- Il fondatore Mario Moretti Polegato: «Il segreto? Abbinare tecnologia e stile: le donne vogliono indossare i tacchi ma allo stesso tempo camminare bene. I nostri parka sostenibili hanno ricevuto il più importante premio internazionale dedicato all’abbigliamento sportivo».
- Le passerelle di Milano guardano al futuro. E alla speranza.
Lo speciale contiene due articoli.
Trevigiano, imprenditore globale, leader degli imprenditori del Nord Est, inventore della Geox, che produce la scarpa che respira, la più grande azienda calzaturiera in Italia e la terza al mondo per la calzature comfort: ecco Mario Moretti Polegato.
Quanto è importante l’innovazione?
«Noi siamo una delle poche aziende che ha abbinato la tecnologia allo stile e questo è stato il segreto, la chiave del successo. Siamo partiti con la scarpa che respira, poi abbiao presentato il progetto Anfibio totalmente impermeabile, successivamente abbiamo creato Spherica che oggi è uno dei prodotti di punta con la caratteristica di un grande comfort. Ora abbiamo un progetto aggiuntivo, Walk pleasure, il concetto di Spherica applicato alle scarpe business da uomo e da donna. Questo prodotto, così come lo abbiamo interpretato noi, non esiste sul mercato. È una scarpa che farà sentire immediatamente la differenza. L’innovazione è fondamentale».
Le vostre scarpe sono apprezzatissime anche dalle donne.
«Oggi la donna è più esigente. Una volta, per apparire, soffriva sulle scarpe con i tacchi alti. Non ha cambiato idea ma vuole usare una scarpa con tacco e camminare bene. La scienza permette questo».
Un’altra novità è la giacca sostenibile.
«Si trovano giacche waterproof costruite con all’interno del tessuto una membrana che resta appiccicata. Noi abbiamo mantenuto la membrana ma staccata, il che significa che, quando il capo non lo si usa più, staccandola si può riciclare, per questo abbiamo ricevuto il premio Ispo award 2022 come marchio all’avanguardia nell’innovazione tecnologica sostenibile. Questo grazie al nuovo parka Geox any weather condition, altamente performante e studiato per ridurre drasticamente l’impatto sull’ambiente. Il riconoscimento legato alla fiera Ispo, la più grande rassegna mondiale di articoli e abbigliamento sportivo, verrà consegnato a giugno a Monaco. Premiano noi ma premiano anche la tecnologia italiana».
L’attenzione all’ambiente non è un requisito scontato.
«Ciò che conta è il binomio sostenibilità e innovazione che si conferma al centro delle strategie vincenti che Geox ha intrapreso attraverso continui investimenti nella messa a punto di tecnologie innovative, fin dalla sua fondazione. Le nostre collezioni, che da sempre coniugano traspirabilità, impermeabilità e termoregolazione, rispondono così all’evoluzione del concetto di benessere personale e collettivo attraverso calzature e capispalla che, di stagione in stagione, raggiungono nuovi traguardi in tema di sostenibilità, soddisfando le esigenze di un pubblico attento allo stile e sensibile alla salvaguardia dell’ambiente».
Crede che il tema della sostenibilità sia trattato nella maniera corretta?
«Non possiamo sottrarci soprattutto quando vediamo il nostro prodotto a New York, a Pechino, a Londra, a Tokyo, tanto per fare degli esempi. Non possiamo non prestare la massima attenzione alle richieste dei consumatori. Il nostro programma consiste in una serie di attività per il controllo dei materiali. Acquistiamo pelli certificate e controlliamo la materia prima che spesso deriva da materiali riciclati».
La creatività è sufficiente per crescere?
«È indispensabile. Basti pensare al concetto di moda: perché la moda non tramonterà mai? Perché ogni anno compriamo scarpe e abbigliamento nuovi, ci guardiamo allo specchio e ci vediamo più belli. È un’illusione dato che siamo un anno più vecchi ma questa reazione psicologica fa parte dell’uomo e non deve mai mancare».
Qual è la formula per diventare sempre più grandi?
«Avere dei prodotti esclusivi. Se si entra nel mercato con prodotti che già esistono è molto faticoso se non impossibile imporsi. Noi siamo differenti».
Cosa serve per una vera ripresa?
«Posti di lavoro che si fanno creando imprese. Quindi idee nuove e utili come quelle che mette in campo Geox. E qui entriamo nel mondo dei brevetti. Con questo segreto ritorniamo a essere esclusivi. Alla scarpa con la suola con i buchi sono seguiti altri 40 brevetti riguardanti sempre la facilità della respirazione del corpo umano. A volte il solo made in Italy non è sufficiente».
Lei ha precorso i tempi sulla formazione nella sua azienda. Ancora oggi quella è la strada giusta?
«Manteniamo le scuole di formazione interna e stiamo facendo corsi a tutto il personale con il Politecnico di Milano. Stiamo cambiando il business model e la trasformazione digitale va presa in considerazione per rimanere sul mercato. Abbiamo quindi erogato 40.000 ore di formazione per un progetto con docenti esterni. Questo ha creato molto entusiasmo all’interno dell’azienda».
Crede che le sanzioni che verranno applicate alla Russia faranno male anche all’Italia?
«Sicuramente bene non faranno, ci auguriamo che siano contenute e che tutto il prodotto italiano le possa assorbire senza traumi».
Sulle passerelle di Milano trionfano speranza e sguardo verso il futuro
Una delle sfilate più belle, tra quelle viste in queste frenetiche giornate di moda milanese dedicate al prossimo inverno, è, senza dubbio, quella di Tod’s disegnata da un superbo Walter Chiapponi che ha fatto un lavoro davvero eccellente. Diego Della Valle, presidente e ad del gruppo Tod’s (in portfolio anche Roger Vivier, Hogan e Fay) aveva visto giusto puntando sul direttore creativo che, questa volta, ha messo l’accento su essenza, rigore e «una forte volontà di essere chic», ha detto Chiapponi. «Volevo rendere i look il meno frivoli possibile». E c’è riuscito concentrandosi su tre colori molto precisi: marrone, cammello e nero. Si va dalla tradizione italiana della sartorialità maschile napoletana (la collezione si chiama Italian Beauty) fino alla maglieria di alta fattura che prende ispirazione da quella da marinaio a grandi coste ma scolpita in modo da creare una silhouette molto femminile, capace di diventare anche un grande piumino. Tante le cappe «importanti», come lo sono le giacche in panno con i gommini sulle toppe, le gonne lunghe di pelle, i bermuda. Il Winter Gommino diventa quasi uno stivale gioiello quando è ricoperto di Svarowski mentre la borsa è stata decostruita e si piega al punto da poter finire in valigia in una inesauribile voglia di ricominciare a viaggiare. In una parola, esistenzialista.
Viene voglia di indossarla subito la collezione di Max Mara, un concentrato di quella eleganza inconfondibile e rassicurante che il brand di Reggio Emilia sa infondere dal 1951. Ian Griffiths, direttore creativo, è un gran signore sia di modi sia di testa, tanto da aver saputo dare allure particolare al marchio rivitalizzandolo con capi iconici come il cappotto Teddy bear, finito sulle spalle delle donne di mezzo mondo. Lo stesso tessuto, in questa collezione modernista (si ispira all’artista Sophie Taeuber-Arp) diventa ora una tunica, una gonna lunga e perfino un audace paio di shorts. «Sono tante le donne che ho voluto rappresentare», spiega Griffiths, «dalle varie fasce di età e provenienza, sviluppo dei tanti modi e gusti diversi di vestire. Molto lungo, molto corto, molto stretto, molto largo, varietà, ogni ragazza che sfila sulla passerella esprime la sua personalità. E il messaggio della moda è sempre quello di speranza». In una parola, dadaista.
Si parla un’altra lingua da Ermanno Scervino. Sempre di bellezza e femminilità si tratta ma lo stilista fiorentino la concepisce in un modo completamente differente da Chapponi e Griffiths. «Far sentire le donne belle, che non significa essere nude», dice Scervino, «È bello mischiare, il contrasto di materiali, la scarpa bassa con un abito da sera, il pantalone con il tacco alto, importante è l’armonia e attualizzare, sentirsi sempre verso il futuro e mai nostalgica, fondamentale è che l’abito piaccia non l’ora in cui lo si indossa». Senso del colore, materiali estremamente leggeri, la pelle usata come pizzo, bei cappotti, «non ho fatto una donna infagottata». La vita è il punto nevralgico. «La bellezza è il sentirti a tuo agio, non conta l’età. La protagonista della mia campagna è la figlia di Kate Moss dopo Kate Moss. Il mio compito è non farti sentire vintage». Parole chiave: piumino con la sottoveste, qualcosa ormai di immortale.
Da Emporio Armani, invece, tutto si concentra nella parola glamour. Una collezione che piace alle mamme quanto alle figlie, perché entrambe possono mettere gli altissimi stivali inguinali con le gonne corte, gli shorts magari in velluto, gli abitini con volants in seta doppiata e dettagli in marabù. Giorgio Armani ha giocato con il colore acceso mentre per la linea maschile ha scelto i mille toni del grigio. E la sua marcia in più la dimostra con una parte dei suoi dipendenti seduti a gustarsi la sfilata.
Eleventy è ormai da tempo una sicurezza. Per la qualità dei materiali, per le forme mai esasperate, per quella moda che non stanca e che puoi mettere nell’armadio e ritrovare dopo anni sempre attuale. Lo confermano i capotti finissimi trapuntati all’interno con 45 grammi di ovatta da portare anche a -10; o quello in lana zibellinata; o quello double 14 micron, più sottile del cashmere. Di notevole pregio la maglieria come il cardigan bouclé di alpaca.
Herno, l’azienda guidata da Claudio Marenzi, parte da Herno globe che presenta ampi volumi in tinte unite accese e fodere graffittate. Caposaldo la sostenibilità con materiali come la lana e il nylon riciclato, oltre al poliammide «eco» grazie al quale un capospalla si degrada nell’ambiente in cinque anni, rispetto ai circa 50 anni di un abito analogo in materiali sintetici tradizionali.




