2022-10-22
Finocchiona, il salame dei vignaioli furbi
I contadini davano da mangiare il salume toscano con i semi di finocchio ai compratori di vino quando questo non era granché. Figlia del Medioevo, si credeva tenesse lontani gli influssi maligni. Machiavelli ne era ghiotto. Farinetti vendeva quella made in Usa.Se acquistate vino da un contadino toscano, state con le orecchie tese, non fatevi infinocchiare. Spiega il Dizionario completo degli insulti di Marco Zanni (Baldini&Castoldi, 2000): «Infinocchiato: chi è stato fregato, abbindolato, chi è stato vittima di un grosso raggiro. Il termine deriva dalla finocchiona, salume che contiene semi di finocchio, che i contadini erano soliti dar da mangiare ai compratori di vino quando il vino non era granché. L’aroma del finocchio non consentiva di riconoscere i difetti del vino e così il compratore veniva fregato con la finocchiona, dunque infinocchiato». Il giudizio fa di ogni erba un fascio e l’aneddoto risale all’Ottocento quando non sempre il «vino del contadino» era sincero. Attenzione, però, a non coinvolgere, condannando l’imbroglio, peccatore e peccato: il contadino birbaccione e l’innocente finocchiona. La quale è, sì, un peccato, ma di gola. Squisita com’è, è un piacere farsi da essa infinocchiare.L’infinocchiato e la finocchiona abitavano in Toscana secoli prima dell’Ottocento. Nel 1612, la prima edizione del Vocabolario della Crusca testimoniava la presenza di una salsiccia con i semi di finocchio e spiegava la definizione di infinocchiare: «Dare ad intendere altrui una cosa per un’altra». Ma esistono fonti storiche che testimoniano che molto prima del Seicento i villici dei contadi toscani mangiavano di gusto il salume con i semi di finocchio e si facevano infinocchiare dai furbi e dai ricchi che mangiavano la finocchiona altrettanto di gusto.È un po’ (tanto) stiracchiata l’ipotesi che la finocchiona risalga al tempo degli Etruschi solo perché Plinio e altri autori latini raccontano quanto erano bravi i norcini dell’Etruria ad allevare e a trasformare i maiali. La finocchiona è figlia del medioevo e della povera civiltà contadina che alla mancanza di denari sopperiva con ciò che offriva la natura. Il pepe ed altre spezie costavano un’esagerazione? I salsicciai dell’epoca mescolavano all’impasto di carne di maiale i semi del finocchietto selvatico (Foeniculum vulgare) che in Toscana cresce abbondantemente sui colli dall’aretino al grossetano e non costa nulla: infinocchiavano i salumi in inverno col freddo per conservare a lungo le carni, per poi infinocchiare l’odorato e il gusto nella stagione calda quando l’insaccato iniziava a mandare una puzzetta di marcio. I semi selvatici non venivano usati per conservare, ma per condire, per far accettare al palato il salume in fase di deterioramento. C’era forse una ragione (molto) secondaria? Nel medioevo il finocchio era ritenuto una pianta apotropaica, capace, cioè, di allontanare gli influssi maligni. Non poteva essere rassicurante tenere in cantina la finocchiona scaccia-malocchio? Un po’ come l’aglio con i vampiri. Mah...Qualche studioso della gastronomia toscana, più partigiano che storico, avanza l’ipotesi che Niccolò Machiavelli fosse ghiotto di finocchiona. La congettura si basa su un passo dell’epistola indirizzata (1513) dall’autore del Principe all’amico Francesco Vettori, ambasciatore fiorentino alla corte papale di Leone X. Nella lettera scritta dall’Albergaccio, podere a una dozzina di chilometri da Firenze, Machiavelli racconta che all’ora del desinare «con la mia brigata mi mangio di quelli cibi che questa povera villa e paululo patrimonio comporta». Mangiava, cioè, gli stessi cibi dei contadini che, probabilmente, venivano serviti anche nell’«hostaria» dove andava ad ingaglioffirsi dopo pranzo «giuocando a cricca, a trich-trach» con l’oste, il beccaio, il mugnaio e due fornaciai. Di qui il due più due fatto dagli studiosi: se la finocchiona nel Cinquecento era cibo popolare e d’osteria significa che nel menu quotidiano di Machiavelli c’era la finocchiona.Per trovare nel Cinquecento qualcosa di più preciso bisogna attendere lo scrittore fiorentino Anton Francesco Grazzini, detto il Lasca. Racconta Francesco Seghi, direttore del Consorzio di tutela della Finocchiona Igp, Indicazione geografica protetta, cui fanno riferimento 44 produttori di otto province toscane su 10: «Grazzini loda la salsiccia con finocchio fatta e mangiata a Firenze. Il che dimostra che la finocchiona era già entrata nella società fiorentina del tempo e nella storia della Toscana. L’insaccato è arrivato fino a noi fino ad ottenere il prestigioso marchio dell’Igp dal Ministero delle politiche agricole e dall’Europa». Che il Consorzio di tutela della Finocchiona Igp (www.finocchionaigp.it) la proclami «regina dei salumi toscani» è normale, è come difendere la mamma. Ma il giudizio è di parte. Senza togliere regalità alla finocchiona è giusto sottolineare che nel reame dei salumi toscani ci sono altre teste coronate: il prosciutto di cinta senese Dop, il Lardo di Colonnata Igp, la salsiccia di cinghiale maremmano, la sopressata, la mortadella di Prato la quale, oltre ad essere Igp, è anche presidio Slow Food. Tutti prodotti tipici difesi con pari dignità da Buyfood Toscana, evento dedicato ai prodotti d’eccellenza della regione.Curiosamente il ministero nel disciplinare della finocchiona accenna a «documenti che riportano riferimenti a vario titolo del prodotto fin dal Quattrocento», ma non dice quali. Eppure uno che parla di salsicce infinocchiate e di spasimanti infinocchiati è Luigi Pulci (1432-1484) poeta fiorentino amico di Lorenzo de’ Medici. Al Magnifico che aveva scritto il poemetto amoroso Nencia da Barberino, Pulci rispose con una parodia in versi: Beca da Dicomano. In essa ironicamente contrappone alla bella Nencia un’altra contadinotta del Mugello, Beca, bassa di statura, zoppa e baffuta, eppure circondata da spasimanti. Riferendosi a questi Pulci scrive: «tu gli 'nfinocchi come le salcicce/ e coll’occhietto gli vai infinocchiando». Non è forse una testimonianza della finocchiona ante Grazzini, ante Crusca e prima di tutti i vocabolari ottocenteschi citati da ministero e Consorzio?Strettissima parente della finocchiona è la sbriciolona, fatta suppergiù con gli stessi ingredienti. Ruggero Larco, accademico della cucina, scrive su Civiltà della tavola: «Per chi si trovi a voler comprare la finocchiona, soprattutto se non fiorentino, può sentirsi chiedere se la vuole «sbriciolona». Ebbene, la sbriciolona è un salume sempre a base di semi di finocchio, ma è un insaccato a grana decisamente grossa, stagionato al massimo un mese, e che al taglio, appunto, si sbriciola». Parenti, ma di consistenza diversa: la finocchiona si può tagliare a fette sottili come il salame, la sbriciolona, più morbida della sorella, vuole fette da un dito di spessore. Entrambe vanno sposate col pane sciocco toscano, marito perfetto, e abbinate al vino toscano giusto. Ma quale, se abbiamo detto che i semi di finocchio anestetizzano il palato? Marzia Morganti, giornalista toscana, sommelier Ais, suggerisce: «La finocchiona è diversa, si è modernizzata e s’abbina bene col vino. Consiglierei vini giovani: un Rosso di Montalcino, il Vin Ruspo di Carmignano, fresco e giovane. Di compagnia».Purtroppo l’autentica finocchiona toscana è danneggiata negli Usa dal protezionismo doganale e da un falso alimentare: c’è una Finocchiona prodotta nel New Jersey che di italiano ha solo il suono. Contro i falsi e gli ingiusti dazi americani s’è levata la voce di Paolo Petroni, presidente dell’Accademia italiana della cucina, istituzione culturale della Repubblica Italiana, presente in tutto il mondo con le sue delegazioni. Petroni in un editoriale su Civiltà della tavola (novembre 2019) difende i prodotti italiani invitando il governo e la Comunità europea a intervenire. Conclude il pezzo tirando ironicamente in ballo chi predica bene il Made in Italy, ma razzola male: Oscar Farinetti e la sua (allora lo era) Eataly: «In attesa c’è chi ha risolto il problema. Eataly, a New York, è orgogliosa di mettere in vendita il salame di Varzi e il salame di Felino prodotti nello Utah e la finocchiona prodotta nel New Jersey. Complimenti!»
Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)