Lo stop a concimi e fertilizzanti voluto da Bruxelles e il calo dei consumi dovuti all’inflazione hanno messo in crisi l’ortofrutta. L’ultima trovata prevede l’etichetta ambientale per il cibo: disco verde per la polvere di grilli, disco rosso per carne e grana.
Lo stop a concimi e fertilizzanti voluto da Bruxelles e il calo dei consumi dovuti all’inflazione hanno messo in crisi l’ortofrutta. L’ultima trovata prevede l’etichetta ambientale per il cibo: disco verde per la polvere di grilli, disco rosso per carne e grana.Tutti i guai, almeno per l’agroalimentare, portano a Bruxelles che affossa i prodotti e fa il gioco delle tre carte con le etichette. Per via dei limiti incomprensibili imposti sull’uso dei fertilizzanti e dei concimi col Farm to Fork si sta perdendo l’ortofrutta italiana. Ieri il ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida ha riunito la filiera per metterci una pezza. Il presidente di Fruitimprese, Marco Salvi, è soddisfatto dell’impegno del Governo, ma resta preoccupato dell’andamento del mercato. I punti critici? Sempre gli stessi e portano dritti in Europa: calo dei consumi falcidiati dall’inflazione e soprattutto la politica green imposta dall’Ue. Oggi la Coldiretti guidata da Ettore Prandini va in piazza con i trattori a Cosenza nella giornata “sos frutta”. Già nel 2022 i fatturati delle imprese sono scesi in termini reali, ma sono i consumi che si stanno riducendo e i costi di produzione che si stanno alzando (oltre il 22% per nulla compensati dall’aumento dei prezzi più 8,5% comunque sotto l’inflazione) a determinare una crisi senza precedenti. Lo ha evidenziato Davide Vernocchi di Alleanza Cooperative: «Dossier comunitari, fortemente connotati dal punto di vista ideologico- riduzione fitofarmaci e norme sugli imballaggi - avranno un impatto rilevante sulle nostre imprese, già colpite dall’aumento dei costi energetici e delle materie prime». I risultati si misurano a ettari: le patate sono diventate introvabili (si è passati da 70 mila a 30 mila ettari) i pomodori sono merce rara (si è perso in un anno l’8,5% di superfice coltivata) e non va meglio con i frutteti. Ma a Bruxelles tirano dritto cercando di fare diventare la crisi agricola una questione di etichette. L’ultima è l’Eco-score. Anche questa, come il Nutri-score per adesso accantonato, ma che fa comunque parte del programma Farm to Fork, nasce in Francia. Con una fuga in avanti – tipo quella dell’Irlanda sulle etichette dissuasive dal consumo di vino incoraggiata dalla Commissione – Parigi si doterà dell’etichetta green entro quest’anno. Inutile dire che i primi sostenitori dell’ulteriore semaforo sono, come per il Nutri-score, i colossi della distribuzione (Leclerc, Auchan, ma anche la Metro tedesca) e le multinazionali della nutrizione. L’Eco-score qualifica i cibi in rapporto al loro impatto ambientale. Come al solito la polvere di grilli o le bibite energetiche hanno disco verde, la bistecca, il prosciutto o il Grana hanno disco rosso. I primi a contestare l’Eco-score sono i produttori di biologico (gli stessi che il Farm to Fork vorrebbe incentivare) che sostengono: serve a dare una patente verde ai prodotti delle multinazionali, in danno di ciò che veramente è naturale. Perciò l’Ifoam, la più vasta associazione europea di produttori biologici, ha denunciato l’Eco-score alla Corte di Giustizia chiedendo che venga vietato per i prodotti alimentari. Preoccupatissimo è il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino. Sottolinea: «L’algoritmo dell’Eco-score, che è stato sviluppato dal ministero dell’Ambiente francese con alcune Ong, dimentica che la sostenibilità non è solo un fatto ambientale, bensì anche economico e sociale».Se Eco-score e Nutri-score dovessero mai andare insieme sulle confezioni la confusione per il consumatore sarebbe massima e il danno d’immagine per le produzioni italiane immenso. La giustificazione dell’Ue è sempre la stessa: difendere i consumatori e l’ambiente. Così si è pensato che per combattere lo spreco alimentare si può allungare la vita dei cibi scaduti. Comparirà perciò sulle etichette la dicitura «spesso buono oltre» da aggiungere a quella attuale «da consumare preferibilmente entro». Però così si mina la percezione di qualità dei prodotti in assenza peraltro di norme rigide sulla conservazione. È l’ennesimo approccio ideologico della Commissione che ha raggiunto il massimo concedendo il marchio Igp (indicazione geografica protetta) anche ai prodotti non alimentari. Bene che anche l’artigianato abbia un marchio europeo, però in questo caso la Commissione – come fa notare Cesare Baldrighi presidente di Origin che riunisce i consorzi di tutela italiani - fa una confusine enorme; penalizza i prodotti italiani dell’agroalimentare e soprattutto smonta il meccanismo che è alla base dei marchi europei: la certificazione da terzi. Le industrie che useranno il marchio IG non alimentare possono infatti autocertificare il rispetto del disciplinare. Così grazie a Bruxelles domani mangeremo in una tazza prodotta in Bangladesh, ma dichiarata di Limoges, un falso yogurt scaduto ma «spesso buono» perché prodotto con la soia transgenica che ha il bollino verde ambientale e del Nutri-score, al posto di una introvabile macedonia di frutta italiana con la panna – da bollare col semaforo rosso – fatta col latte delle Brune alpine che pascolano in montagna, ma sono «nemiche dell’ambiente». E poi la chiamano politica agricola verde.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)
L’aggressore è un gambiano con una lunga fila di precedenti, però si era visto accordare la protezione speciale per restare in Italia. I clandestini sono 50 volte più pericolosi, ma sinistra e magistrati legano le mani agli agenti.
Vittime sacrificali di criminali senza pietà o effetti collaterali della «inevitabile» migrazione di massa? In questo caso il grande abbraccio che tanto intenerisce la Cei si concretizza con un pugno, una bottigliata, un tentativo di strangolamento, qualche calcione mentre era a terra, sputi, insulti. «Mi diceva che mi avrebbe ammazzata», scrive sui social Stephanie A., modella di origini brasiliane, aggredita lunedì sera nello scompartimento di un treno regionale Trenord della linea Ponte San Pietro-Milano Garibaldi, nella zona di Arcore. La giovane ha postato gli scatti dei colpi subìti ma anche alcune foto che ritraggono l’aggressore, fondamentali per identificarlo. Il suo appello non è caduto nel vuoto.





