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2022-06-11
Orda del Garda, gli esperti francesi: «L'Italia sta facendo i nostri errori»
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Getty Images
Visti dalla Francia, gli attacchi delle orde di giovani di origine immigrata che, il 2 giugno scorso, hanno seminato il terrore a Peschiera del Garda sono un déjà vu delle cronache transalpine degli ultimi anni.
Ovviamente sono molto forti anche le similitudini con i recenti fatti della finale di Champions League. In quell’occasione dei branchi di giovani immigrati o di francesi di origine immigrata, hanno aggredito, derubato, ferito numerosi tifosi del Liverpool e del Real Madrid venuti a supportare le rispettive squadre allo Stade de France.
Secondo André Bercoff, noto giornalista e scrittore francese-libanese, questi fenomeni «non sono una novità per la Francia. Ciò che è cambiato sono le proporzioni». Negli anni del dopoguerra «le vecchie generazioni di immigrati nutrivano una sorta di desiderio di integrazione perché c’era lavoro e vivevamo nelle Trente Glorieuses (i decenni tra il 1945 e il 1975, ndr). In seguito, anche a causa della mancanza di lavoro, abbiamo assistito alla successione di crisi economiche e identitarie». Il giornalista - che negli anni Ottanta era vicino alle posizioni di François Mitterrand e Jacques Attali - ricorda che le polemiche legate all’imposizione di segni islamici non è nuova, «il primo episodio era stato quello chiamato dei “foulard di Creil”, nel 1989». In questa cittadina della banlieue parigina, tre studentesse musulmane delle medie contestavano il fatto di dover togliere il velo islamico in classe. La questione si era risolta permettendo alle ragazze di rimettere il velo non appena lasciati i locali scolastici. Per Bercoff - autore di vari libri non tradotti in italiano - «la popolazione musulmana, ovviamente, non è tutta islamista. Tuttavia, in Europa, permangono delle masse di popolazione che non si sentono europee. Questo perché si possono assimilare ad una società delle persone, non delle masse». Altri eventi storici prodottisi negli ultimi due decenni hanno contribuito a cambiare l’atteggiamento della società nei confronti dell’islam e viceversa. «Fino all’11 settembre 2001, se qualcuno si permetteva di lanciare un’allerta sui rischi legati all’islamizzazione veniva considerato come un fascista. È un po’ quello che è accaduto anche a Oriana Fallaci con il suo libro La rabbia e l’orgoglio. Ma già nel 1973, il libro di Jean Raspail Il campo dei santi era stato giudicato come reazionario. Ma la società non voleva guardare in faccia alla realtà, preferiva negarla».
Va detto però che non tutti gli attori della società hanno scelto ignorare il problema dell’immigrazione, alcuni hanno avuto piuttosto qualche difficoltà nel decifrare i codici culturali dei nuovi arrivati. Commentando per La Verità le razzie delle orde che hanno seminato panico allo Stade de France e a Peschiera del Garda, il geopolitologo e scrittore Alexandre Del Valle, ritiene che abbiamo assistito «a un fenomeno tipico della concezione tribale o da clan, diffusa nel Nord Africa». Per l’autore di numerosi libri sull’infitrazione islamista in Occidente - come Il complesso occidentale, Paesi Editore - «in quelle aree , se un individuo non fa parte del clan o non pratica la stessa religione, può essere attaccato, depredato, umiliato dal branco. Questo atteggiamento “giustifica” anche le violenze sulle donne non appartenenti al clan». Una volta arrivati in Europa, molti di questi immigrati applicano la griglia di valori dei loro Paesi d’origine «quindi» - continua Del Valle - «se vedono una donna libera ed emancipata, la considerano una donna dalle facili virtù che deve essere in qualche modo punita e sottomessa». Per il geo-politologo «l’immigrazione è una cosa seria, che dovrebbe essere preparata, invece di subire passivamente delle ondate di nuovi arrivi. Inoltre i migranti dovrebbero accettare, in maniera vincolante, i valori del Paese di destinazione».
Ma di chi è la «colpa» se in Francia e in Italia si verificano scorrerie come quelle della finale di Champions League e per la festa del 2 giugno? Secondo Bercoff, in Francia varie forze politiche hanno molte responsabilità. «Dei partiti, tanto di sinistra quanto di destra, hanno contribuito alla costruzione della situazione che viviamo. C’è chi l’ha fatto perché sosteneva l’internazionalismo e l’apertura delle frontiere, senza però vedere le specificità di questa immigrazione. Ma c’è anche chi lo ha fatto per mero calcolo elettorale sfruttando, tra l’altro, anche l’astensionismo crescente. Così, in certi casi, 10.000 voti sono stati sufficienti per vincere un’elezione. Non bisogna poi dimenticare che, nel 1976, il presidente Valéry Giscard d'Estaing ha introdotto i ricongiungimenti familiari e nel 1983, il presidente Mitterrand ha avviato il processo di demonizzazione di Jean-Marie Le Pen» divenuto così l’incarnazione di tutti i rischi, veri o presunti, di deriva antidemocratica. Anche per Del Valle, certi politici sono responsabili del caos attuale. «Nel 2005» - ricorda l’esperto - «le banlieue francesi hanno rischiato di esplodere» dopo la morte di due giovani che cercavano di sottrarsi a un controllo delle forze dell’ordine. «Per molte notti» - continua l’autore - vennero appiccati incendi in vari quartieri caldi. Per calmare la situazione, l’allora ministro Nicolas Sarkozy aveva chiesto aiuto ai Fratelli Musulmani, affinché concepissero una fatwa (condanna emessa dagli imam, ndr) contro chi appiccava incendi. In cambio, questo movimento islamista ha potuto avere una grande influenza sul Consiglio Francese del Culto Musulmano (Cfcm) creato proprio da Sarkozy». Questo è stato un errore fondamentale secondo Del Valle perché «i Fratelli Musulmani approfittano della debolezza delle persone per accrescerne il vittimismo. Inoltre, parlando di immigrati musulmani, molti di loro non conoscono veramente l’islam, quindi vengono indottrinati. In genere i Fratelli Musulmani condannano la violenza fisica, ma non esitano a scatenare delle guerre mediatiche o legali per tappare la bocca a chi li critica, accusandoli di islamofobia o razzismo».
Ma cosa dovrebbe fare l’Italia per evitare di commettere gli errori fatti dalla Francia negli ultimi quarant’anni? Alexandre Del Valle è chiaro «l’Italia non deve cedere sullo jus soli. Il vostro Paese rimane più efficiente nella lotta all’islamismo anche perché può espellere degli imam integralisti che non sono cittadini italiani. Ma se, grazie ad una abolizione dello jus soli, dovessero diventare italiani, la loro espulsione diventerebbe quasi impossibile».
Secondo André Bercoff comunque, il futuro ci riserverà delle sorprese anche nella strategia di lotta contro l’islamismo, ma non è detto che si scelga di percorrere la strada giusta. «Dopotutto - ricorda il giornalista - il covid ha dimostrato come si possono imporre delle pesantissime restrizioni delle libertà. Ma queste non vengono imposte agli spacciatori che controllano il territorio in certi quartieri caldi. Penso che ci troviamo ad un crocevia, tutto è possibile, in meglio ma anche in peggio».
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Il geopolitologo e scrittore Alexandre Del Valle: «L’Italia non deve cedere sullo jus soli. Il Paese rimane più efficiente nella lotta all’islamismo anche perché può espellere degli imam integralisti che non sono cittadini italiani. Ma se, grazie ad una abolizione dello jus soli, dovessero diventare italiani, la loro espulsione diventerebbe quasi impossibile».Visti dalla Francia, gli attacchi delle orde di giovani di origine immigrata che, il 2 giugno scorso, hanno seminato il terrore a Peschiera del Garda sono un déjà vu delle cronache transalpine degli ultimi anni.Ovviamente sono molto forti anche le similitudini con i recenti fatti della finale di Champions League. In quell’occasione dei branchi di giovani immigrati o di francesi di origine immigrata, hanno aggredito, derubato, ferito numerosi tifosi del Liverpool e del Real Madrid venuti a supportare le rispettive squadre allo Stade de France.Secondo André Bercoff, noto giornalista e scrittore francese-libanese, questi fenomeni «non sono una novità per la Francia. Ciò che è cambiato sono le proporzioni». Negli anni del dopoguerra «le vecchie generazioni di immigrati nutrivano una sorta di desiderio di integrazione perché c’era lavoro e vivevamo nelle Trente Glorieuses (i decenni tra il 1945 e il 1975, ndr). In seguito, anche a causa della mancanza di lavoro, abbiamo assistito alla successione di crisi economiche e identitarie». Il giornalista - che negli anni Ottanta era vicino alle posizioni di François Mitterrand e Jacques Attali - ricorda che le polemiche legate all’imposizione di segni islamici non è nuova, «il primo episodio era stato quello chiamato dei “foulard di Creil”, nel 1989». In questa cittadina della banlieue parigina, tre studentesse musulmane delle medie contestavano il fatto di dover togliere il velo islamico in classe. La questione si era risolta permettendo alle ragazze di rimettere il velo non appena lasciati i locali scolastici. Per Bercoff - autore di vari libri non tradotti in italiano - «la popolazione musulmana, ovviamente, non è tutta islamista. Tuttavia, in Europa, permangono delle masse di popolazione che non si sentono europee. Questo perché si possono assimilare ad una società delle persone, non delle masse». Altri eventi storici prodottisi negli ultimi due decenni hanno contribuito a cambiare l’atteggiamento della società nei confronti dell’islam e viceversa. «Fino all’11 settembre 2001, se qualcuno si permetteva di lanciare un’allerta sui rischi legati all’islamizzazione veniva considerato come un fascista. È un po’ quello che è accaduto anche a Oriana Fallaci con il suo libro La rabbia e l’orgoglio. Ma già nel 1973, il libro di Jean Raspail Il campo dei santi era stato giudicato come reazionario. Ma la società non voleva guardare in faccia alla realtà, preferiva negarla».Va detto però che non tutti gli attori della società hanno scelto ignorare il problema dell’immigrazione, alcuni hanno avuto piuttosto qualche difficoltà nel decifrare i codici culturali dei nuovi arrivati. Commentando per La Verità le razzie delle orde che hanno seminato panico allo Stade de France e a Peschiera del Garda, il geopolitologo e scrittore Alexandre Del Valle, ritiene che abbiamo assistito «a un fenomeno tipico della concezione tribale o da clan, diffusa nel Nord Africa». Per l’autore di numerosi libri sull’infitrazione islamista in Occidente - come Il complesso occidentale, Paesi Editore - «in quelle aree , se un individuo non fa parte del clan o non pratica la stessa religione, può essere attaccato, depredato, umiliato dal branco. Questo atteggiamento “giustifica” anche le violenze sulle donne non appartenenti al clan». Una volta arrivati in Europa, molti di questi immigrati applicano la griglia di valori dei loro Paesi d’origine «quindi» - continua Del Valle - «se vedono una donna libera ed emancipata, la considerano una donna dalle facili virtù che deve essere in qualche modo punita e sottomessa». Per il geo-politologo «l’immigrazione è una cosa seria, che dovrebbe essere preparata, invece di subire passivamente delle ondate di nuovi arrivi. Inoltre i migranti dovrebbero accettare, in maniera vincolante, i valori del Paese di destinazione».Ma di chi è la «colpa» se in Francia e in Italia si verificano scorrerie come quelle della finale di Champions League e per la festa del 2 giugno? Secondo Bercoff, in Francia varie forze politiche hanno molte responsabilità. «Dei partiti, tanto di sinistra quanto di destra, hanno contribuito alla costruzione della situazione che viviamo. C’è chi l’ha fatto perché sosteneva l’internazionalismo e l’apertura delle frontiere, senza però vedere le specificità di questa immigrazione. Ma c’è anche chi lo ha fatto per mero calcolo elettorale sfruttando, tra l’altro, anche l’astensionismo crescente. Così, in certi casi, 10.000 voti sono stati sufficienti per vincere un’elezione. Non bisogna poi dimenticare che, nel 1976, il presidente Valéry Giscard d'Estaing ha introdotto i ricongiungimenti familiari e nel 1983, il presidente Mitterrand ha avviato il processo di demonizzazione di Jean-Marie Le Pen» divenuto così l’incarnazione di tutti i rischi, veri o presunti, di deriva antidemocratica. Anche per Del Valle, certi politici sono responsabili del caos attuale. «Nel 2005» - ricorda l’esperto - «le banlieue francesi hanno rischiato di esplodere» dopo la morte di due giovani che cercavano di sottrarsi a un controllo delle forze dell’ordine. «Per molte notti» - continua l’autore - vennero appiccati incendi in vari quartieri caldi. Per calmare la situazione, l’allora ministro Nicolas Sarkozy aveva chiesto aiuto ai Fratelli Musulmani, affinché concepissero una fatwa (condanna emessa dagli imam, ndr) contro chi appiccava incendi. In cambio, questo movimento islamista ha potuto avere una grande influenza sul Consiglio Francese del Culto Musulmano (Cfcm) creato proprio da Sarkozy». Questo è stato un errore fondamentale secondo Del Valle perché «i Fratelli Musulmani approfittano della debolezza delle persone per accrescerne il vittimismo. Inoltre, parlando di immigrati musulmani, molti di loro non conoscono veramente l’islam, quindi vengono indottrinati. In genere i Fratelli Musulmani condannano la violenza fisica, ma non esitano a scatenare delle guerre mediatiche o legali per tappare la bocca a chi li critica, accusandoli di islamofobia o razzismo».Ma cosa dovrebbe fare l’Italia per evitare di commettere gli errori fatti dalla Francia negli ultimi quarant’anni? Alexandre Del Valle è chiaro «l’Italia non deve cedere sullo jus soli. Il vostro Paese rimane più efficiente nella lotta all’islamismo anche perché può espellere degli imam integralisti che non sono cittadini italiani. Ma se, grazie ad una abolizione dello jus soli, dovessero diventare italiani, la loro espulsione diventerebbe quasi impossibile».Secondo André Bercoff comunque, il futuro ci riserverà delle sorprese anche nella strategia di lotta contro l’islamismo, ma non è detto che si scelga di percorrere la strada giusta. «Dopotutto - ricorda il giornalista - il covid ha dimostrato come si possono imporre delle pesantissime restrizioni delle libertà. Ma queste non vengono imposte agli spacciatori che controllano il territorio in certi quartieri caldi. Penso che ci troviamo ad un crocevia, tutto è possibile, in meglio ma anche in peggio».
«The Hunting Wives» (Netflix)
Sophie O’Neill credeva di aver raggiunto lo status che più desiderava, quando, insieme al marito e al figlio, ha lasciato Chicago, la sua carriera, tanto invidiabile quanto fagocitante, per trasferirsi altrove: in un piccolo paesino del Texas, una bella casa nel mezzo di una comunità rurale, pacifica, placida. Credeva di aver scelto la libertà. Invece, quel nuovo inizio così atipico, lontano dai rumori della città, rivela ben presto altro, la noia, la ripetitività eterna dell'uguale. Sheila si scopre sola, triste, annoiata, di una noia che solo Margot Banks, socialite parte di una cricca segretamente conosciuta come le Mogli Cacciatrici, sa combattere. Sono i suoi rituali segreti, le feste, i ritrovi di queste donne a ridestare Sheila, restituendole la voglia di vivere che pensava aver lasciato nella ventosa Chicago. Sheila è rapita da Margot, e passa poco prima che la relazione delle due diventi qualcosa più di una semplice amicizia: un amore figlio della curiosità, della volontà di sperimentare quel che in gioventù s'è tenuto lontano. Il tutto, però, all'interno di una comunità che questo tipo di relazioni dovrebbe scongiurare. C'è il Texas repubblicano e conservatore, a far da sfondo alla serie televisiva, costruita - come il romanzo - a mezza via tra due generi. Da un lato, il dramma, l'intrigo amoroso. Dall'altro, il giallo, scoppiato nel momento in cui il corpo di un'adolescente viene trovato senza vita nell'esatto punto in cui sono solite ritrovarsi le Mogli Cacciatrici.
Allora, le strade narrative di Nido di vipere divergono. Sheila è colta nelle sue contraddizioni, specchio di una società di cui l'autrice e gli sceneggiatori cercano di cogliere l'ipocrisia. La critica sociale prosegue insieme al racconto privato di questa mamma di Chicago, coinvolta, parimenti, in un'indagine di polizia. Nega, Sheila, cerca di provare la propria innocenza. Ma il giallo fa il suo corso, e non è indimenticabile quel che è stato scritto: la storia di Sheila, il suo dramma di donna, colto tanto nell'esistenza individuale quanto in quella collettiva, non sono destinata a riscrivere le sorti della serialità televisiva. Eppure, qualcosa affascina in questa serie tv, passatempo decoroso per le vacanze imminenti.
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Ecco #DimmiLaVerità del 19 dicembre 2025. Ospite la vicecapogruppo di Fdi alla Camera Augusta Montaruli. L'argomento del giorno è: "Lo sgombero del centro sociale Askatasuna di Torino".