2024-03-18
Fulvio Scaglione: «A Putin la trattativa non conviene: ora ha in mano l’iniziativa»
L’esperto: «Punta a Odessa per espellere l’Ucraina dal Mar Nero. L’Eliseo vuole Parigi al vertice dell’Ue al posto della Germania».Fulvio Scaglione è direttore della rivista online InsideOver e firma di riviste come Famiglia Cristiana (di cui è stato vicedirettore) e Limes. Quindi a suo agio con la geopolitica. Vado subito al punto. Papa Francesco ha sbagliato ad usare la metafora della bandiera bianca che gli ucraini dovrebbero alzare di fronte a Putin?«Indubbiamente la metafora della bandiera bianca nel contesto di un Paese in guerra e in difficoltà da due anni è un po’ urticante. Credo però che le questioni nominalistiche vadano lasciate da parte. Il messaggio del Papa è chiarissimo. Ed è lo stesso di tutti i pontefici che lo hanno preceduto. No alla guerra. Nel 1965 Paolo VI fu il primo Papa ad andare alle Nazioni Unite a pronunciare queste parole. Giovanni Paolo II ha detto no alla prima guerra del Golfo nel 1991. Poi all’invasione della Jugoslavia nel 1999. Ed infine alla seconda invasione in Iraq nel 2003. In quest’ultimo caso, così come Francesco ha inviato Zuppi a Kiev, Wojtyla spedì il Cardinale Pio Laghi a Washington da Bush con un messaggio chiaro: “Potete sicuramente invadere l'Iraq, ma avrete un sacco di problemi ad uscirne fuori. Ci saranno un sacco di morti e le cose sicuramente non miglioreranno”. Ed è esattamente quello che è successo». E peraltro allora la sproporzione delle forze in campo a favore della Nato era enorme. Dici anche, però, che è il momento peggiore per chiedere a Vladimir Putin di fare pace. Perché?«Intanto perché adesso al fronte l’iniziativa è nelle mani dei russi e l’Ucraina ha difficoltà sempre più evidenti. Europa e Stati Uniti la sostengono con le difficoltà che conosciamo. Ci sono poi motivazioni più profonde. L’Ucraina nel 1991, al momento dell’indipendenza, aveva 51 milioni di abitanti. Oggi ne ha 28». Dato sconvolgente!«Ci sono tra i sei e gli otto milioni di cittadini ucraini in giro solo per l’Europa. E se non ci fosse la legge marziale se ne sarebbero andati altri. Non parliamo della devastazione economica. L’Ucraina sta discutendo da sei mesi di una legge sulla mobilitazione che non riesce ad approvare. Sarebbe così drastica da richiamare in servizio addirittura 500.000 uomini. Putin lo ha detto chiaramente. Una trattativa che serva solo all’Ucraina per avere il tempo di riarmarsi e riprendersi, non la accetta. La mia personale convinzione è che i russi non abbiano mai voluto prendersi tutta l’Ucraina. La spedizione dei primissimi giorni di guerra era semplicemente un tentativo di spallata per estromettere Zelensky, La guerra poi è proseguita come sappiamo. Come si può pensare di prendersi tutta l’Ucraina, cioè un Paese grande due volte l’Italia, con poche migliaia di uomini?».E quale sarebbe il vero obiettivo di Mosca?«La Russia ha il progetto di prendersi tutta la fascia est dell’Ucraina da nord a sud. Quindi anche tutti i porti, tagliando fuori l’Ucraina dall’accesso al Mar Nero e rafforzando incredibilmente la propria posizione geostrategica. Questo mi fa pensare ancor più che i russi non vogliono una trattativa. E se avessi ragione, al completamento di questo progetto manca un tassello fondamentale: il porto di Odessa. I russi si fermeranno solo quando l’avranno conquistata oppure vi avranno completamente rinunciato».Si sprecano i retroscena su ciò che accade al Cremlino. Ma in Ucraina? Che cosa succede secondo te? Tutto sotto controllo?«Qualcosa è già successo perché ci sono state queste continue epurazioni. Zelensky ha sfogliato la verza dei suoi collaboratori, buttando via foglie sempre diverse. Sono saltati ministri, consiglieri, e funzionari nell’ultimo anno e mezzo. Casi di corruzione come se piovessero. Silurato addirittura il generale Zaluzhny e non per quello che riusciva a fare o non fare sul campo. Tutt’altro. Ma la sua popolarità cominciava a fare ombra a Zelensky. Quest’ultimo a sua volta è entrato in una fase di mancanza di legittimità istituzionale dovuta alla sospensione di ogni tipo di elezione a causa della legge marziale. Vista dal suo punto di vista, la sua situazione e quella della sua poltrona è simile a quella di Netanyahu in Israele: “finché c’è guerra c’è speranza”». L’opinione pubblica italiana è ostile alla guerra più che alla Russia. Ti stupisce questo atteggiamento?«Non mi stupisce. Non siamo un Paese belligerante come invece i francesi o gli inglesi che di casini ne fanno. È una caratteristica comune però a tutta l’Europa. E i governi più guerrafondai che sono andati al giudizio degli elettori, nel frattempo, ne sono usciti male. In Olanda fanno di tutto per non far governare Wilders che però ha vinto. Johnson e poi la Truss in Regno Unito sono scomparsi. In Slovacchia non vogliono sentir parlare di Ucraina con il nuovo governo. In Finlandia Sanna Marin, la suffragetta, è stata spedita sulla luna dagli elettori. In Spagna Sanchez ha dovuto fare accordi per salvare la poltrona coi catalani accusati in passato di essere marionette di Putin. Pensa te. Draghi non c’è più. Macron ha dei problemi. Il sentimento non belligerante dell’opinione pubblica però continua a non travasarsi in molte delle istituzioni». Come ti spieghi le sparate di Macron che vorrebbe mandare i nostri uomini al fronte?«Un piano articolato che guarda all’Unione europea più che alla Russia. Con il Regno Unito fuori dall’Ue e la Germania in ginocchio, vuole la Francia al vertice dell’Unione grazie anche alla disponibilità di armi nucleari. Invia armi in Armenia per allontanarla da Mosca. Apre una missione permanente in Moldavia. Ottiene il plauso della Lituania al grido di “Russia delenda est”». Soffre il modello Germania? Grande Svizzera dedita agli affari ed all’export col gas russo a basso costo?«I livelli raggiunti anteguerra sono sicuramente compromessi. Così come la credibilità di Berlino, cui era stato ripetutamente detto che non avrebbe dovuto costruire due gasdotti con la Russia, poi fatti saltare in aria platealmente. La Germania non ha reagito. Umiliata e offesa per dirla alla Dostoevskij. Un Paese emasculato che non ha diritto ad alcuna ambizione di potenza neppure economica. La sua fortuna erano l’import di gas a basso prezzo e molto export. Caduta piuttosto rovinosa, la sua. Ma pure Macron, che ora fa il galletto, si lamentava del gas liquefatto americano che costava il triplo». Siccome tutto si decide a Washington, lì la situazione è questa. I repubblicani non vogliono la guerra ma i democratici sì. Grezza come analisi?«Credo che sia un pochino più complicata di così. Certo il dibattito per le presidenziali è riassumibile in maniera così netta. Ma non sono convintissimo che Trump, una volta al potere, abbia l’interruttore per spegnere le ostilità. I presidenti americani non governano realmente. Sono figure di vetrina dietro un apparato che comanda. Anche se Trump è molto meno sensibile a certi tipi di pressioni che arrivano dal deep state. Non tanto perché è isolazionista. Lui nutre scarsa fiducia nell’intervento all’estero che non sia basato su questioni di potenza economica e tecnologica». Mi hai anticipato. L’atteggiamento dello Stato profondo americano sulla guerra in Ucraina è cambiato nel tempo oppure no?«Dobbiamo fare un distinguo fra i politici ed i militari. O meglio, i vertici di questi organismi sono di nomina politica. Il segretario di Stato Blinken, curiosamente di origine ucraina, e William Burns, a capo della Cia, mantengono la posizione ostile. Penso però al generale Mark Milley ora in pensione. A capo degli Stati maggiori riuniti premeva per una soluzione negoziata. Ammesso e non concesso che fosse possibile. Faceva presente che fornire armi all’Ucraina avrebbe indebolito la potenza militare americana. Detto da lui, c’è da credergli».Curioso che i generali siano meno guerrafondai dei politici però…«Se ci pensi in realtà anche in Italia i generali, non più in servizio, mantengono quasi tutti questo atteggiamento. Anche perché se non sei in pensione non puoi permetterti certe libertà. Le aggregazioni politiche internazionali come Nato e Ue sono così larghe, che solo i tecnici possono permettersi di ragionare liberamente sui dati di fatto. Un politico che va contro l’Ue o la Nato al governo dura una settimana!».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.