2022-10-16
In Forza Italia è il momento delle colombe: si lavora a consultazioni senza strappi
Licia Ronzulli e Antonio Tajani (Imagoeconomica)
Gli azzurri sono ancora scossi e temono altri veti contro i senatori che si sono astenuti. Licia Ronzulli però è isolata e Antonio Tajani vuole mediare. Il suo posto agli Esteri sembra saldo.Dopo aver combattuto per una vita «il teatrino della politica» (definizione sua), Silvio Berlusconi ci è cascato dentro. Il primo a essere stupito e stizzito è lui, nel giorno di decantazione dopo gli sberloni dati e ricevuti in favore di telecamera, neanche la formazione del nuovo governo fosse un ring con sopra Nino Benvenuti e Carlos Monzon. La delusione di non essere più «l’uomo che dà le carte» è stata grande. Ma da comunicatore principe sa che il dualismo con Giorgia Meloni non porta nulla di buono, che i foglietti da quinta elementare sporcano la sacralità delle trattative e che è tempo di raccogliere le stoviglie rotte senza fare rumore. Per questo dentro Forza Italia è arrivata l’ora del freno a mano e lo slogan è: «Abbiamo vinto insieme, costruiremo l’esecutivo insieme, governeremo cinque anni insieme».Le rassicurazioni sono funzionali a smantellare l’ultima idea dei falchi: andare da soli in delegazione dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per le consultazioni. E soprattutto non indicare Giorgia Meloni premier. Era la minaccia dei più allarmati e scandalizzati - come il Cavaliere - per i tre no consecutivi della numero uno di Fdi (sul quarto ministero, sul nome di Licia Ronzulli e soprattutto su un forzista ipergarantista alla Giustizia). L’ipotesi nefasta è rimasta nell’aria, supportata dalla stessa Ronzulli, da Gianfranco Micciché e da Anna Maria Bernini, ma in queste ore sembrano avere la meglio le colombe come Antonio Tajani (che ha prenotato gli Esteri ed era contrario alla perdente prova di forza) e Paolo Barelli. Da via della Scrofa Raffaele Fitto (Fdi) indica la strada maestra agli alleati: «A differenza degli altri, noi siamo una coalizione che ha un programma di governo comune e ha fatto campagna elettorale insieme. Andare divisi non avrebbe alcun senso. Sarebbe come mettersi fuori dalla coalizione».Come avevamo anticipato, al di là del lodo Ronzulli il nodo chiave è quello della Giustizia. Berlusconi non ha ancora accantonato l’idea di vedere Elisabetta Alberti Casellati a via Arenula per orchestrare una riforma concreta e profonda del sistema giudiziario. Stima Carlo Nordio ma lo considera «un ex magistrato che mai si metterà contro quel potere per spirito di colleganza». Secondo lui servirebbe ben altro per scardinare privilegi e rendite di posizione, considerato anche l’approccio tiepido di Fratelli d’Italia sull’argomento. «È un problema irrisolto dai tempi di Gianfranco Fini, è l’eterno ritorno di un fantasma che arriva da lontano», spiffera un colonnello che frequenta Il quartier generale romano di Villa Grande, ex dimora di Franco Zeffirelli. Il leader azzurro è di nuovo a processo nello sconclusionato Ruby ter, teme il ripetersi della trappola della legge Severino e vorrebbe cautelarsi. Ma proprio questo motivo, chiamato «conflitto d’interessi» impedisce a Meloni di accontentarlo anche «per non essere ricattabile». Ed ecco spiegata la sua frase urticante.I nervi sono tesi per un nuovo rivolo di veleno: dall’inner circle meloniano trapela l’idea di far pagare lo sgarbo di Palazzo Madama eliminando i senatori aventiniani di Forza Italia da incarichi di governo. Quindi anche Maurizio Gasparri (indicato per la Pubblica amministrazione) e lady Bernini (papabile per l’Università). «Non accetteremo altri veti. Ora tocca a Meloni fare una mossa», spiegano dentro Forza Italia. Con Berlusconi silente, circondato da consiglieri inclini alla pacificazione come Gianni Letta, lo stesso Fedele Confalonieri. E la figlia Marina, che avrebbe rimproverato Ronzulli di avere esposto il leader a una poco edificante scaramuccia pubblica. Nei corridoi del palazzo dicono che l’anziano statista sia contrariato anche con Matteo Salvini (la parola sarebbe «traditore»), che avrebbe fatto asse con Meloni alle sue spalle ottenendo in cambio cinque ministeri pesanti. Nonostante i mal di pancia le trattative non si sono mai interrotte. Anche perché le scadenze premono: mercoledì verranno nominati i vicepresidenti di Camera e Senato, c’è la necessità di contrastare l’idea di Enrico Letta di presentare Alessandro Zan per contrapporlo con mossa da asilo infantile a Lorenzo Fontana. La sinistra ai macarons non riesce ad andare oltre il folclore. E a fine settimana si arriverà al possibile incarico dal Quirinale, quindi le caselle dovrebbero essere sistemate e condivise. Forza Italia spera che, con un atto di buona volontà, gli alleati tengano presente Alberto Barachini per la vicepresidenza del Consiglio con delega sull’Editoria e Letizia Moratti per il dicastero della Salute, l’unico che la convincerebbe a traslocare da Milano a Roma e a risolvere il rebus in Regione Lombardia. Per i capogruppo, al Senato è in vantaggio Ronzulli (alla voce risarcimento) e alla Camera Giorgio Mulè (alla voce competenza).«Quando avuta la notizia di Renzi e dei suoi e dei senatori a vita...». È l’ultimo (chissà) reperto grafologico fotografato sullo scranno di Berlusconi e viene interpretato come l’ammissione che il soccorso in Senato a Ignazio La Russa sarebbe arrivato da Italia viva. Per Forza Italia l’ex premier di centrosinistra è il convitato di pietra, pronto da subito a tentare gli scontenti e a fare il guastatore a favore del governo in cambio di posti nelle commissioni. «Non dare più le carte e non essere neppure l’ago della bilancia è insostenibile», dicono a Villa Grande i catastrofisti. È l’ora della pazienza e del giudizio. Berlusconi sa che ci sono tanti modi per tornare protagonisti.