2023-08-31
Flavio Favelli, la sua arte in mostra a Cortina d'Ampezzo
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È un progetto speciale dell’artista contemporaneo fiorentino Flavio Favelli quello in mostra (sino al 10 settembre 2023) negli spazi della galleria Farsetti Arte a Cortina d’Ampezzo. Tra curiosi collage e originalissimi assemblaggi, l’esposizione, intitolata non a caso Lessico Americano, vuole essere un suggestivo e immaginario percorso nella società del consumo.Assemblaggi di lattine pressate e adombrate da sfumature di colori spray, collage di francobolli e loghi coloratissimi, involucri di cioccolatini, compressioni di suppellettili e oggetti in silver plated, persino incarti di gomme Brooklyn fissate su pannelli. Sono questi gli originali lavori di Flavio Favelli, fra le figure più interessanti del panorama artistico contemporaneo, opere che ad un primo sguardo comunicano un senso di preziosità, ma ad un esame più attento si rivelano caratterizzate dall’impiego di materiali volutamente dozzinali, derivanti dal mondo dell’industria e dei mercatini dell’usato, anche se ammantati di pellicole patinate, dorature o stagnole luccicanti oro e argento, che le fanno sembrare altro. Opere apparentemente semplici, ma che in realtà, in un rimando continuo di aneddoti, ricordi, fascinazioni e ossessioni, rivelano un mondo ben più complesso: il dualismo fra «l’essere» e «l’apparire», la «forma » che copre la «sostanza», quella spasmodica tensione verso l’«Eldorado» (tipica soprattutto di arricchiti e parvenus) che si palesa proprio mediante l’imitazione - e sottolineo, imitazione - del materiale più nobile. Pur essendo lontano dalle motivazioni della Pop Art americana, Favelli ne riprende i codici - serialità, ripetizione, reiterazione - e li fa propri, in una rilettura originale e del tutto personale: il risultato è quel Lessico Americano in mostra a Cortina d’Ampezzo, una raccolta di opere che, come ha scritto Franceco Guzzetti (professore di storia dell’arte contemporanea all’Università degli Studi di Firenze) nel testo del catalogo che accompagna l’esposizione, « …raccontano l’inevitabile impatto del mondo americano sull’Italia. La trama della storia personale di Favelli si intreccia con l’ordito della vicenda generazionale e collettiva di chi è cresciuto nell’Italia del passaggio dagli anni Settanta agli Ottanta e ha memoria della storia culturale, sociale ed economica del Paese da quel momento in poi».La Gomma del Ponte e le lattine compresseFra i lavori esposti, a colpire il visitatore sicuramente la serie di collage di cartine della Brooklyn ( la famosa gomma del ponte ), riflessione sul potere seduttivo del brand commerciale tradotta in una forma d’arte, di cui Favelli ne descrive così la genesi :«Ho trovato quelle cartine per puro caso. Sono originali degli anni Ottanta. Sono proprio tra le merci più reiette, carte destinate da sempre ad essere immediatamente buttate. Quelle che ho usato si sono salvate, perché avevano il retro di alluminio. Un collezionista di monete aveva usato l’incarto di alluminio per non fare ossidare le monete, per questo motivo si sono salvate. Quando le monete sono state prese e tolte dai rispettivi involti, sono rimaste queste cartine introvabili, pura archeologia. Io ho tolto l’alluminio dal retro e ho tenuto la velina colorata. Sono colorate con nomi pop americani: Cherry, Ananas, Liquorice… ».Come per gli involucri delle chewing gum, anche delle lattine Favelli ne coglie la preziosità e la poeticità: le condensa, le comprime, le lavora, le colora. E le trasforma in opere d’arte. Più di 200 lattine per ogni composizione e ciascun’opera è come un lingotto, un archivio storico di marchi notissimi (Coca Cola, «l’essenza della società americana» in primis) e semi sconosciuti, a volte racchiusi in una cornice (altro elemento ricorrente in Favelli), che, come un abito, delimita, valorizza e caratterizza l’opera, lattina, suppellettile o collages che sia… L’ Antica Funivia BelvedereSe le cornici valorizzano le opere, a valorizzare tutta la mostra i luminosissimi spazi della Farsetti Arte, un polo espositivo di oltre 300 metri quadrati che occupa i locali di partenza dell’antica Funivia Belvedere, la prima funivia di Cortina, inaugurata nel settembre del 1925 e chiusa nella primavera di mezzo secolo dopo. Ampie, trasparenti vetrate chiudono i luoghi che nell’edificio originale erano aperti e, come fossero trompe l’oeil naturali, mostrano uno spettacolare panorama senza creare ostacoli allo spazio espositivo. Vedere per credere…
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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