2023-05-17
Il suo giornale li dà per «assolti». Ma per i genitori di Renzi al processo si mette male
Mentre «il Riformista» scrive falsamente che i genitori dell’ex premier sono stati assolti, una nuova consulenza li accusa.Il neo direttore, che oggi condivide con Matteo l’editore, ha cambiato tutti i redattori.Lo speciale contiene due articoli.Adesso è chiaro a che cosa serva a Matteo Renzi il Riformista: a spacciare fake news pro domo sua. Lunedì sul quotidiano nella versione online (gestita dall’ex spin doctor della Bestia renziana Alessio De Giorgi), è stato pubblicato un articoletto da cui si intuiva come l’ex premier e i suoi fedelissimi stessero godendo per le altrui inchieste giornalistiche sulla mamma di Giorgia Meloni, Anna Paratore. Ma, secondo i renziani, i vertici di Fratelli d’Italia non sarebbero autorizzati a invocare il garantismo perché uno dei loro leader, Giovanni Donzelli, quando i genitori di Renzi furono arrestati, non solo non solidarizzò, ma osò dichiarare: «Sono anni che alcuni fatti sono arcinoti, alcuni li abbiamo denunciati in maniera incontrovertibile: mi sorprendo siano emersi solo adesso». A distanza di anni il Riformista lo fulmina: «Peccato per Donzelli che dopo un lungo calvario giudiziario i genitori sono stati assolti dal processo sulle false fatture». Spiace contraddire i renziani, ma trattasi di fake news: in realtà i genitori sono finiti ai domiciliari per una triplice bancarotta e per questa imputazione sono ancora sotto processo. Quanto alle false fatture, quelle sono state considerate dai giudici gonfiate e truffaldine, ma non finalizzate ad evadere le tasse, da qui l’assoluzione. Va aggiunto che gli affari della Paratore non hanno mai visto la figlia Giorgia implicata direttamente, mentre Matteo nella ditta dei genitori è stato dirigente sino al 2014 quando, scoperto dai giornalisti, ha dovuto dimettersi: i parenti lo avevano promosso da co.co.co a dirigente poco prima che diventasse presidente della Provincia così da garantirgli la possibilità di mettere da parte ricche marchette pensionistiche.Ma torniamo al processo per bancarotta contro i genitori. Dovrebbe concludersi entro fine anno e ad aprile la pubblica accusa ha incassato un importante quanto inaspettato punto a favore. Si tratta della relazione tecnica firmata dal commercialista bresciano Antonio Faglia, consulente dell’imputato Pasqualino Furii, alla sbarra per aver accettato di ricoprire l’incarico di presidente in una cooperativa poi fallita, la Delivery service Italia, dal 2010 al 2013. Il documento contiene nuove, pesanti accuse e scarica le responsabilità dei magheggi contabili sui genitori e sulla coppia che li ha sostituti alla guida di diverse società in crisi, ossia Mariano Massone e Giovanna Gambino. Un sistema svelato in anteprima nel 2016 dal libro I segreti di Renzi del direttore Maurizio Belpietro.Il consulente definisce Furii una «controfigura» che andava mantenuta «intenzionalmente avulsa rispetto alle vicende societarie; priva di qualsiasi partecipazione ai disegni gestionali dei dominus della situazione». Un semplice «uomo di fatica» che portava al macero i volantini e che venne inserito nel cda della Dsi quando questa era già «decotta».Il professionista cita mail e dichiarazioni testimoniali per dimostrare il «disegno complessivo» alla base della costituzione e successivo prosciugamento delle cooperative (in realtà «imprese commerciali»), Dsi, Europe service e Marmodiv, a cui veniva subappaltato il lavoro di distribuzione dei volantini, core business dei Renzi. Un disegno «atto ad avvantaggiare esclusivamente» le «società loro sovraordinate». Infatti gli «oneri previdenziali ed erariali» gravavano sulle finte coop che avevano un tempo di vita «estremamente breve», come dimostra la storia della Dsi di cui sarebbe stato «artefatto» persino il primo bilancio: un deficit di 55.000 euro sarebbe stato trasformato in un attivo di 5.000.Le tre ditte fallite dovevano conservare lo «status di “società sana”» giusto per il tempo «necessario ad assumere dipendenti e ottenere finanziamenti dalle banche». «Poi, una volta prosciugate e condotte a una irreparabile situazione di difficoltà economica, venivano abbandonate e sostituite da una nuova coop già previamente (e a bella posta) costituita e destinata alla medesima fine». E chi c’era dietro a tutto questo? Il consulente dell’ex «presidente» della Dsi non usa giri di parole: «A tenere le redini di un siffatto disegno erano i coniugi Tiziano Renzi e Laura Bovoli, cui sono sempre state riconducibili le società di cui al piano gerarchico superiore». In un altro passaggio l’uomo fa riferimento a un piano che «faceva evidentemente capo ai coniugi Renzi e, in particolare, alla signora Laura Bovoli».Il consulente a proposito di babbo e mamma parla di «spregiudicati progetti» e sottolinea che tutte le operazioni sarebbero avvenute sotto la loro «attenta e persistente supervisione».Faglia sostiene che rami di azienda, commesse e dipendenti passavano da una coop all’altra sotto la regia di Rignano sull’Arno.Al piano inferiore c’erano i «loro sodali» che venivano «riutilizzati» come amministratori nelle nuove società, mentre in quelle in crisi subentravano prestanome e persone «inermi e ingenue», «inidonee a valutare con cognizione di causa le conseguenze dei ruoli assegnati», «meri esecutori di volontà altrui». Addirittura sarebbero stati ingaggiati degli studenti, che da scuola venivano spediti dal notaio direttamente da babbo Renzi.«I veri e unici obiettivi degli “organizzatori” erano: da un lato, avviare una nuova cooperativa, dall’altro “spremere” sino all’ultimo Dsi». «Il loro interesse precipuo» era che coop fossero costituite e gestite «senza troppi problemi», tanto che «molti dei soci fondatori non ricevettero più alcuna notizia di Dsi».In una mail Giovanna Gambino chiede alla Bovoli: «Sostituiamo tutti e tre (i componenti del cda, ndr.) o solo il presidente?». Come se i membri dei consigli fossero delle figurine.La Bovoli in una mail si raccomanda di pagare un amministratore, Antonello Gabelli, sino a fine anno prima che potesse diventare una «mina vagante» e fare danni. Ma di fronte ai magistrati Gabelli non ha fatto sconti: «Mariano Massone, Giovanna Gambino, Tiziano Renzi e Laura Bovoli creavano società cooperative al fine di svolgere lavoro operativo, concentrando tutte le criticità su queste e lasciando “pulite” le società capofila».Mamma Laura nelle mail evidenziate parla di prosciugamento dei conti e di «massimo spremibile» dalla Dsi. Alla Gambino chiede fatture «per abbattere l’Iva» che non riesce a pagare «non avendo più nulla».In un ultimo messaggio attacca il marito che gli aveva promesso di lasciare sempre un «tesoretto x coprire almeno 3/4 rate» di mutuo e al cui posto la donna ha trovato, però, «una mega voragine»: «Mi viene voglia di strozzare qualcuno» conclude con durezza e sincerità.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/genitori-renzi-processo-mette-male-2660280434.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-vecchi-giornalisti-dell-unita-sansonetti-ci-dava-dei-renziani" data-post-id="2660280434" data-published-at="1684311053" data-use-pagination="False"> I vecchi giornalisti dell’«Unità»: «Sansonetti ci dava dei renziani» Se la buona convivenza si vede dal mattino, quella tra il Riformista e l’Unità, gemelli diversi ospitati allo stesso piano del quartier generale delle aziende dell’editore Alfredo Romeo, rischia di essere complicata. Ieri, il giornale fondato da Antonio Gramsci, all’ennesimo riesordio, ha dato una lettura della tornata elettorale appena passata di questo tipo: «Si ferma l’onda della destra: la sinistra vince a Brescia. 5 stelle out». Il Riformista di Renzi, l’ha vista all’opposto: «Le urne? Avanti a destra». Con perfida chiosa: «L’effetto Schlein non si è visto arrivare». La cosa divertente è che a vergare l’epitaffio del Pd sia stata chiamata l’ex ultrà dem buona per tutte le trasmissioni, quella Claudia Fusani che l’ex direttore Piero Sansonetti, traslocato all’Unità, non ha portato con sé dall’altro lato del piano. La sede, come detto, è la stessa per entrambi i quotidiani, al secondo piano di via Pallacorda, a Roma, nei prestigiosi uffici della Romeo gestioni, farciti di microspie ai tempi dell’indagine Consip. In cima al secentesco palazzo si trova una super terrazza con vista sui tetti della Capitale e le stanze sono impreziosite da sculture e foto artistiche. Giri a sinistra e vai all’Unità, trovando Sansonetti pro Elly, volti a destra e ti trovi al Riformista con Renzi. Entrambi i direttori sono isolati dai colleghi da pareti di vetro. Ma la vera chicca è la diatriba tra giornalisti ed ex giornalisti dell’Unità. Sansonetti ha fatto sapere, nel suo primo editoriale, di voler «ricostruire un’ideologia», nel senso non marxiano, ma gramsciano del termine. E i vecchi cronisti dell’Unità, messi alla porta senza troppi complimenti, lo hanno bastonato dalle pagine del Manifesto. «Questa Unità non ha nulla a che vedere con la testata fondata nel 1924, né con le battaglie del segretario del Pci perché con scientifica, padronale protervia calpesta ogni diritto dei suoi lavoratori: i giornalisti e poligrafici che hanno tenuto in vita il giornale sono stati esclusi, cancellati perfino vilipesi. Siamo di fronte a un caso mai contemplato nel mondo del lavoro: un’intera redazione sostituita da un’altra». E il nuovo direttore come avrebbe «spazzato via un intero corpo redazionale»? Con un insulto sorprendente: «Sansonetti ci ha tacciato di essere “renziani”, proprio lui che ha lasciato il Riformista nelle mani del leader di Italia viva». Avete letto bene: Sansonetti avrebbe usato «renziano» come insulto. Ma se i vecchi redattori pare siano stati lasciati a casa con l’accusa di vicinanza al fu Rottamatore, sono stati, invece, imbarcati ex terroristi come Paolo Persichetti o no global con problemi giudiziari come Luca Casarini. La politica sarà affidata alla compagna di Sansonetti e madre dei suoi due figli, Angela Nocioni. Fra le firme Tiziana Maiolo, ex Riformista, che Renzi avrebbe allontanato quando ha scoperto che in gioventù era stata al Manifesto. Della compagnia fanno parte anche Angela Azzaro, ex Liberazione, paladina dei diritti Lgbtq, e Valentina Ascione, compagna di Riccardo Magi parlamentare di +Europa. Al Riformista sono rimasti Aldo Torchiaro, voce militante di Radio Leopolda, Paolo Guzzanti e la Fusani. Gli unici renziani doc arruolati nell’iniziativa al momento sembrano Erasmo D’Angelis (già alla guida dell’Unità targata Matteo) ed Enrico Zanetti, ex viceministro e sottosegretario. La supervisione del quotidiano è affidata a Benedetta Frucci, responsabile comunicazione di Italia viva, fiorentina come Renzi, persona di strettissima fiducia. Il responsabile del sito è un altro fedelissimo: Alessio De Giorgi, già fondatore di Gay.it, il primo portale omosex d’Italia. La sfida tra direttori e redazioni per conquistare lettori e il cuore di Romeo è appena iniziata.