2025-01-18
Massimo Foroni: «La nuova collezione unisce lusso sportivo ed eleganza innata»
Nel Riquadro, Massimo Foroni e Hong Boming
Il designer di Kb Hong, marchio del cinese K-Boxing: «Ci siamo ispirati alla Via della seta, con tessuti nobili ma anche innovativi»«L’abbigliamento maschile italiano è caratterizzato da uno stile elegante e raffinato e da una lunga storia di umanesimo ed estetica artistica che rappresenta anche un tesoro di ispirazione per il design del corrispettivo comparto cinese», sottolinea Hong Boming, ceo & creative directorCeo di K-Boxing, il maggiore marchio di abbigliamento da uomo in Cina, 4.000 dipendenti e oltre 700 distributori, classificato come uno dei «500 marchi più di valore in Cina» per 16 anni consecutivi e continua, considerato come «il marchio di valore superiore di abbigliamento business leisure da uomo in Cina». Non a caso, il valore dello stile del Belpaese è così apprezzato che K-Boxing ha scelto un designer italiano, Massimo Foroni, co-creative director di Kb Hong, la collezione lanciata dal gruppo nel 2020. Ed è proprio Foroni a raccontare la sua storia alla Verità. Come inizia la sua avventura in Cina? «Venni contattato da un cacciatore di teste che mi propose un colloquio con un brand cinese. Mi venne organizzato il viaggio per Shanghai, dove incontrai proprio il gruppo per il quale sto lavorando. Feci altri colloqui e dopo una settimana rientrai in Italia con due proposte di lavoro. Scelsi subito K-Boxing, che aveva più aspettative, guardava all’internazionalizzazione». Che accadde? «Volevano l’esclusiva e il trasferimento quasi immediato. Mi aiutarono con visti e permessi vari, così partii per la Cina, dove sono dal 2015». La moda è sempre stata nella sua vita? «Ho iniziato con una azienda che produceva per vari marchi importanti dove ho imparato a studiare il tessuto, basi che le scuole non ti danno. Il sogno era quello di entrare in un ufficio stile, e si avverò quando presentai il curriculum alla Gianfranco Ferré perché lo stilista cercava un assistente. Era il 1996. Ho fatto quattro colloqui e l’ultimo proprio con Ferré il quale mi chiese come ultima domanda se fossi stato in grado di creare una collezione completa. Risposi con onestà che non ce l’avrei fatta, ma dopo un’ora mi richiamarono, avevano apprezzato la mia onestà e umiltà. Ho iniziato nell’ufficio stile del Gff, la linea giovane per poi passare sulla prima linea fino al 2014 quando venne chiuso tutto». Cosa le è rimasto di quella esperienza? «Ho imparato tutto da Ferré, gran parte del suo gusto, capendo quelli che erano i suoi canoni di bellezza per farli miei pur mantenendo il mio dna. Era molto sofisticato e selettivo. Sgridava ma era capace di chiedere scusa, sapeva sempre porsi nel modo giusto». Dopo l’esperienza di Ferré cosa è accaduto? «Quando hanno messo tutti in cassa integrazione avevo in ballo un lavoro con lo stilista turco Umit Benan per poi arrivare a questa esperienza attuale». Come nasce la linea Kb Hong? «Mi hanno inizialmente testato e poi, durante una riunione, mi hanno chiesto una collezione più internazionale dandomi carta bianca, sia come materiali che proposte. La volontà di arrivare in Italia parte proprio per allargare gli orizzonti. La proprietaria rimase molto contenta, avevo centrato l’obiettivo. Una linea molto diversa da K-Boxing, è nata così Kb Hong con la quale siamo arrivati a sfilare a Milano. Prima volta nel 2020 con una presentazione al Museo del Novecento. Abbiamo sempre cercato luoghi emblematici della città come la Triennale e il teatro Alcione». Quali novità presentate alla Fashion Week in corso? «La collezione del prossimo inverno si ispira al periodo in cui il generale Zhang Qian della dinastia Han intraprende il suo viaggio verso Ovest per stabilire nuove connessioni. Questo percorso attraverso la Cina settentrionale, verso Dunhuang, uno dei principali incroci culturali sotto il deserto del Gobi, ha ispirato il concetto della Via della Seta, simbolo della trasformazione e dell’interazione tra queste due culture. La collezione unisce il lusso sportivo con un’eleganza innata, reinterpretando costruzioni tecniche sportive con la nobiltà artigianale che contraddistingue il Dna del brand. L’oriente si mescola all’Occidente. Tessuti nobili e tradizionali come lana, yak, cashmere e seta si uniscono a materiali tecnici e innovativi, come il nylon, il jacquard e le stampe». Crisi della Cina, come la vivete? «È vero che girando i grandi mall i negozi dei brand di lusso sono quasi sempre vuoti, tranne in alcuni periodi in cui determinati marchi francesi hanno la coda fuori. Ma il resto è il deserto. In Cina c’è una crisi economica e i ricchi stanno cercando di acquistare maggiormente i brand interni, preferiscono investire in altro e l’abbigliamento passa in secondo piano. Preferiscono viaggiare. Shanghai ha il 90% di macchine elettriche molto economiche e spendono maggiormente nella telefonia o nelle auto. Qualcosa subiamo anche noi, ma siamo un prodotto medio alto che non punta al lusso, abbordabile con prezzi accettabili. La gente s’è stancata di spendere cifre iperboliche per l’abbigliamento».
Cristian Murianni-Davide Croatto-Andrea Carulli