2022-02-02
Giornali di nuovo in estasi per Draghi. Il Caro Leader che non va disturbato
Le dichiarazioni d’amore della stampa italiana al premier che non delude mai. Contento e anche un po’ arrabbiato. Compiaciuto e pure dispiaciuto. Che assegna i compiti a casa ma non dimentica San Valentino.Draghi è tornato. Draghi ha parlato. Draghi ha approvato. Draghi ha incalzato, accelerato, bacchettato. Ha fatto il passo avanti. Poteva mancare il passo avanti di Draghi? Ma anche la svolta di Draghi. La carezza di Draghi. Il pugno duro di Draghi. I compiti a casa di Draghi (per chi non li fa due giorni in ginocchio sui ceci). Draghi è tornato e ha sorriso. Draghi è deciso. Draghi è piaciuto. Draghi si è riavuto. Draghi ha una nuova agenda (speriamo non in pelle umana). Draghi ha ripreso in mano la situazione. E noi non vedevamo l’ora che finalmente ci sculacciasse di nuovo un po’. Fallo ancora, Mario, dài. A leggere i giornali delle ultime ore c’è da vergognarsi di aver preso la tessera da giornalista. Come mi ha detto il condirettore della Verità, Massimo de’ Manzoni, ieri alla fine della consueta rassegna stampa mattutina: se oggi qualcuno mi chiama giornalista, metto mano alla pistola. I nostri amati colleghi fino all’altra settimana incensavano Mario Draghi al Colle (unica salvezza possibile). Poi sono passati a incensare Sergio Mattarella al Colle (unica salvezza possibile). E ora si sono dedicati a incensare Draghi a Palazzo Chigi (unica salvezza possibile). Da un’unica salvezza possibile all’altra, un passaggio in perfetta continuità di melassa. Senza interrompere nemmeno per un attimo il filo della saliva. Come non esserne entusiasti? Da bambini sognavamo il giornalismo cane da guardia del potere. Poi abbiamo scoperto che al massimo era il cane da riporto. Non pensavamo che potesse diventare il cucciolotto coccodè. Il potere, sentitamente, ringrazia. Le cronache del primo Consiglio dei ministri della nuova era draghian-mattarelliana (ovviamente riunione rapidissima perché il Capo deve lavorare, non può mica perdere tempo con queste inutili pratiche democratiche) traboccano di entusiasmo. I colleghi in sollucchero ci raccontano che Draghi è tornato (evviva), che detta legge (evviva evviva) e che chi lo contraddice «se ne assumerà la responsabilità davanti al Colle e ai cittadini». E davanti a Dio e alla storia no? Credere, obbedire e combattere. Si capisce: che cos’è questa pessima abitudine di avere idee diverse da Draghi? Qualcuno lo ritiene ancora possibile? In attesa che a sistemare queste folli pretese ci pensi il ministro Luciana Lamorgese con il metodo adottato contro gli studenti in piazza (manganello&schiaffetto draghiano perfetto), si procede con l’assegnazione dei «compiti a casa». I ministri hanno avuto ben due giorni di tempo (niente meno) per prepararsi all’interrogazione del Caro Leader. E chi non studia la lezione finirà in castigo. Dietro la lavagna? Al confino? In Siberia? Non si sa. Ma le cronache precisano che «vale anche per Vittorio Colao». Addirittura. Durante il Consiglio dei ministri Draghi era un po’ contento, come registrano le cronache. Le quali cronache sottolineano però che mentre egli era un po’ contento era anche un po’ arrabbiato. Era compiaciuto. Ma era anche dispiaciuto. Era tutto, insomma. Il pugno e la carezza. Come si conviene a un Caro Leader. Il quale Caro Leader è stato bravissimo, ovviamente. Bravissimo sempre. Ma soprattutto quando si è trattato di togliere i ministri dall’imbarazzo (nota per i redattori: i ministri sono sempre in imbarazzo, il Caro Leader mai). Draghi infatti ha stretto le mani. Niente meno. Le ha strette a tutti. Uno per uno. Facendo il giro del tavolo come se fosse il Papa in visita pastorale. E poi all’improvviso ha chiesto un applauso per Mattarella. Colpo di scena. Colpo di genio. Un applauso.Di fronte a questo gesto così originale le cronache di palazzo impazziscono. Anche perché quello di Draghi non è un applauso come gli altri. Macché. Lui, Draghi, «sbatte i palmi lentamente». Lentamente. Gesto solenne. Così impressionante che di fronte a esso i ministri «per un attimo tentennano». In effetti immaginiamo i loro dubbi atroci: compiaccio di più il Caro Leader se applaudo Mattarella o se non lo applaudo? La cosa più difficile, nel primo Consiglio dei ministri del secondo anno dell’era DM, non è stata quella di mettere d’accordo Giancarlo Giorgetti e Roberto Speranza. Macché. Tanto entrambi fanno quello che dice Draghi. La cosa difficile è stata trovare la giusta intensità dell’applauso. Né troppo né troppo poco. Un po’ convinto e un po’ no. Per fortuna ci pensa lui (ah, se non ci fosse lui) a risolvere come sempre la situazione. Il solito Caro Leader. Lo annunciano i cronisti ormai in preda all’orgasmo draghista: «Con un sol gesto scrive il punto uno del programma di governo: andiamo avanti». Ma sì, andiamo avanti. Chi si ferma è perduto. Marciare non marcire. Tireremo diritto. Va detto che, come raccontano sempre le cronache estasiate, Draghi è stato duro con i ministri. Molto duro. Durissimo. Li ha aspettati al varco. La ricreazione è finita. Basta liti. Basta perdere tempo. La sua apparizione nella sala riunione viene descritta con le parole richieste dallo storico momento. Sembra la discesa dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste. Infatti il Caro Leader non entra come tutti gli altri. Macché. Lui «spunta da una porticina laterale come fosse teatro» e «piomba alle spalle» di questi sciagurati mentre loro, pensate un po’, «hanno gli occhi persi nei loro Iphone» (mica come lui che i messaggi sul telefonino riesce a leggerli anche senza mai guardare lo schermo). Poi Draghi «gira seguendo le nuche dei presenti» (senza nemmeno tagliarne una, nella sua infinita bontà. Almeno per ora). «Allunga una mano». «Sfiora schiene rigide». «Vibrazioni impercettibili». «Saluta tutti» (eroico) e viene persino ricambiato. Anche perché se uno non avesse ricambiato avrebbe dovuto ovviamente «renderne conto al Colle e ai cittadini», oltre che a Dio e alla storia. E forse anche alla Santa Inquisizione di Città della Pieve. Quindi il Caro Leader comincia a dare i compiti. Li distribuisce con severità. Fa capire che «non accetterà più strappi». Nemmeno gli strappi nei calzini. Misura le parole. E dà «risposte sbrigative». Per far capire che non scherza ai ministri offre solo acqua. Nemmeno pane e acqua, no. Solo acqua. E senza bolle, probabilmente. Nemmeno un caffè. Chi volesse mai un caffè o l’acqua frizzante dovrà rendere conto «al Colle e ai cittadini». Però, nello stesso tempo, insieme a tanta severità, il Caro Leader sa mostrarsi buono: durissimo con i ministri, tenero con il popolino. Come non amarlo? Draghi è tornato. Ha ripreso in mano la situazione. E subito si è preoccupato di San Valentino. Un pensiero per i fidanzati: via le mascherine, si devono poter baciare. Applausi e Perugina. Baci e circenses. Cuoricini. Il Caro Leader non si dimentica degli innamorati. E, speriamo per loro, nemmeno dei giornalisti innamorati. Altrimenti a che servirebbero tutte queste dichiarazioni d’amore sui giornali?
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)