2022-07-31
Pure l’esecutivo smonta il veleno anti-Lega
Dalle liste di proscrizione del «Corriere» ai teoremi della «Stampa»: chi gioca a usare i servizi per seminare il caos? Le intercettazioni avevano chiarito il ruolo di Antonio Capuano.Il primo quotidiano italiano a pubblicare l’immagine un po’ slavata, accesa solo da una camicia rosa, di Oleg Kostyukov è stato, lo scorso 10 giugno, La Verità. Sino a quel giorno per le testate del Belpaese quel giovane funzionario dell’ambasciata russa di Roma era una specie di fantasma. Noi svelammo che aveva pagato con la propria carta di credito i biglietti aerei per il viaggio a Mosca di Matteo Salvini e del suo seguito. La sua storia infiammò i media per poche ore. Poi il diplomatico ritornò nell’oblio. Sino all’inizio della campagna elettorale, quando, improvvisamente, la sua vicenda è tornata ad appassionare i cronisti. Al punto che c’è chi è persino andato a rispolverare una vecchia segnalazione di operazione sospetta (una archeo-sos) del 2014 che non aveva dato esiti. Il motivo dell’allarme? Kostyukov avrebbe «movimentato» 125.000 dollari in contanti nei giorni in cui Vladimir Putin incontrava a Milano Salvini, segretario del Carroccio da meno di un anno, a margine della convention sull’Eurasia. Perché tanto cash? Magari la delegazione russa aveva deciso di fare spese personali in contanti o di svagarsi con attività che è meglio non far tracciare dalle carte di credito. Sembra di rivivere il cancan dell’hotel Metropol, uno scoop che dopo aver fatto il giro del mondo è tristemente finito, dal punto di vista giudiziario, su un binario morto. Forse non è un caso che gli articoli sulla vecchia-nuova sos e sul caso Metropol portino la firma dello stesso giornalista. Salvini dovrà abituarsi: questa campagna elettorale andrà così. Persino il sottosegretario con delega all’intelligence Franco Gabrielli venerdì sera ha dato segni di insofferenza di fronte alla pervicacia dei giornalisti anti Putin e anti Salvini. Ha ricordato le famose liste di proscrizione pubblicate dal Corriere della sera che le aveva attribuite ai bollettini informativi sui rapporti tra cittadini italiani e le autorità russe realizzati dall’intelligence grazie a fonti aperte. Gabrielli ha ricordato che per smentire la riconducibilità del contenuto dell’articolo agli 007 declassificò l’ultimo bollettino. Ma i giornalisti, ha evidenziato il sottosegretario, non si arresero e ribatterono di avere «altro carteggio». Che Gabrielli, ha fatto capire, sarebbe stato ben felice di poter vedere. L’ex capo della Polizia si è fatto beffe anche del presunto scoop della Stampa che ha ricicciato una nostra esclusiva, ovvero la notizia che Kostyukov avrebbe chiesto ad Antonio Capuano, ex consigliere per i rapporti internazionali di Salvini, se i ministri della Lega fossero pronti a lasciare l’esecutivo dopo le polemiche per il tour moscovita (alla fine abortito) di Salvini. Secondo il quotidiano torinese era la prova che il Cremlino fosse dietro alla caduta di Mario Draghi e per sostenere la propria fantasiosa tesi ha citato «documenti informali di sintesi del lavoro di intelligence». Gabrielli ha ironizzato usando l’idioma romanesco: «Ma de che stiamo a parla’?». Ma poi si è fatto serio e ha detto una cosa importante quanto grave: «Per quello che è a conoscenza dei servizi italiani non ci sono state attività volte a favorire la caduta del governo Draghi in queste interlocuzioni e questa è forse la cosa che dovrebbe interessare di più invece di andare alla ricerca di tutta una serie di situazioni che…». Dunque non esistono evidenze che Capuano e Kostyukov abbiano complottato per far cadere il gabinetto dell’ex presidente della Bce. Ma ai giornalisti non basterà neppure questa smentita. L’unico obiettivo è cercare situazioni opache e in mancanza, costruirne, come in questo caso. Gabrielli ha consigliato ai cronisti, invece di fare dietrologia e crogiolarsi in complotti inesistenti, di utilizzare le interviste di questo periodo per togliersi i dubbi: «Se il tema è far chiarire al senatore Salvini quali siano le sue posizioni nei confronti della Federazione russa, non serve evocare cose di questo genere. È una complicazione che rischia anche di spostare il problema. Siamo in campagna elettorale e quella è la sede in cui ognuno esporrà le sue posizioni». Ma sospettiamo che per i media sia meglio una campagna elettorale a colpi di sos datate e di vecchie notizie per lanciare un po’ di fumo negli occhi. E in questo clima di caccia alle streghe, da alcuni giorni si fa un gran parlare di intercettazioni preventive. Sono quelle che i servizi segreti hanno la possibilità di fare per la sicurezza nazionale con l’autorizzazione della Procura generale di Roma. Servono a smascherare chi trama contro il nostro Paese a livello politico, economico e militare. Quindi non sono oggetto di questi monitoraggi solo i presunti terroristi, ma anche i colletti bianchi sospettati di trescare con potenze straniere. Perciò queste intercettazioni non solo sono utili, ma persino sacrosante. Come quelle che sembra abbiano riguardato Capuano. Infatti pare che l’avvocato di Frattaminore frequentasse spie russe e non solo russe. Per questo sarebbe consigliabile per i politici valutare con più attenzione le proprie frequentazioni ed è altrettanto opportuno che i nostri apparati mettano in guardia i leader politici (in particolare quelli di governo) sulle loro relazioni potenzialmente pericolose. Detto questo, ci risulta che le captazioni di Capuano siano state realizzate a norma di legge e siamo convinti che siano state ordinate senza secondi fini, ma solo per studiare i rapporti del consigliere con barbe finte di Mosca e Pechino. Come ha detto Gabrielli, i controlli dei nostri 007 chiarirono subito che Capuano e i suoi interlocutori non avevano tramato per la caduta dell’esecutivo Draghi e per questo la questione si era chiusa dopo che Salvini aveva rinunciato al viaggio in Russia.Ma improvvisamente a fine luglio qualcuno ha cercato di restituire attualità agli incontri di Capuano con Kostyukov. Cui prodest? I brogliacci delle preventive hanno come meta finale la scrivania del Presidente del Consiglio, ma passano anche dall’autorità delegata all’intelligence e dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, l’ufficio di coordinamento della nostra intelligence. Noi non sappiamo se il regista si trovi a Palazzo Chigi, al Dis o all’Aisi, anche se Massimo Giannini, direttore della Stampa, ci ha tenuto a precisare che l’attività di controllo su Capuano era stata «comunicata a suo tempo ai competenti livelli istituzionali». È comunque abbastanza evidente che un funzionario infedele abbia pensato bene di strumentalizzare una velina ormai archiviata per provare a indirizzare la campagna elettorale, consegnando la supposta sintesi delle conversazioni di Capuano (comprese quelle con Salvini) a un giornale schieratissimo contro il leader leghista. Sempre Giannini venerdì, durante la trasmissione In Onda, ha fatto sapere di aver maneggiato personalmente il documento della discordia, il che ci fa sospettare che il presunto traditore non abbia avuto paura di consegnare ai giornalisti qualche carta. Ma chi è il corvo? La giornalista Francesca Fagnani ha chiesto a Gabrielli se, dopo aver promesso che niente sarebbe rimasto impunito, abbia almeno scovato il «postino» che ha recapitato al Corriere della sera i famosi bollettini. Il prefetto ha risposto minaccioso: «Intanto qualcuno se ne è già andato e non ci fermiamo lì…». Quindi, nel video rilanciato dal sito Dagospia, ha aggiunto: «Il problema non è il giornalista, ma l’infedele operatore che per i motivi più disparati, per amicizia, per simpatia, per soldi, per convincimento politico, perché magari vuole fare dispetto a qualcuno, mette in circolazione documenti che dovrebbero essere tenuti nella riservatezza». Anche la manina del caso Capuano-Kostyukov si è attivata per uno di questi motivi? Chissà.Nel frattempo alla Stampa hanno pensato bene di mettere sulla graticola il proprio informatore per il solo gusto di specificare di essere in possesso dei succitati «documenti informali di sintesi del lavoro di intelligence». Per questo la caccia alla talpa continua. Ma prevediamo che farà meno rumore di quella a Salvini. Nel suo caso anche un petardo può diventare una bomba atomica. Almeno sui giornali.