2019-05-02
Fuga dagli Emirati. Ingegneri italiani ritornano soppiantati dai colleghi asiatici
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Era la fine degli anni Novanta e Dubai era tutta da costruire. Poi è stata approdo di chi in Patria era colpito dalla crisi o, ancora, si è trovato tra gli esodati della prima ora. Nel 2012 i visti rilasciati agli italiani per spostarsi nel Golfo erano 3.000, nel 2016 erano già 13.000 con circa 150 nuovi arrivi al mese. I dati ufficiali dell'Aire registrano nel 2018 poco più di 11.000 presenze residenti. Nel 2017 erano più di 10.000 e nel 2016 circa 8.400. I flussi sono in forte calo mentre aumentano i rientri. Nel 2016 sono stati circa 200 e nel 2018 poco meno di 450. Un trend destinato ad aumentare e colpisce tutti i lavoratori occidentali al cui posto vengono preferiti indiani o asiatici che costano meno e non necessitano dei benefit costosi come casa e scuola per i figli. C'erano una volta gli Emirati arabi che offrivano lavoro ben pagato e alto tenore di vita a chi sapeva fare bene un mestiere e voleva approfittarne. Era la fine degli anni Novanta e Dubai era tutta da costruire. Poi è stata approdo di chi in patria era colpito dalla crisi o, ancora, si è trovato tra gli esodati della prima ora. Nel 2012 i visti rilasciati agli italiani per spostarsi nel Golfo erano 3.000, nel 2016 erano già 13.000 con circa 150 nuovi arrivi al mese. C'era una volta perché le cose stanno cambiando e il fenomeno per certi settori produttivi come l'edilizia, i servizi e la tecnologia si sta invertendo, con molti occidentali, europei come americani, che finita la scuola rimanderanno figli e mogli a casa per sempre. I dati ufficiali dell'Aire, registrano nel 2018 poco più di 11.000 presenze residenti. Nel 2017 erano poco più di 10.000 e nel 2016 circa 8.400. I flussi sono in forte calo mentre aumentano i rientri. Nel 2016 sono stati circa 200 e nel 2018 poco meno di 450. Un trend destinato ad aumentare. Non solo per gli italiani ma per tutti i professionisti occidentali. Così i professionisti rimarranno fino alla fine del contratto di lavoro in essere, che non è mai a tempo indeterminato, quindi venderanno automobili di grossa cilindrata - che mai si potrebbero permettere in patria - i mobili acquistati e partiranno definitivamente chiudendo un'esperienza di vita all'estero mediamente triennale, soltanto in qualche caso anche più lunga. E secondo l'anagrafe degli italiani all'estero sarebbero una trentina ogni mese. Costoro e i loro colleghi europei e americani nel 2016 portavano a casa almeno 5.000 euro al mese e poi c'erano i benefit, mentre oggi, lentamente e inesorabilmente, i posti di lavoro lasciati vengono occupati dagli asiatici, in particolare dagli indiani, che si accontentano di salari inferiori e che hanno meno pretese agli occhi dei padroni di casa: l'equivalente di 1.500 euro a parità di mansione, con buona pace per le competenze, in parte offerte sulla carta da sistemi scolastici riconosciuti validi negli emirati, proprio come per gli indiani, i quali vantano standard formativi e titoli di studio che appaiono del tutto simili a quelli anglosassoni. C'è il trucco: sovente costoro sono selezionati da conterranei o esibiscono agli arabi curriculum chilometrici quanto fantasiosi. Così gli asiatici firmano proposte di lavoro per la metà o per un terzo del denaro chiesto dagli europei, contrattano da una posizione molto più modesta e si accontentano di vivere in case che noi occidentali riterremmo inaccettabili. E se qualcuno osa sollevare la questione scatta inesorabile la questione razziale. Il motivo del rientro degli occidentali è dunque in primis finanziario. Negli Emirati arabi, ma anche in altre nazioni che si affacciano sul Golfo persico, vengono stipulati con i lavoratori occidentali due tipi di contratti di lavoro: il primo è quello che prevede il trasferimento come residenti e il lavoro per aziende multinazionali o gruppi industriali ed economici del proprio Paese d'origine, situazione che consente di vivere in modo agiato perché le aziende assicurano molti dei benefici più importanti e costosi, come la casa, la scuola per i figli, i servizi domestici e altro ancora, tutto pagato oltre il salario e offerto per figure dirigenziali o comunque carriere direttive. Contratto che per ragioni di controllo delle filiali viene ancora offerto ma sempre a una più ristretta quantità di lavoratori. Il secondo tipo di contratto è invece quello per il quale le aziende locali assumono personale qualificato ed esperto per coprire ruoli più specifici in vari settori, dall'ingegneria alla produzione. Ebbene, se fino a qualche anno fa anche questi accordi professionali comprendevano benefit molto interessanti, da qualche tempo, e specialmente in occasione del rinnovo dell'accordo, vengono ridimensionati proprio a partire dai benefici accessori. Questo per gli occidentali con famiglia e in età matura fa decadere la convenienza di restare in un ambiente comunque complesso e culturalmente diverso come quello arabo, portando il lavoratore esterofilo o expat ad offrire la propria professionalità verso altri mercati, come la Cina (in particolare la regione dello Sichuan), o la Tailandia, nazioni che invece ancora trattano bene chi ha particolari competenze. A dimostrare questa tendenza al rientro da Dubai c'è persino il fenomeno delle automobili di cittadini occidentali abbandonate nei parcheggi degli aeroporti. Da dove dopo qualche tempo vengono rimosse e rivendute. E' un mercato del lavoro, quello emiratino e di Dubai in particolare, con caratteristiche uniche: per esempio le figure manageriali sono in genere numericamente quattro volte il numero delle inservienti (maid) e di queste se ne contano dello stesso ordine di grandezza rispetto agli operai. In pratica è un Paese nel quale i pizzaioli sono il doppio dei muratori e con un rapporto tra offerta e domanda di otto a uno. Nella città-emirato di Dubai ci sono 3,3 milioni di residenti a fronte di poco meno di 300.000 cittadini nativi; il mercato immobiliare è sceso del 25% in dieci anni e anche gli sceicchi cominciano a temere che la conversione dall'industria petrolifera a quella turistica cominciata negli anni Novanta non possa garantire nel tempo le stesse rendite e per così tanto tempo. Ecco perché hanno cominciato ad acquistare immobili e aziende all'estero e a investire in tecnologia energetica come aerospaziale. Diversa è invece la realtà emiratina ed asiatica per chi è più giovane: vale la pena di fare un'esperienza a tempo determinato che spesso comincia con un colloquio di selezione fatto dall'Italia via Skype. assets.rbl.ms