2019-04-17
Garantite le poltrone, Boccia ora apprezza i gialloblù
La svolta di Confindustria («Di Maio è uno di noi») si spiega con la promessa del M5s di far restare le partecipate nell'associazione.Gli osservatori disincantati delle cose di Confindustria già si chiedono se il recentissimo cambio di tono verso il governo da parte del presidente Vincenzo Boccia sia l'ultima o solo la penultima delle sue prese di posizione sul tema. Del doman non v'è certezza, direbbe il poeta. Più prosaicamente, invece, per ciò che riguarda il passato anche prossimo, i cambi di linea sono stati numerosi e repentini. Nemmeno 20 giorni fa, il centro studi di Confindustria aveva gettato un secchio d'acqua gelata sul Def in arrivo, di fatto azzerando le previsioni di crescita per il 2019, e attestandosi su una posizione quasi catastrofista. Nelle settimane precedenti, in sintonia con altre categorie produttive, Confindustria aveva (in quel caso, meritoriamente) insistito su una linea Sì Tav e sullo sblocco dei cantieri.Ma, andando indietro nel tempo, lo zig zag appare ancora più impressionante. Qualche mese fa, in presenza della prima stesura della manovra, Confindustria aveva urlato per chiedere al governo di negoziare con Bruxelles, nientemeno - disse Boccia - che per «uscire dalla procedura di infrazione» (che a onor del vero non era stata aperta). E quando il governo, in qualche modo piegandosi, a dicembre si decise a trattare con la Commissione Ue, un primo effetto delle richieste di Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis fu proprio un rattrappimento degli investimenti pubblici. E a quel punto cosa disse Boccia, protestando contro il governo? Ci vogliono più investimenti pubblici. Nelle stesse settimane, un'altra clamorosa contraddizione, relativa al pacchetto Industria 4.0: mitizzato a suo tempo da Confindustria quando lo aveva proposto Carlo Calenda, e invece semi snobbato quando l'ultima legge di bilancio lo ha pressoché integralmente confermato. In questa serpentina, il climax si è raggiunto negli ultimi dieci giorni. Prima un Boccia spazientito, ospite di Lucia Annunziata, aveva sostanzialmente detto: «Se si galleggia, meglio andare a votare». Poi, però, Boccia aveva smorzato l'analisi del suo centro studi: «I dati non volevano prefigurare un attacco al governo, ma una presa d'atto di un rallentamento per sollecitare una reazione. Ora la sfida è tutta su decreto crescita e sblocca cantieri». Infine - oplà - pochi giorni fa, una specie di dichiarazione d'amore per Luigi Di Maio, invitato da Boccia a un consiglio degli imprenditori e salutato alla fine con un incredibile «sembrava uno di noi». Cosa c'è dietro questa improvvisa mano tesa ai grillini? Secondo fonti autorevoli interne al mondo confindustriale, ci sarebbero quattro fattori. Primo: il fatto che sia fallito un recente tentativo di avvicinamento di Boccia al leader leghista Matteo Salvini, che aveva risposto a muso duro alle esternazioni pubbliche di Viale dell'Astronomia: «Confindustria ci attacca sui giornali e poi chiede incontri». E ancora: «Forse i grandi industriali erano abituati troppo bene dalla sinistra: qualunque cosa chiedevano, gli veniva concessa. Ma l'Italia è fatta da piccoli imprenditori, artigiani, commercianti. Non solo da grandi banche e imprese». E così, il presidente di Confindustria sarebbe tornato a bussare alla porta di Di Maio. Secondo: Confindustria vede (dai dati sulla produzione industriale all'andamento della Borsa) che non tutto è così negativo. Le prospettive sono di stagnazione o di crescita debole: ma non la catastrofe che alcuni prospettavano. Dunque, meglio lasciarsi una porta socchiusa con il governo. Terzo: l'idea (mai accantonata da alcuni pezzi di establishment tradizionale) di una possibile intesa futura tra M5s e Pd. Ecco dunque la scelta di Di Maio come interlocutore, per eventuali avventure politiche assai lontane dall'attuale. E infine, quarto: la doppia promessa governativa ai vertici di Confindustria. Per un verso, qualche misura nei provvedimenti in uscita: reintroduzione del super ammortamento (sia pure con un tetto di spesa e per un periodo limitato); Ires agevolata sugli utili reinvestiti; innalzamento dal 40 al 50% della deducibilità Imu sugli immobili strumentali. Misure positive, di per sé: ma di impatto assai limitato. Per altro verso (e qui sta il cuore delle promesse grilline a Boccia), la rassicurazione sul fatto che i giganti a partecipazione pubblica (sia le non quotate, sia le quotate, tra le quali Enel, Eni, Italgas, Leonardo, Poste, Saipem, Terna) resteranno dentro Confindustria e che non ci saranno iniziative del governo sul tema. Immediato sospiro di sollievo a Viale dell'Astronomia, fino al conseguente - e un tantino surreale - «Di Maio uno di noi».