2024-01-14
Il baby premier che scala il potere: storia di Attal, prescelto delle élite
Gabriel Attal (Getty Images)
Un saggio del 2018, scritto dall’avvocato francese Juan Branco, aveva previsto la nomina a capo del governo del figlioccio di Macron. La classe dirigente transalpina prodotta in laboratorio dai grandi gruppi d’influenza.Juan Branco, non c’è dubbio, non è un mostro di simpatia. Trentaquattro anni, nato in Spagna ma cresciuto in Francia, un paio di bestseller all’attivo, è una delle figure più in vista nel mondo del dissenso francese. Avvocato brillante, è divenuto rappresentante legale di Julian Assange sul suolo transalpino e ha difeso un leader dei gilet gialli, di cui è poi divenuto un valente campione. I suoi metodi appaiono talvolta piuttosto violenti, e lo qualificano come una sorta di sputtanatore seriale. Pare che sia stato lui, nel 2019, a fare circolare i video hard di Benjamin Griveaux, promettente candidato sindaco di Parigi per il partito macroniano La République En Marche. Ed è stato sempre lui, nel 2018, a rivelare la relazione omosessuale di Gabriel Attal - neopremier francese - con Stéphane Séjourné, suo compagno di partito divenuto poi compagno nella vita.Branco e Attal si conoscono fin troppo bene: stessa generazione, stessa origine elevata, stessa educazione. Hanno frequentato la prestigiosa École alsacienne di Parigi, una sorta di incubatrice delle élite, ma poi hanno preso strade che più diverse non si potrebbe. Branco è diventato paladino degli oppressi, Attal il figlio in vitro della aristocrazia macroniana. Ma sono probabilmente le comuni frequentazioni ad avere consentito a Branco di formulare una delle più incredibili previsioni mai sentite. Nel 2018, in un brutale pamphlet intitolato Crépuscule (volato nei primi venti posti della classifica con decine e decine di migliaia di copie vendute), il giovane pasionario ha inteso demolire Macron e la sua compagnia di giro, di cui il virgulto più rigoglioso era proprio Attal. Ebbene, Branco ne profetizzò l’ascesa, sentenziando che sarebbe diventato primo ministro: detto, fatto. Non era un vaticinio buttato lì a casaccio, ma il culmine di una acuta analisi sul modo in cui viene prodotta in laboratorio la classe dirigente transalpina dei nostri giorni. Una analisi che, a questo punto, è impossibile da confutare.Attal, è noto, è stato un imberbe segretario all’Istruzione e Branco scriveva, inquadrandolo: «Non per caso si diventa il ministro più giovane della repubblica francese. Pochi mesi prima, questo giovane deputato era apparso per la prima volta alla radio France Inter nella trasmissione mattutina. Questa rara opportunità di rivolgersi al Paese nel suo insieme viene normalmente offerta solo ai politici più esperti. Molti sono paralizzati dalla posta in gioco. Invece, anche se presumibilmente personifica l’ala sinistra di La République en Marche perché viene dal partito socialista, Attal bombarda con sdegno e arroganza i “bobos” di sinistra della sua generazione [...] Senza fermarsi, ha continuato ad attaccare violentemente i ferrovieri, in sciopero contro la privatizzazione del servizio pubblico ferroviario, denunciandone la mobilitazione e più in generale l’incapacità del Paese di riformarsi».Per una quarantina di pagine, Branco ha insistito a martellare l’astro nascente Attal: «Il regime di Macron, bisognoso di giovani dirigenti con l’ambizione di conformarsi, è l’ambiente ideale per questo giovane», ha scritto. «Gabriel Attal vuole agire il più rapidamente possibile, quindi è importante per lui sfruttare tutte le sue capacità. All’Ecole Alsacienne la feroce lotta per l’integrazione, dove tutto è permesso, è un microcosmo della stessa lotta che domina il mondo adulto dell’élite parigina. Il cortile della scuola è un luogo di formazione, che imita i luoghi di potere e influenza dove l’apparenza è il barometro per giudicare gli altri e distinguersi. È il luogo perfetto per prepararsi a una società incentrata sui media in cui la vuota politica di un potere delirante e conformista si è facilmente imposta di fronte a zero opposizioni. Questa sarà la palestra di Attal fino alla sua nomina a ministro dell’Istruzione, incaricato di regolamentare le università e le scuole pubbliche che non aveva mai frequentato».Con la stessa veemenza, Branco ha sbriciolato pure l’immagine del compagno di Attal (o forse ex, stando alla versione che li vuole separati dal 2023). Nel suo libro descrive la rapida ascesa della coppia «formata da Séjourné e Gabriel Attal» che «suggella l’alleanza di due grandi fortune». Scrive Branco: «Utilizzando la rete sociale acquisita durante il suo periodo a Sciences Po, Gabriel Attal consiglia persone “adeguatamente istruite”, la cui affidabilità è garantita perché appartengono alle sue reti sociali dai suoi anni all’Ecole Alsacienne. Séjourné, forte di questa folla fedele a Macron, riesce a ripagare Attal per l’influenza che quest’ultimo gli ha permesso di acquisire. A questo punto non si parla di politica, non si parla di impegno, non si capisce la ragione di tutto questo, se non il piacere di accedere a posizioni privilegiate e di raccogliere tutti i benefici che ne derivano». Sì, Branco non è particolarmente simpatico, anzi. Ma sa di che parla. E fornisce un ritratto spietato e veritiero della robotizzata élite macroniana. Già il caro Emmanuel appariva come il frutto di una gestazione mirata alla amministrazione del potere. Attal ne esce come un Macron all’ennesima potenza: un successore o un clone che possa adeguatamente sostituire l’originale. Entrambi appaiono come incarnazioni di una mentalità prevalente che il pensatore francese Regis Debray ha definito «neo protestante»: amministratori delegati della politica, giovani rampanti graditi ai mercati e alle burocrazie europee, avatar sorosiani pronti a traghettare il Vecchio Continente nel Nuovo ordine mondiale. Filiazioni di un management che, scrive Debray, «si è dato il compito di ripulire il campo dei residui dello Stato, rendite, status, corporazioni, che si tratti di notai o di operai». Macron e Attal sono stati pensati e resi reali per traghettare le masse in «un mondo sbrigativo e crudo, in cui l’inglese è la lingua del lavoro; New York e Las Vegas l’eldorado, ricordi giovanili o vie di fuga in caso di disgrazia; dove le scorciatoie espresse del marketing di prossimità sostituiscono l’argomentazione punto per punto».Fatevi un giro in Rete: da giorni i siti mainstream e i media liberal incensano il prodigio Attal. Ora sappiamo perché e, tristemente, non ci stupisce.
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)