sempre più traballante egemonia politico-culturale del mondo progressista.
Getty Images
Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.
Muwaffaq Tarif, lo sceicco leader religioso della comunità drusa israeliana
Il gruppo numericamente più importante è in Siria, dove si stima che vivano circa 700.000 drusi, soprattutto nel Governatorato di Suwayda e nei sobborghi meridionali della capitale Damasco. In Libano rappresentano il 5% del totale degli abitanti e per una consolidata consuetudine del Paese dei Cedri uno dei comandanti delle forze dell’ordine è di etnia drusa. In Giordania sono soltanto 20.000 su una popolazione di 11 milioni, ma l’attuale vice-primo ministro e ministro degli Esteri Ayman Safadi è un druso. In Israele sono membri attivi della società e combattono nelle Forze di difesa israeliane (Idf) in una brigata drusa. Sono circa 150.000 distribuiti nel nNord di Israele fra la Galilea e le Alture del Golan, ma abitano anche in alcuni quartieri di Tel Aviv.
Lo sceicco Muwaffaq Tarif è il leader religioso della comunità drusa israeliana e la sua famiglia guida la comunità dal 1753, sotto il dominio ottomano. Muwaffaq Tarif ha ereditato il ruolo di guida spirituale alla morte del nonno Amin Tarif, una figura fondamentale per i drusi tanto che la sua tomba è meta di pellegrinaggio.
Sceicco quali sono i rapporti con le comunità druse sparpagliate in tutto il Medio Oriente?
«Siamo fratelli nella fede e nell’ideale, ci unisce qualcosa di profondo e radicato che nessuno potrà mai scalfire. Viviamo in nazioni diverse ed anche con modalità di vita differenti, ma restiamo drusi e questo influisce su ogni nostra scelta. Nella storia recente non sempre siamo stati tutti d’accordo, ma resta il rispetto. Per noi è fondamentale che passi il concetto che non abbiamo nessuna rivendicazione territoriale o secessionista, nessuno vuole creare una “nazione drusa”, non siamo come i curdi, noi siamo cittadini delle nazioni in cui viviamo, siamo israeliani, siriani, libanesi e giordani».
I drusi israeliani combattono nell’esercito di Tel Aviv, mentre importanti leader libanesi come Walid Jumblatt si sono sempre schierati dalla parte dei palestinesi.
«Walid Jumblatt è un politico che vuole soltanto accumulare ricchezze e potere e non fare il bene della sua gente. Durante la guerra civile libanese è stato fra quelli che appoggiavano Assad e la Siria che voleva annettere il Libano e quindi ogni sua mossa mira soltanto ad accrescere la sua posizione. Fu mio nonno ha decidere che il nostro rapporto con Israele doveva essere totale e noi siamo fedeli e rispettosi. La fratellanza con le altre comunità non ci impone un pensiero unico e quindi c’è molta libertà, anche politica nelle nostre scelte».
In Siria c’è un nuovo governo, un gruppo di ex qaedisti che hanno rovesciato Assad in 11 giorni e che adesso si stanno presentando al mondo come moderati. Nei mesi scorsi però i drusi siriani sono stati pesantemente attaccati dalle tribù beduine e Israele ha reagito militarmente per difendere la sua comunità.
«Israele è l’unica nazione che si è mossa per aiutare i drusi siriani massacrati. Oltre 2000 morti, stupri ed incendi hanno insanguinato la provincia di Suwayda, tutto nell’indifferenza della comunità internazionale. Il governo di Damasco è un regime islamista e violento che vuole distruggere tutte le minoranze, prima gli Alawiti ed adesso i drusi. Utilizzano le milizie beduine, ma sono loro ad armarle e permettergli di uccidere senza pietà gente pacifica. Siamo felici che l’aviazione di Tel Aviv sia intervenuta per fermare il genocidio dei drusi, volevamo intervenire personalmente in sostegno ai fratelli siriani, ma il governo israeliano ha chiuso la frontiera. Al Shara è un assassino sanguinario che ci considera degli infedeli da eliminare, non bisogna credere a ciò che racconta all’estero. La Siria è una nazione importante ed in tanti vogliono destabilizzarla per colpire tutto il Medio Oriente. Siamo gente semplice e povera, ma voglio comunque fare un appello al presidente statunitense Donald Trump di non credere alle bugie dei tagliagole di Damasco e di proteggere i drusi della Siria».
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Con Luciano Pignataro commentiamo l'iscrizione della nostra grande tradizione gastronomica nel patrimonio immateriale dell'umanità