2020-07-25
Già si litiga per gestire aiuti che non ci sono
Paolo Gentiloni (Dursun Aydemir/Anadolu Agency via Getty Images)
Persino Paolo Gentiloni lo ammette: i (pochi) soldi del Recovery fund arriveranno a fine 2021. E Giuseppe Conte vorrebbe controllarli da solo. Il Pd, tuttavia, tollera sempre meno questi eccessi di protagonismo e si è messo al lavoro per sfilare il giocattolo al premier.Mercoledì la seduta. Silvio Berlusconi smentisce, ma lascia degli spiragli aperti per il sì.Lo speciale contiene due articoli.Il post Bruxelles assume già contorni surreali, contraddittori, schizofrenici. Da un lato, tutti nella maggioranza ammettono ciò che fino a un paio di giorni fa, presi com'erano dalla frenesia eurolirica, tentavano disperatamente di negare: e cioè che, dei fantastiliardi del Recovery plan, non si vedrà un euro per tutto il 2020, e si comincerà a vedere qualcosa (molto poco) nel secondo semestre del 2021. Ieri, intervistato su Repubblica, è stato il commissario Ue Paolo Gentiloni a lasciare a verbale l'ammissione: «Le erogazioni del Recovery inizieranno nella seconda parte del 2021». E peraltro, anche in quel momento, a meno di sorprese, si tratterà ancora di dosaggi omeopatici: appena 7-8 miliardi a fondo perduto e 12-13 di prestiti. Tardi e poco, insomma. Eppure, dall'altro lato - ecco la schizofrenia -, pur a fronte di incassi lontani e limitatissimi, già adesso si litiga selvaggiamente su chi dovrà gestirli. La verità è che questa settimana, con la sua autocelebrazione trionfale in Parlamento, con gli applausi più «spintanei» che spontanei, Giuseppe Conte ha esagerato, irritando la sua stessa maggioranza. E quando Conte ha fatto capire che intendeva puntare su un forte controllo da parte sua e del governo (sia pure con un ruolo significativo del ministro Enzo Amendola e del Comitato interministeriale affari europei), sul cruscotto dei leader della maggioranza si è accesa la spia rossa: la sensazione che Conte, come si dice a Roma, si sia «allargato». Morale: è partito il power game, il giochino di potere per sfilare il pallone al premier. Ed è stata lesta Forza Italia, che di per sé già cerca notoriamente occasioni per distinguersi da Lega e Fratelli d'Italia, a intestarsi una campagnetta per una Commissione bicamerale a cui affidare la pratica. Lo ripetiamo ancora: tecnicamente siamo alla fantascienza, nel senso che si discute di organi che dovranno gestire fondi che non ci sono né ci saranno ancora per diverso tempo. Eppure la febbre del mondo politico è salita notevolmente. Cogliendo segnali di incoraggiamento nel Pd, tra i renziani, e perfino tra i 5 stelle, i forzisti hanno accelerato, e ieri la capogruppo Mariastella Gelmini ha compiuto un passo formale: «Quest'oggi depositerò la proposta di legge per l'istituzione della Commissione parlamentare bicamerale per il Recovery plan. Le risorse che arriveranno dall'Ue non potranno essere gestite dalla sola maggioranza o dal governo. In primo luogo perché sarebbe sbagliato, in secondo luogo perché questo esecutivo ha già dimostrato di non essere in grado da solo di programmare ed attuare misure in grado di risollevare il Paese. Serve il pieno coinvolgimento delle Camere e con la nostra pdl questo si concretizzerà in uno strumento agile nel quale la composizione dovrebbe essere paritaria fra maggioranza e opposizione». Peraltro, il tema della pariteticità o addirittura dell'affidamento della presidenza a un esponente dell'opposizione era stato affrontato anche da Giorgia Meloni in un'intervista al Corsera. La sensazione è che il percorso sia ancora carico di incertezze, ma che ampia parte della maggioranza e una parte della minoranza, pur tra mille divisioni anche trasversali, possano essere concordi nel tentativo di sottrarre il giocattolo alle mani del solo Conte. Peccato che il «giocattolo», come abbiamo già visto, sia ancora del tutto virtuale. La stessa già citata intervista di Gentiloni a Repubblica, letta tra le righe, ha il sapore dell'avvertimento al premier. Come dire: non sei affatto un uomo solo al comando (Gentiloni cita esplicitamente anche i ministri Gualtieri e Amendola), ma esiste una filiera del Pd che intende pesare. Di più: c'è chi ha letto la mossa di Gentiloni anche come un modo per posizionarsi in vista della corsa al Colle, mettendo sul tavolo il suo sistema di relazioni istituzionali. E se più di mezza maggioranza sembra essersi mobilitata per impedire che sia Conte a gestire i fondi, logica fa pensare che una mobilitazione ancora più forte si scatenerebbe, a tempo debito, per impedire che il ticket Conte-Casalino possa estendere le sue ambizioni fino al Colle più alto. Intanto, alla prima partita, cioè quella per decidere l'organo (governativo o parlamentare) che coordinerà la gestione dei fondi, è politicamente legato (anche se giuridicamente si tratta di questioni distinte) pure il destino del voto in Parlamento, con tempi ancora da fissare, sulla ratifica del Recovery plan. Il dubbio è triplice. Primo: Conte sceglierà la famosa «logica di pacchetto», provando a inserire in un unico calderone Recovery fund, Bei, Sure? Secondo: terrà fuori il Mes, come desidera, o sarà costretto dal pressing Pd a inserirlo? Terzo: l'opposizione come si regolerà? Sarà in grado di esprimere una posizione unica? Certo, se alla fine il gestore dei fondi fosse il governo sarebbe dura anche per l'ala più morbida del centrodestra applaudire; se invece ci fosse un organismo parlamentare, i fautori del sì nel centrodestra avrebbero dalla loro almeno un argomento. Ma è un capitolo tutto ancora da scrivere. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gia-si-litiga-per-gestire-aiuti-che-non-ci-sono-2646795428.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="voto-sullo-sforamento-di-bilancio-con-l-incognita-di-fi-sul-si" data-post-id="2646795428" data-published-at="1595616420" data-use-pagination="False"> Voto sullo sforamento di bilancio con l'incognita di Fi sul sì