Addio al certificato? La tecnologia del Qr code resterà in vigore per tre anni. Walter Ricciardi gongola: «Bene, la tessera rimane». E il dl dà a Roberto Speranza il potere di chiudere ancora.
Addio al certificato? La tecnologia del Qr code resterà in vigore per tre anni. Walter Ricciardi gongola: «Bene, la tessera rimane». E il dl dà a Roberto Speranza il potere di chiudere ancora.«L’Italia torna alla normalità» (Corriere della Sera). «Il governo riapre l’Italia» (Repubblica). «Dal primo maggio via il green pass e le mascherine» (Il Messaggero). «Liberi tutti alla faccia dei no vax» (Il Giornale). «Emergenza finita, Italia pronta a riaprire. “Dal primo maggio stop al green pass”» (La Stampa). Se non ci avessimo fatto il callo, sarebbe incredibile la venerazione a mezzo stampa per Mario Draghi. Persino Il Fatto Quotidiano, affatto ostile all’inquilino di Palazzo Chigi, a proposito dell’ultimo decreto, ha parlato di un «liberi tutti da maggio». Cominciamo con il ricordare che, mentre nella maggioranza dei principali Paesi europei i divieti sono saltati, da noi il percorso comincerà tra due settimane e sarà inutilmente lento. È l’estremo tributo pagato alla linea della «prudenza» e della «gradualità», caldeggiata da Roberto Speranza. Ma soprattutto, nessuno s’è accorto della spada di Damocle che continuerà a pendere sulle nostre teste.Alla faccia dell’imminente addio a lasciapassare e protezioni facciali, l’altra sera, il ministero della Salute ha voluto precisare che non esiste «alcun automatismo»: dunque, «non è detto» che, dal primo maggio, foglio verde e mascherine spariranno. Entro il 30 aprile si deciderà se «prolungare ulteriormente» il calvario, in base alla situazione epidemiologica. Una mannaia forse peggiore della paventata - e poi saltata - clausola Speranza: almeno, quella avrebbe dovuto prevedere l’indicazione di una specifica soglia di contagi, oltre i quali sarebbe stata sospesa la road map delle riaperture. Adesso, l’arbitrio è assoluto: quali sono i parametri che andranno esaminati tra un mese? Le infezioni? L’indice di trasmissibilità del virus? L’andamento dei ricoveri? Quello dei decessi? Mistero. Intanto, Speranza conserva un ampio potere d’ordinanza, in virtù del quale avrà la facoltà sospendere «le attività economiche, produttive e sociali» e di «introdurre limitazioni da e per l’estero». Dal prossimo anno, inoltre, il suo dicastero concentrerà su di sé i compiti che il dl - di cui s’attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale - assegna a un’Unità della Difesa. Ossia, adottare «misure di contrasto alla pandemia» e completare la campagna vaccinale. Chi non crede che la libertà degli italiani sarà appesa alle generose concessioni del sovrano, recuperi le dichiarazioni di Draghi. Il quale, in conferenza stampa, ha confermato che «siamo pronti ad adattare il nostro apparato» all’evoluzione dell’epidemia, «anche in senso più espansivo». E dove si espandono le loro misure, si contraggono i nostri diritti. A proposito di iniezioni, inizia a maturare il sospetto che, presto o tardi, il focus si sposti dalla terza alla quarta dose. Il ministro l’ha escluso, ma ha anche sottolineato che «le dosi sono già a disposizione». Si aspetta solo «l’evidenza scientifica» per partire a tappeto. È un caso che, negli ultimi due giorni, sia Pfizer sia Moderna abbiano chiesto a Fda l’autorizzazione per un ulteriore booster? E il famoso vaccino specifico contro la variante sudafricana? Uscito dai radar. Anche perché Omicron 1 si è riassorbita e si sta diffondendo Omicron 2. Il punto di caduta, magari dall’autunno, potrebbe essere l’ennesimo richiamo generalizzato con il farmaco utilizzato finora. Con buona pace degli allarmi sull’«anergia» del sistema immunitario, cioè sulla sua compromissione in seguito a stimolazioni a intervalli troppo brevi. Un capitolo a parte lo merita il green pass. Chi lo assolve in quanto «male necessario», dimentica che ci fu presentato come la «garanzia di trovarsi tra persone che non sono contagiose». Una bufala tuttora difesa da Walter Ricciardi. Il foglio verde non è riuscito, nonostante l’impiego vessatorio, a scalfire lo zoccolo duro dei no vax. Né ci ha consentito di tenere il Paese aperto: l’ondata invernale ci ha travolti ugualmente, nella stessa misura di nazioni in cui non c’era stata la delirante escalation discriminatoria. E ci ha costretti a un lockdown di fatto. Ora, a parte che il governo si riserva la possibilità di bloccare la transizione verso la normalità, già da un po’ di giorni a Roma si sono portati avanti, per salvare la «validità tecnica» del certificato verde: il codice a barre, per chi ha ricevuto tre punture o due ed è guarito, rimarrà funzionante per tre anni. Noi siamo quelli che, come ridacchia Il Giornale, «prevedevano un “fine green pass mai”». E allora diteci: se nessuno pensasse che la card tornerà di nuovo utile, come mai prorogarla per tre anni? La sensazione è che sia pensata per funzionare come un interruttore: si può accendere e spegnere alla bisogna. L’ha detta giusta il solito Ricciardi: «Mi pare che il concetto del mantenimento del green pass rimanga». Ad ogni modo, è tollerabile che, durante tutto aprile, per lavorare si debba esibire la tesserina? Mentre all’estero, dove era stata adoperata in modo meno pervasivo, è stata pure archiviata?Il mese prossimo, alla faccia di Pasqua, Pasquetta e 25 aprile, il certificato continuerà a rovinare gli affari della ristorazione e dei ricevimenti. Federmep, la sigla che riunisce le imprese del settore matrimoni ed eventi, lamenta la «ulteriore penalizzazione, dopo un miliardo di perdite nel biennio Covid». Per non parlare dello sconcertante doppio binario per italiani e stranieri: questi ultimi potranno andare al ristorante con il tampone, mentre i cittadini dovranno essere vaccinati. E pensare che questa sarebbe una «conquista», strappata dal leghista Massimo Garavaglia, per non compromettere totalmente l’inizio della stagione turistica. Franco Locatelli, coordinatore del pensionando Cts, ieri ha esultato: «La fine dello stato d’emergenza è l’inizio della rinascita». La nostra, o quella, dalle proprie ceneri, dell’inossidabile virocrazia?
Matteo Salvini (Ansa)
Il ministro: «Le toghe politicizzate sono una minoranza pericolosa da isolare per il bene della democrazia». L’ex membro Csm: «Le opinioni dell’Anm si riverberano sulle inchieste». Ambrogio Cartosio: «Ricostruzioni fantasiose».
La verità fa male: lo scoop di ieri del nostro giornale, con l’intervista del vicedirettore Giacomo Amadori al giudice Anna Gallucci, fa tornare indietro di anni le lancette del rapporto tra politica e magistratura e scatena la inevitabile indignazione di Matteo Salvini. La Gallucci ha rivelato, tra le altre cose, un episodio inquietante accaduto a Termini Imerese e risalente al 2018: «ll procuratore (Ambrogio Cartosio, ndr), titolare per legge dei rapporti con i cronisti», ha raccontato tra l’altro la Gallucci, «mi autorizzò a partecipare con lui a una conferenza stampa, all’indomani delle elezioni politiche del 2018.
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La presunta frode elettorale travolse i leghisti. Ma a processo è finito solo un «big» delle preferenze del centrosinistra. Il pm di allora conferma tutto. E va al contrattacco.
L’intervista a questo giornale della pm di Pesaro Anna Gallucci ha scosso il mondo politico e quello giudiziario. La toga ha denunciato il presunto indirizzo «politico» dato alla maxi inchiesta Voto connection della Procura di Termini Imerese, dove la donna lavorava, un’indagine che riguardava voto di scambio (riqualificato dal gip in attentato contro i diritti politici dei cittadini), favoritismi e promesse di lavoro in vista delle elezioni comunali e regionali del 2017. La pm ci ha rivelato che l’allora procuratore Ambrogio Cartosio (che ha definito la ricostruzione della ex collega come «falsa» e «fantasiosa») la avrebbe spronata a far arrestare due esponenti della lista «Noi con Salvini», specificando che «era un’iniziativa condivisa con il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato» e l’avrebbe, invece, invitata a chiedere l’archiviazione per altri soggetti legati al centro-sinistra. Ma la Gallucci non avrebbe obbedito. Un’«insubordinazione» che la donna collega ad alcune sue successive valutazioni negative da parte dei superiori e a una pratica davanti al Csm.
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Performance a tripla cifra per Byd, Lynk&Co e Omoda/Jaecoo grazie agli incentivi.
Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.
«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».
Friedrich Merz e Ursula von der Leyen (Ansa)
Pure Merz chiede a Bruxelles di cambiare il regolamento che tra un decennio vieterà i motori endotermici: «Settore in condizioni precarie». Stellantis: «Fate presto». Ma lobby green e socialisti europei non arretrano.
Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato che la Germania chiederà alla Commissione europea di modificare il regolamento europeo sul bando dei motori endotermici al 2035. Il dietrofront tedesco sul bando ai motori a combustione interna, storico e tardivo, prende forma in un grigio fine settimana di novembre, con l’accordo raggiunto fra Cdu/Csu e Spd in una riunione notturna della coalizione a Berlino.
I partiti di governo capiscono «quanto sia precaria la situazione nel settore automobilistico», ha detto Merz in una conferenza stampa, annunciando una lettera in questo senso diretta a Ursula von der Leyen. La lettera chiede che, oltre ai veicoli elettrici, dopo il 2035 siano ammessi i veicoli plug-in hybrid, quelli con range extender (auto elettriche con motore a scoppio di riserva che aiuta la batteria) e anche, attenzione, «motori a combustione altamente efficienti», secondo le richieste dei presidenti dei Länder tedeschi. «Il nostro obiettivo dovrebbe essere una regolamentazione della CO2 neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica», ha scritto Merz nella lettera.







