2025-08-05
Fondo Safe, tanto rumore per nulla. L’Italia si può finanziare da sola
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
La lettera di interesse, non vincolante, è stata spacciata per una corsa al riarmo.Non ci è bastata l’esperienza del Pnrr. Nemmeno quella del fondo Sure per contenere la disoccupazione durante il Covid. Debiti a carico della Repubblica italiana per finanziare spese decise a Bruxelles con termini e condizioni la cui gestione comporta un mare di (costosa) burocrazia.Da mercoledì scorso è in vista un altro strumento per finanziare questa volta spese in armamenti. Si chiama «strumento di azione per la sicurezza dell’Europa» (Safe), vale 150 miliardi di prestiti agli Stati membri per finanziare l’acquisto di un lungo elenco di armi e dispositivi per la Difesa. Partendo da munizioni, missili, sistemi di artiglieria, e terminando con risorse e servizi spaziali, Intelligenza artificiale e guerra elettronica.Martedì 29 luglio scadeva un termine, niente affatto vincolante ma meramente indicativo, entro il quale gli Stati membri avrebbero dovuto manifestare alla Commissione un generico interesse a utilizzare quello strumento e l’Italia, assieme ad altri 17 Stati, tra cui la anche la Francia e la Spagna, ha inviato la sua letterina a Bruxelles.Apriti cielo. Tra mercoledì e giovedì abbiamo letto di tutto. Da fantomatiche «richieste di adesione» a «richiesta di prestiti per le armi» e «riarmo con i fondi Ue, bilancio alleggerito».Nulla di tutto questo. Come detto la scadenza del 29 serviva solo a consentire alla Commissione di avere un’idea del potenziale interesse degli Stati membri e poter così organizzare le emissioni di titoli finalizzate a questo strumento. Ricordiamo infatti che la Commissione si finanzia sui mercati secondo ben prestabiliti piani comunicati con largo anticipo ogni semestre e le informazioni sul probabile tiraggio del fondo Safe concorreranno a determinare i piani di emissione per il primo semestre 2026, quando è previsto che ci saranno i primi pagamenti. Era altresì necessario conoscere almeno l’interesse degli Stati al fine di verificare la capienza dei 150 miliardi ed eventuali ipotesi di riparto, al momento non necessario. Infatti le ipotesi di utilizzo dei 18 Paesi si sono fermate a quota 127 miliardi, di cui 15 miliardi destinati all’Italia. Quindi - regolamento 1106 del 27 maggio alla mano - nulla di formalmente vincolante fino al 30 novembre prossimo. È infatti questa la data limite entro cui gli Stati membri dovranno presentare una formale richiesta alla Commissione, corredata da un piano molto dettagliato. Qui saranno indicate le tipologie di beni da acquistare, i fornitori (con l’essenziale condizione del 65% degli acquisti eseguiti presso fornitori Ue o ucraini), le modalità di esecuzioni degli appalti. Questo piano sarà oggetto di una proposta di decisione indirizzata dalla Commissione al Consiglio e di una decisione esecutiva di quest’ultimo. Dopodiché sarà stipulato il vero e proprio accordo di prestito e gli accordi operativi che ne disciplinano l’esecuzione. I pagamenti potranno essere eseguiti entro il 31 dicembre 2030, in più rate e in coerenza con lo stato di avanzamento della spesa. La stessa trafila del Sure e del Pnrr, che già oggi pesano sul debito pubblico per 103 miliardi.Quel piano non potrà non essere oggetto di esame da parte del Consiglio dei ministri e del Parlamento. Quindi nessuna operazione eseguita nottetempo. Ma se e quando questo accadrà, non si potrà prescindere dalle parole del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, che ha derubricato il Safe a «una fonte di finanziamento alternativa per finanziare delle spese d’investimento per la Difesa che in larga parte sono già previste e in itinere».Quindi non si discute di finanziamento per spese militari aggiuntive - come pure erroneamente si è sostenuto - ma delle modalità di finanziamento delle stesse. Come decidere se prendere un mutuo dalla banca X o Y, quando si è già deciso di acquistare una casa. Ed è su questo piano che si deve valutare l’affermazione di Giorgetti «se mi dite pago il 3,5% sul Btp o il 3% sul Safe, il ministro dell’Economia, se non è scemo, risponde: pago il 3% sul Safe e risparmio un po’ di interesse».Infatti, anche il mutuo ipotecario costa generalmente meno di un mutuo senza garanzie, salvo poi pagare rilevanti spese di istruttoria e ritrovarsi proprietari di un bene ipotecato.Ma nel calcolo di convenienza - come Giorgetti ci insegna - ci sono anche le condizioni e gli oneri che assistono quel prestito. Che è un vero e proprio strumento di «assistenza finanziaria» ai sensi dell’articolo 122 del Tfue (già utilizzato per il Sure) a disposizione di «Stati membri in difficoltà o seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo».Ora la Commissione si è letteralmente inventata una crisi (con i cosacchi sul punto di abbeverare i loro cavalli alla Fontana di Trevi) per giustificare l’attivazione di uno strumento giuridico su cui non sono mancate le perplessità dell’Europarlamento, ridotto ancora una volta a mero orpello. Ma, se dobbiamo stare alle parole di Giorgetti, poiché non sono in vista spese aggiuntive rese possibili dal fondo Safe - che invece è esplicitamente destinato ad «accelerare» e «migliorare» le spese militari -non si vede né la possibilità, né la necessità e la convenienza di ricorrere a uno strumento simile.Ci rifiutiamo di credere che al Mef, abituati a emettere titoli pubblici fino a 50 miliardi al mese, abbiano bisogno di 14 miliardi di prestito fino a 45 anni - con i relativi costi di burocrazia e onerose condizioni, capaci di annullare i pochi punti di tasso in meno - come se l’Italia avesse perso l’accesso ai mercati. Quale segnale si darebbe agli investitori?
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa del 30 settembre con Carlo Cambi