2020-11-06
Fornitori imposti agli ospedali. Così rallentano gli acquisti sanitari
Pochi giorni fa Domenico Arcuri ha dato il via libera alla compravendita del materiale sollecitato dai reparti in estate Però le strutture sono obbligate a rivolgersi a operatori scelti dal Commissario. Con ritardi e possibili rincari.«Se tutto va bene saremo pronti per la terza ondata». Negli ospedali italiani lo sconforto dura cinque minuti, poi le rockstar del virus (tipo l'ex katanga Massimo Galli) tornano in tv a terrorizzare la gente e i medici silenziosi tornano a lottare nei reparti e nelle terapie intensive. Sapendo che anche questa volta dovranno fare i miracoli per recuperare il tempo perso dal governo. Ora c'è la conferma protocollata che le operazioni cominciano con almeno due mesi di ritardo. «Pronti, ma per la terza ondata». La frase è dura e realistica, tutti i dirigenti sanitari hanno sulla scrivania una lunga lettera (16 pagine) che conferma l'irritante impotenza di palazzo Chigi. È il «Decreto di abilitazione e istituzione» dei fornitori di attrezzature mediche, di fatto il via libera alle centrali per gli acquisti di ciascun ospedale, con l'elenco delle 102 aziende che rientrano nel bouquet indicato dalla task force sanitaria e che devono essere contattate per l'approvvigionamento di 37 tipologie di materiali, da quello di anestesia a quello di fisioterapia, dai caschi per ventilazione ai defibrillatori, dai sistemi di aspirazione bronchiale alle pompe a siringa, dai sollevapazienti ai tavolini, dai ventilatori polmonari ai videolaringoscopi «per intubazioni difficili». Tutto ciò che serve. Il materiale per vincere la guerra al Covid. L'elenco è lungo, particolareggiato, ed è la sintesi delle richieste fatte dalle Regioni in estate. Al termine della lettura c'è una data di spedizione del documento che autorizza gli acquisti: 2 novembre 2020, quattro giorni fa. Mentre vengono chiuse Lombardia, Piemonte, Calabria e Val d'Aosta, mentre il ministro della Salute Roberto Speranza grida all'allarme rosso, il Paese della burocrazia continua a ballare il lento. E a firmare l'ordine scritto non poteva che essere il gran visir dell'immobilismo di Stato, il commissario straordinario Domenico Arcuri.Nel decreto sono contenuti alcuni passaggi temporali di questo minuetto babilonese. Il 23 luglio è stato nominato il responsabile del procedimento, Giancarlo Mastinu. Il 10 agosto è stata avviata una prima raccolta di informazioni alle Regioni «tramite questionario». E immaginiamo che a Ferragosto negli uffici ci fosse la ressa per compilarlo, il formulario. Nonostante la sospensione dell'esistenza agostana, entro il 17 settembre sono arrivate a palazzo Chigi tutte le richieste. Ma solo il 12 ottobre, dopo la ripresa massiccia dei contagi, l'ufficio di Arcuri ha «trasmesso una lettera di invito a tutti i 129 operatori economici che avevano manifestato interesse». Ventisette poi non saranno ritenuti ideonei. Sta di fatto che il 2 novembre, secondo un'unità operativa che evidentemente ha sede su Marte, arriva il via libera agli ospedali. Non per installare, non per posizionare, non per implementare. Ma per cominciare a comprare. Tutto tranne che i ventilatori polmonari, i quali dovranno essere obbligatoriamente forniti dallo Stato (pagina cinque, secondo punto del decreto).È il magico mondo di Arcuri, sono i tempi elefantiaci di Arcuri, che già durante la prima ondata era assurto ai più alti livelli di incompetenza. Se oggi alcune delle Regioni più economicamente strategiche d'Italia sono costrette a chiudere è anche perché a novembre, i materiali salvavita, sono ancora da comprare. Per fortuna del sistema sanitario e dei pazienti, molte astronavi della salute (soprattutto in Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Lazio) sono già attrezzate, hanno fatto i compiti senza bisogno che intervenisse il ministero, si sono indebitate per farsi trovare pronte, supportate dai fondi regionali. Il decreto ribalta una volta per tutte il ruolo di colpevoli e vittime, cavalcato sul territorio soprattutto dal Pd a difesa di un sistema centrale fallimentare. Quello sanitario che i dem vorrebbero rendere nazionale.Il documento complica la vita agli ospedali anche nel merito perché impone di fatto i fornitori, spesso sconosciuti sul territorio, con i quali è necessario cominciare da zero. Prendere contatti, informarsi sui parametri standard (c'è sempre una Procura in cerca di lavoro) e aprire una trattativa. Con il rischio concreto di pagare di più il materiale rispetto a quello dei fornitori abituali. Avocando a sé la spesa, Arcuri ha commesso un altro errore strategico; un acquisto che gli ospedali avrebbero potuto concretizzare il 10 agosto se finanziati direttamente, finirà per arrivare dopo Natale. Per i macchinari più complessi (quelli per i quali la produzione deve ancora cominciare) si parla della primavera 2021. Pur di gestire la pandemia esautorando le Regioni è stato introdotto un sistema sovietico. Con il risultato che il via libera per acquisti sollecitati in agosto è arrivato nel giorno dei morti. Oggi abbiamo la conferma ufficiale, ma tutto questo negli ospedali si sapeva da tempo. Eppure gli ordini provinciali dei medici, spesso sorprendentemente al fianco di Giuseppe Conte e pregiudizievolmente contro le Regioni, continuano a fare i pesci in barile. Pronti a contare i secondi di ritardo dei vaccini antinfluenzali che serviranno realmente a gennaio ma appiattiti, passivi, condiscendenti (quasi che le simpatie politiche fossero un discrimine sanitario) quando si tratta di giudicare l'operato del governo, di Speranza, di Sleeping Arcuri. Con una magra consolazione, nella terza ondata non ci batterà nessuno.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)