2024-06-27
Giornate strazianti al fronte, ostaggi del ronzio dei droni. E si muore come in un gioco
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Al Nord, il conflitto si svolge anche con apparecchi telecomandati. Uno di loro ci ha sorvolato a lungo, invisibile ma minaccioso. A volte, prima di colpire, irride le vittime. da Vovchanks (Charkiv)La chiamano la nuova Backhmut ma in realtà non c’è neanche una cosa in comune, dalla posizione geografica e alle persone, dalla conformazione del territorio al tipo di combattimento. Il fronte a Nord si dimostra diverso in tutto rispetto al conflitto che siamo abituati a seguire nel più ampio Donbass, lo scopriamo quando entriamo a Vovchanks e quando raggiungiamo le prime strade a Sud della città. Il viale di entrata è ridotto ad una groviera per i tanti crateri frutto dai continui attacchi di artiglieria, l’atmosfera in questa città è surreale. Appena scendiamo dall’auto sentiamo molto bene sulle nostre teste un drone e d’istinto ci troviamo sotto un albero ma il ronzio non cambia, o meglio ne cambia solo l’intensità, il volume, ci si accorge se sale o se scende o se si sta allontanando così che nel momento opportuno ripariamo le nostre teste all’interno dell’ingresso di una casa. I successivi trenta minuti saranno un’attesa costante, nascosti nell’angolo cieco per non essere individuati da un drone di avvicinamento. Almeno quattro quelli che passano e stazionano scansionando l’area sopra le nostre teste in attesa di un obiettivo. Quello che vedremo di Vovchanks sono queste quattro mura, le nostre orecchie sono i nostri occhi, concentrate sui ronzii, sul rumore delle esplosioni, sui rumori che sentiamo fuori intorno alla casa e nella speranza di individuare qualche soldato ucraino che ci dia la certezza di essere sul lato giusto della città. Dei droni sulla nostra testa possiamo solo interrogarci se siano russi, ucraini, Fpv, da avvistamento, se abbiano una bomba sotto, se qualcuno stia aspettando che usciamo… Da due piccole finestre riusciamo a vedere ben poco, sulla strada la macchina è vicina ma non abbastanza da coinvolgerci se individuata e fatta saltare da un colpo di artiglieria. «Non aprire la porta, stai lontano dalla finestra, occhio al fumo della sigaretta», sono i consigli che fraternamente ci diamo per non essere individuati dalle telecamere di questi uccelli robotici che ora vedono anche all’interno di piccole fessure, delle finestre o delle crepe sui tetti. Parliamo a bassa voce per permettere alle orecchie di sentire bene i suoni e anche perché non sappiamo chi abbiamo intorno, non percepiamo nessun rumore umano ma siamo a due passi dal fronte e troppo vicino per metterci ad attrarre l’attenzione. Da dentro la città sotto assedio si capisce subito che la guerra, in futuro, sarà ben diversa da come la conosciamo sul campo. I soldati non si vedono e non si sentono, intorno a noi non li percepiamo, così come non sentiamo il rumore di mitragliatori, fucili, bombe a mano, tipico del combattimento casa per casa, siamo a sole quattro strade dal fronte e si dovrebbe sentire l’inferno. Capiamo che qui ci sono momenti, ore, forse giornate dove l’attività dei droni impedisce ai soldati di restare allo scoperto e siamo arrivati proprio in questo momento, come noi forse alcune unità di soldati staranno anche loro chiuse al riparo dall’attività aerea.Sulla città sta lavorando l’artiglieria, sentiamo bene le esplosioni ed il tipico fischio che le precede. Sono proprio questi colpi che avvicinandosi sempre di più alla nostra posizione ci convincono, dopo 30 minuti circa, a prendere coraggio e correre prima alla macchina e poi fuori dalla città. Durante la fuga due delle nostre gomme esplodono su uno dei crateri di cui il viale è seminato, così il resto della nostra corsa diventa più lenta. Non sapremo mai se il drone sopra le nostre teste fosse russo o ucraino ma possiamo immaginare che il suo obiettivo non fosse la nostra vettura, probabilmente la telecamera era concentrata su un’altra porzione di territorio.La morte da drone è una delle morti più drammatiche che ci troviamo a dover vedere su su alcuni canali Telegram che raccolgono video di guerra. Le scene che ci troviamo a vedere online sono quelle in soggettiva, provenienti dalla telecamera frontale del drone. Si vede il viaggio e il momento in cui individua i soldati nelle loro trincee, dentro una casa o nel mezzo di un campo. Gli gira intorno mentre provano a scappare, li sfianca, a volte li sbeffeggia con delle finte per poi impattare ed esplodere direttamente sulla persona. Abbiamo visto soldati di entrambe gli schieramenti lanciare il casco o il proprio fucile verso quell’uccello elettronico che comunque vada esploderà e anche a metri di distanza può essere letale. Abbiamo visto soldati crollare al suolo, incrociando le braccia in segno di resa, parlare con quell’oggetto volante cercando di convincere il pilota che siede a chilometri di distanza. Succede spesso e possiamo dire con certezza che avviene al 99% dal lato ucraino che i droni lascino cadere un messaggio con su scritto «seguimi se vuoi rimanere vivo» così da far camminare il soldato russo e assicurarsi che almeno un ucraino tornerà in seguito dai campi di prigionia. A Vovchanks abbiamo visto la guerra aerea ma presto arriveranno sul campo, in massa i droni su ruote, su cingoli, marini o sottomarini. I primi droni pesce sono già in sperimentazione, così come quelli che sbattono le ali come gli uccelli e la coda prendendo le sembianze di un animale. I soldati del futuro si troveranno a sparare nevroticamente a qualsiasi cosa si muova sul campo di battaglia dunque? È molto provabile che sia così, come è molto probabile che sulla carta, questi mezzi elettronici verranno introdotti nella lista delle armi proibite dalla convenzione di Ginevra, per quanto la cosa sia inutile e non attuabile visto il risultato.
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