2024-01-15
Gianni Fantoni: «Catartico e scorretto. Porto in palcoscenico il mio tragico Fantozzi»
Paolo Villaggio e Gianni Fantoni
L’attore: «Paolo Villaggio usava l’antipatia come scudo per la sua fragilità. Oggi la tv non crea più miti e sui social c’è una dittatura». Fantozzi. Una tragedia. In scena ci sarà lei, Gianni Fantoni. La regia è di Davide Livermore.«Debuttiamo il 30 gennaio a Genova».Il ragioniere non aveva mai calcato prima un palcoscenico.«Mai, per ora». E diventa tragedia?«Il tragico fa parte della vita. E non glielo dico per farmi chiedere se il vero me, nella quotidianità, sia diverso dal me comico».Non lo farò?«Non ne vale la pena: sono esattamente come sul palco».Ma non sarà commedia.«I primi libri di Paolo Villaggio, e poi alcuni film, hanno una forte carica tragica. Fantozzi era un Buster Keaton che rimaneva in piedi. Nella filmografia poi questo aspetto si è perso: il personaggio è diventato una sorta di cartone animato, sovrapponibile a Willy il Coyote non fosse per il basco».Sta per realizzare il sogno di una vita. Lo ha raccontato nel libro Operazione Fantozzi, Sagoma editore. Anticipazioni?«È come uno di quegli spettacoli che se li vedi a Londra ti chiedi perché non ne facciano così in Italia, e invece è arrivato».Non si dovrebbe chiedere a un oste se il vino è buono. «Lo so, che non dovrei dirlo, ma mi sono commosso giusto l’altro giorno per quanto lo spettacolo è bello. Esteticamente. E drammaturgicamente».Fantozzi, credo, è un nome che comparirà quasi a ogni paragrafo di questa intervista.«Ha segnato la mia vita in modo particolare». Ha raccontato che a un certo punto l’imitazione di Paolo Villaggio si è come impadronita di lei. Una mania?«A un certo punto della mia vita è successo che il personaggio mi ha sovrastato, sì. Ragionavo come lui, parlavo come lui. Era forse timidezza, forse insicurezza».E poi?«Sono riuscito a disfarmene, per poterlo rifare senza esserne ingoiato. È stato un lavoro su di me durato qualche anno. Oggi il mio Fantozzi è definitivamente un’interpretazione e non un’imitazione».Due cose diverse?«L’imitazione è bidimensionale: ri-proponi un suono, un intercalare, una postura. L’interpretazione è colorata di emozioni. Fai rivivere qualcuno a tutto tondo, trasportandolo in un altro contesto».Che lei sia fanatico di Fantozzi si può dire?«I veri fanatici hanno sempre una connotazione non troppo positiva verso i loro miti, li reputano intoccabili da chiunque. Come certi cattolici, che sorpassano in conservatorismo anche il Papa, sulla destra».Ma ci vuole rispetto.«È giusto avere rispetto di Fantozzi, senza però renderlo intoccabile e, quindi, distante. Forse è il destino di tutti i personaggi più riusciti quello di staccarsi irrimediabilmente dal loro creatore». Che poi Fantozzi è assonante con Fantoni. «Una sillaba di differenza. Una delle mie prime grandi emozioni fu scoprire il mio nome in Fantozzi contro tutti, il primo libro che ho letto. Era tra le storpiature del suo cognome».Un segno del destino? Premonizione dello spettacolo di oggi?«Chissà. Un tragicomico destino, oserei dire. In certi momenti, negli ultimi 9 anni, per questo spettacolo ho rischiato di rovinarmi salute e finanze. Ma adesso è qui ed è la cosa più importante della mia carriera, credo anche guardando al futuro».Nando Pagnoncelli fece per lei un sondaggio per capire se la sua idea di portare Fantozzi in teatro avrebbe funzionato.«Nando è un vero amico».Cosa decretò?«Che se anche solo il 10% di quelle proiezioni del pubblico si fosse tradotto in biglietti venduti realmente, sarebbe potuto diventare un successo».A sostenerla pure nei momenti in cui sembrava impossibile, c’era sua moglie.«La fase di acquisizione dei diritti è durata a lungo, e il nostro bilancio famigliare non era in momento proprio floridissimo. Comprendeva i rischi del mio tentativo titanico di impresa, acconsentì. Ci sono coppie che scoppiano per molto meno, e invece…».Come si chiama questa gran donna?«Margherita. È laureata in Storia dell’arte ed è una persona intelligentissima».Come è iniziata?«Mi ha conosciuto nudo, pensi. Perché fu dopo uno degli spettacoli del musical Full Monty. Ha perso la testa e non si è più ripresa, evidentemente. E io ho approfittato del suo stordimento».Occhio a quel che dice che oggi le fanno la pelle.«Ah è vero che non si può più scherzare. È diventato difficile».Successe anche a Paolo Villaggio?«Nella sua carriera ha avuto qualche problema non da poco con diverse “categorie”. Dai frati ai pastori sardi». Che cosa aveva detto su di loro?«No, non glielo dico, sono cose irripetibili al giorno d’oggi e lo erano talvolta anche allora. Villaggio aveva il gusto irrefrenabile per la provocazione. Spesso esagerava in iperboli, con battute anche non facilmente interpretabili come umoristiche. In questi disgraziati tempi in cui si inneggia al “politicamente corretto”, lo avrebbero fatto finire sulla gogna tre volte su due».Ci fu una volta che le diede dell’omosessuale in pubblico.«Non fui l’unico, ma quella sera fui il prescelto di un escamotage tipico del comico: bersagliare qualcuno a beneficio di altri. Io le posso dire che la serata fu davvero divertente, pure se diventai lo zimbello di tutti. Fu meticoloso, nello sfottermi». Usava solo la parola «omosessuale» o anche termini offensivi?«Figuriamoci, era una persona colta che certo non utilizzava tristi vocaboli».Ma qualcuno oggi si offenderebbe comunque in una serata così?«Sicuro. Bigottismo puritano d’importazione americana. Con derivazione social».Un pensiero che va d’accordo con la comicità?«La comicità si nutre delle differenze. Ovvio: non ci si può nascondere dietro lo scherzo per offendere la gente e farla franca. E però i fascisti veri di oggi sono gli haters. L’umorismo è l’unico modo per salvarci dalle dittature. Ma ce n’è una non dichiarata, sui social». Con Villaggio vi incontraste per la prima volta a Paperissima. Come fu?«Rispetto agli incontri successivi - ci furono volte che non si ricordava nemmeno di me - andò alla grande. Avevo 24 anni e fu Antonio Ricci a propiziare la conoscenza. Gli feci l’imitazione di Fantozzi, mi diede consigli».Prima di stringere un vero rapporto con lui passarono anni di… delusioni?«Non direi delusioni, no. Difficoltà. Paolo non era uno che dava subito confidenza. Dovevi guadagnarti la sua fiducia. Prima ti metteva alla prova: non sopportava gli inchinati. Il nostro rapporto è cambiato quando ha capito che non lo ero».E arrivarono anche i «cazzeggi» con lui. «Mi torna spesso in mente di quando sul set di Fantozzi 2000 - La clonazione - l’ultimo film della saga - nelle pause mi raccontava alcuni aneddoti. Come di quella volta che durante la lavorazione di un film era su una barca con operatore e regista e il primo aveva perso l’equilibrio. In tre a guardare una macchina da presa che oggi costerebbe 35-40.000 euro fare le bolle per inabissarsi nel lago, ammutoliti».Triste?«No, perché doveva vedere la sua faccia mentre raccontava. Non so raccontargliela, come non so descrivere bene l’emozione di aver davanti un tuo mito che ti racconta la sua vita e ne ride insieme a te».Avevate qualcosa in comune, oltre a Fantozzi?«Entrambi ragionieri e la passione per i congiuntivi. Che è una grande discriminate».La figlia di Villaggio, Elisabetta, scrive nella prefazione del suo libro che è stata contenta che lei abbia raccontato il padre in modo veritiero, senza adulazione. A un certo punto parla anche della sua antipatia.«La utilizzava come scudo di una fragilità che ho avuto l’onore di vedere negli ultimi anni della sua vita. Io sono stato sempre frenato, fino all’ultimo, da una timidezza verso la sua grandezza».Ha avuto anche altri miti nella sua vita?«Sono stato fortunatissimo. Ci sono stati pranzi e cene con Alberto Sordi o Vittorio Gassman, sketch con Sandra Mondaini, lavori al fianco di Mike Bongiorno o Pippo Baudo».Oggi ne ha qualcuno nuovo, di mito?«Oggi è difficile che ci sia un mito. La tv non può più crearli o forse ha scelto di non farlo. Restano le maschere, non le persone che le interpretano. I talent sono un’illusione. Forse appartengo all’ultima generazione di persone che diventano famose per davvero».Si è dato una spiegazione?«Sarà che c’è troppa offerta, che è cambiata la fruizione, o che la gente è troppo distratta».Scusi, infine: a noi giornalisti piace chiedere sempre quanto sia attuale qualcosa. Lo è, il Fantozzi tragico?«Non nella precipua situazione che raccontava degli anni Settanta, ovviamente: chi mai, oggi, tirerebbe un sampietrino contro la megaditta come faceva Fantozzi? Ci è passata la voglia di scendere in piazza, anestetizzati come siamo dai social». La sfiga però resta attuale.«Lo siamo tutti, sfigati. E sono proprio i social a ricordarcelo di continuo. Fantozzi è un personaggio catartico, perché pur senza alcuna possibilità di farcela, riesce a non morire mai. Lo spettatore lo sa, che si piega ma non si spezzerà. Nello spettacolo a teatro Fantozzi va ancora più in là del solito. C’entrano Edipo, e Shakespeare, ma non le anticipo troppo, la aspetto».
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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