2025-10-12
Il Lecornu bis lascia tutti scontenti. Macron abbandonato pure dai suoi
Sebastien Lecornu (Getty Images)
Oggi la squadra del nuovo governo, in tempo per approvare il bilancio entro domani. Ma i partiti si sfilano dal sostegno diretto. Il figlioccio politico del presidente, Attal: «Così dà l’impressione di volere solo il potere».Un esecutivo di tutti e di nessuno. Sébastien Lecornu, il primo premier della storia a guidare un governo numero 2 senza aver praticamente mai avuto un governo numero 1, si appresta a comporre un esecutivo che quasi nessun partito sosterrà convintamente. Rinominato primo ministro venerdì sera, dopo una inutile e grottesca giornata di suspense, il «monaco-guerriero» del macronismo, secondo la sua stessa autodefinizione, dovrà ora mettere insieme un puzzle a cui mancano fin troppi pezzi. Che maggioranza sosterrà Lecornu? A parte i MoDem di François Bayrou, nessuno appare particolarmente entusiasta della nuova avventura politica. Rassemblement national, la France Insoumise e i comunisti sono già apertamente sul piede di guerra. I Républicains, che avevano fatto saltare il banco dopo l’annuncio della prima squadra di Lecornu, hanno deciso per un «sostegno senza partecipazione». I socialisti sono titubanti: speravano di portare a casa il premier, ma così non è stato, e ora minacciano: «Non c’è alcuna garanzia di non censura» (la censura è l’equivalente della nostra sfiducia, con la differenza che in Francia il governo non deve obbligatoriamente ottenere il sì iniziale dell’Aula per entrare in funzione). Gli ecologisti sono quasi certamente orientati per una censura. Ma persino i super macroniani di Horizons ci stanno pensando: «Non ci saranno nostri ministri in un governo che mettesse mano alla riforma delle pensioni». Fra mille mal di pancia, è probabile che alla fine prevalga la famosa «responsabilità»: Parigi ha bisogno di approvare il bilancio entro domani. Difficile che qualche partito, all’infuori delle ali estreme e più bellicose, si prenderà la briga di far saltare i conti in modo così plateale. Quindi si procederà a tappe forzate: probabilmente oggi verrà annunciata la squadra di governo. Con quali ministri? Lecornu ha preteso come condizione che non vi fosse alcun pretendente all’Eliseo in vista delle elezioni del 2027. Questo taglia fuori, per esempio, il più volte ministro, nonché noto amicone dell’Italia, Gérald Darmanin, che punta apertamente alla poltrona da presidente. Ma, visti i veti incrociati e i vari sostegni esterni, è probabile che una certa quota di cariche sarà attribuita a ministri tecnici. Dopodiché domani, in fretta e furia, si chiuderà la questione del budget per il 2026. Passato quell’ostacolo, per l’esecutivo ci sarà una Dien Bien Phu dietro ogni angolo. Così come nell’occhio del ciclone il vento è più calmo, allo stesso modo, nel circo del macronismo calante, forse l’unico a salvare un minimo di dignità è proprio lui, Lecornu, il solo a provare una certa vergogna per la situazione. E così, ieri mattina, parlando con i cronisti, ha ammesso: «Penso che lo spettacolo che l’insieme della vita politica sta offrendo ormai da diversi giorni sia ridicolo». Vergognarsi è già un primo passo. Ma ricapitoliamo le tappe di questo pasticcio istituzionale che ha pochi eguali nella storia recente: il 9 settembre, Macron gli conferisce l’incarico, il 5 ottobre Lecornu presenta il suo governo, la mattina del 6 ottobre rassegna le dimissioni, la sera del 6 ottobre Macron gli chiede altre 48 ore di negoziazioni, l’8 ottobre il premier dimissionario annuncia che dopo altre 48 ore l’Eliseo nominerà un nuovo primo ministro e infine, il 10 ottobre, l’incarico finisce di nuovo nelle mani di colui che voleva togliere il disturbo.«Per essere completamente trasparente», ha spiegato ieri Lecornu, «non ho la sensazione che ci fossero molti candidati. Vi dirò, e l’ho detto ai francesi in televisione questa settimana: non ho un programma, non ho altra ambizione che uscire da questo momento, che è oggettivamente molto difficile per tutti. Quindi, mi do una missione abbastanza chiara». Ha poi aggiunto che il suo esecutivo non dovrà essere «prigioniero di certi appetiti di parte», né «imprigionato dai partiti». Una staffilata a Bruno Retailleau che aveva fatto saltare il suo primo tentativo? A domanda diretta, Lecornu ha negato: «Non mi sentirete mai parlarne male».Ma se almeno Lecornu ha dato l’impressione di rendersi conto del triste spettacolo reso all’esterno, Macron appare invece stolidamente blindato dietro la propria sicurezza. La stessa riunione con i partiti politici di venerdì all’Eliseo ne è la dimostrazione: una di quelle manifestazioni para monarchiche come piacciono a Macron, per di più estromettendo arbitrariamente due partiti di primo piano (Rassemblement national e La France insoumise). Uscendo dal summit, l’esponente ecologista Marine Tondelier ha sentenziato, riguardo al presidente: «Più è solo, più si irrigidisce sulla sua posizione iniziale. Finirà tutto male». La promessa fatta venerdì di una sospensione della riforma delle pensioni, provvedimento bandiera del macronismo, non ha sortito gli effetti sperati. La vaghezza con cui pare sia stata formulata la concessione non ha convinto nessuno. Uscendo dall’Eliseo, anzi, quasi tutti i leader dei partiti invitati hanno restituito l’immagine di un presidente fumoso, poco chiaro su tutti gli argomenti. Persino l’enfant prodige del macronismo, l’ex premier Gabriel Attal, parrebbe aver maturato uno sguardo critico sull’operato del presidente. Secondo le indiscrezioni riportate da Le Parisien, nell’incontro di venerdì Attal aveva parlato senza peli sulla lingua: «Il popolo si aspetta che lei rompa con le decisioni che prende da un anno». Dopodiché aveva suggerito alcuni nomi per la carica di primo ministro: Bernard Cazeneuve, Xavier Bertrand, Pierre Moscovici o Jean-Louis Borloo. «Il mio timore è che se lei riconferma Sébastien, tutti capiranno rapidamente che non cambia nulla in termini di metodo e penseranno che lei sta solo perseverando per restare al comando». Macron ha ascoltato in silenzio. Poche ore dopo, ha riconfermato Lecornu.
Volodymyr Zelensky (Ansa)