2020-07-06
«Franceschini non ascolta le gallerie d'arte: il nostro patrimonio artistico è a rischio»
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Parla Andrea Sirio Ortolani, gallerista e consigliere di Angamc (Associazione Nazionale Gallerie d'Arte Moderna e Contemproanea). «La burocrazia ci rallenta, la tassazione è penalizzante rispetto agli altri paesi europei. Abbiamo appena l'1% del mercato mondiale, mentre la Francia arriva al 7». La Siae? «E' un costo enorme per tutti coloro che lavorano con artisti che sono iscritti ad essa o soggetti al diritto di seguito».Calano i mercati di Stati Uniti, Cina e Regno Unito, anche per colpa della Brexit. In aumento invece la Francia con un giro d'affari di 4,2 miliardi di dollariLo speciale contiene due articoli Andrea Sirio OrtolaniIl ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini snobba le gallerie d'arte italiane che stanno affrontando come tante altre piccole e medie imprese l'emergenza sanitaria. «Gli abbiamo scritto una lettera per chiedere interventi immediati per rilanciare un settore che è stato duramente colpito dal lockdown. A New York si parla di almeno il 50% di gallerie a rischio chiusura nei prossimi mesi, non posso immaginare cosa potrebbe succedere da noi» racconta Andrea Sirio Ortolani, 40 anni, titolare di Osart Gallery, galleria d'arte a Milano, ma soprattutto consigliere di Angamc (Associazione Nazionale Gallerie d'Arte Moderna e Contemproanea). «L'emergenza sanitaria ha completamente cambiato il mercato, anche solo per lo spostamento delle opere da una parte all'altra del mondo. Di solito il mercato dell'arte si distingue in primario e secondario. Il primo riguarda gli artisti viventi che attraverso le gallerie si affacciano sul mercato. Il secondo è quello che coinvolge quelli deceduti e per lo più storici. In questo momento, in cui il mercato si volge maggiormente via web, le attenzioni sono soprattutto rivolte ad artisti conosciuti e di fama internazionale, perchè il cliente è molto più consapevole di quello che sta comprando a svantaggio del mercato primario e degli artisti emergenti che per la stessa essenza dell'opera deve essere maggiormente spiegato e divulgato attraverso mostre e cataloghi».Il ministro Franceschini cosa dice?«Franceschini non ci ha neanche risposto. Nella lettera abbiamo evidenziato questioni su cui insistiamo da anni».Ovvero?«Siamo piccole e medie imprese come tutte le altre. In Italia si registrano almeno 500 gallerie, con più di 10.000 posti di lavoro tra dipendenti, corniciai, curatori ed artisti e più di 5.000 mostre private organizzate ogni anno»Un settore che da sempre caratterizza il nostro Paese«L'Italia è la patria dell'arte, lo dice la storia. Ma potremmo fare molto di più. La burocrazia ci rallenta, la tassazione è penalizzante rispetto agli altri paesi europei. Non a caso al momento abbiamo appena l'1% del mercato mondiale, mentre la Francia arriva al 7»L'emergenza coronavirus non ha aiutato«Il lockdown è pesato tanto sulle gallerie che non hanno un mercato estero, ma in generale ha colpito più o meno tutti quanti, soprattutto chi non era competitivo sul digitale».Il governo di Giuseppe Conte ha fatto abbastanza?«Il Governo ha fatto esattamente quello che ha fatto per tutte le altre categorie che lavoravano nel commercio: poco o niente. La situazione è uguale per tutti».A Franceschini cosa avete detto?«Che non possiamo competere ad armi pari con altri in Europa. Non ce l'ho con la Francia, ma è evidente che è un paese favorito perché ha dazi di importazione che sono la metà dei nostri. Loro pagano il 5,5%, noi il 10, l'Inghilterra ha dazi al 5% ed immaginiamo noi del settore che con l'uscita dalla UE potrà ancor più diventate competitiva sul mercato internazionale di cui detiene già circa il 20% mondiale. Perchiudere una piccola nazione come la Svizzera distante 70 km da Milano, che ha una aliquota di importazione e di vendita del 7,8%, ad oggi ha il 2% del mercato mondiale ovvero il doppio di noi».E poi?«Abbiamo l'esigenza di avere un art bonus, un modo per incentivare le attività culturali e la costituzione di musei da parte di aziende private. Basterebbe dare la possibilità, come succede in svariate pari del mondo, alle aziende private di portare in bilancio un quadro, come accade anche per i beni strumentali. Se ci fosse questa possibilità potrebbero nascere molti musei, si potrebbe moltiplicare l'effetto già visto a Milano con la Fondazione Prada. Con l'art bonus si potrà beneficiare di un credito di imposta del 65% del bene acquisito».Quindi?«E' da analizzare la situazione delle aliquote Iva. Ad oggi esiste una forte disparità all'interno del mercato Italiano stesso: gli artisti hanno l'agevolazione di applicare il 10% come aliquota Iva per le loro cessioni mentre le Gallerie che sono gli intermediari sia economici che culturali devono applicare l'Iva ordinaria del 22%, in questo modo diventano sempre meno competitivi».Capitolo Siae«La Siae è un costo enorme per tutti coloro che lavorano con artisti che sono iscritti ad essa o soggetti al diritto di seguito. Il diritto di seguito viene applicato ogni qual volta viene eseguita una vendita al di fuori della prima eseguita dall'artista ed è quantificabile del 4% del valore dell'opera al netto dell'iva. Ad oggi noi galleria abbiamo un grosso problema perchè lavorando al regime del margine siamo soggetti addirittura ad una doppia imposizione del diritto di seguito». Un esempio?«Se tu mi consegni un opera e mi dai come limite di vendita 50.000 euro ed io riesco a venderla a 70.000 euro, io dovrò versare alla siae il 4% dei 50.000 ovvero 2.000 euro più il 4% della vendita al netto dell'iva cioè cira altri 2.500 euro. Detto del peso incredibile a cui siamo sottoposti e che questa regola colpisce artisti soprattutto europei. La cosa veramente incomprensibile è che c'è una deroga all'interno del codice che permette alle case d'asta di pagare il diritto di seguito una sola volta. Cosa ancor più grave in questo momento di lockdown che sta rendendo sempre più le case d'asta come delle gallerie visto che stanno sempre di più intensificando le vendite private».Quali possono essere le conseguenze?«Da una parte direi che se la situazione non cambia in fretta rischiamo in una delocalizzazione delle attività in paesi che permettono una maggior competitività sul mercato internazionale. Dall'altra un costante impoverimento del sistema delle gallerie italiane con il rischio che l'arte soprattutto contemporanea venga via via impoverita e spazzata via. Non dimentichiamoci che gran parte di quello che poi viene musealizzato prima è stato sorretto dal nostro sistema privato. Credo la perdita oltre economica sia soprattutto culturale e sociale, sarebbe un peccato veder scomparire un settore che tanto lustro ha dato al nostro paese».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/franceschini-non-ascolta-le-gallerie-darte-il-nostro-patrimonio-artistico-e-a-rischio-2646349901.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="stati-uniti-cina-e-regno-unito-si-spartiscono-un-mercato-da-64-miliardi-di-dollari" data-post-id="2646349901" data-published-at="1594049982" data-use-pagination="False"> Stati Uniti, Cina e Regno Unito si spartiscono un mercato da 64 miliardi di dollari Le vendite globali di arte e oggetti d'antiquariato hanno raggiunto una stima 64,1 miliardi di dollari nel 2019, in calo del 5% su base rispetto al 2018. Lo scrive l'ultimo report del 2020 di banca Ubs per Art Basel, una delle fiere più importanti al mondo nel settore..I tre principali centri del mercato restano gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Cina. Continuano a rappresentare la maggior parte del valore delle vendite globali nel 2019, sebbene la loro quota sia diminuita leggermente del 2% rispetto al 2018. Gli usa hanno sempre rappresentato il più grande mercato del mondo e rappresentano il 44% delle vendite globali. Le vendite sono diminuite 5% su base annua a 28,3 miliardi. La Brexit è pesata invece sul Regno Unito dove il mercato è diminuito del 9% nel 2019 a 12,7 miliardi: rappresenta 20% del mercato globale 5. Le vendite in Cina sono diminuite del 10% nel 2019 raggiungendo gli 11,7 miliardi. In controtendenza la Francia con vendite in aumento del 7% per un valore di 4,2 miliardi di dollari. Si stima che le vendite nel settore delle gallerie e dei rivenditori di arte abbia raggiunto i 36,8 miliardi nel 2019, in crescita del 2% sul 2018. I mercanti d'arte con fatturato tra 500.000 dollari e 1 milione sono quelli più in calo, mentre sono aumentati e quelli con vendite da 250.000 a $ 500.000 sono cresciuti il più al 17%. Trovare nuovi clienti è stata la più grande sfida del 2019, secondo Ubs. Si calcolano 310.810 imprese che operano nel mondo dell'arte e dell'antiquariato mercato nel 2019. Impiegano 3 milioni di persone, un dato relativamente stabile rispetto al 2018. In totale si calcolano oltre 2,7 milioni di persone impiegate nel mondo nel settore delle gallerie d'arte. Il 62% degli occupati in il settore è costituito da donne e il 56% ha meno di 40 anni di età. Le vendite delle case d'asta hanno raggiunto in 24,2 miliardi nel 2019, in calo del 17% rispetto all'anno precedente. Le opere vendute per oltre 1 milione di dollari rappresentato per il 55% del valore delle vendite all'asta. Diminuiscono del 39% invece le opere vendute per oltre 10 milioni do dollari. L'arte postbellica e contemporanea è quella che vanta la fetta più grande del mercato (53%). Le opere create negli ultimi 20 anni rappresentano il 23% delle vendite. L'online funziona, ma non abbastanza. Le transazioni web son state pari 5,9 miliardi di dollari nel 2019, con un calo del 2% e rappresentano il 9% delle vendite nel mercato.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)