2024-11-08
Femministe e Cei furiose con le donne perché hanno osato votare per Trump
Il popolo femminile se n’è infischiato di woke e gender. Liberal (e cattolici!) di casa nostra inviperiti: «Siete delle traditrici».Le donne non hanno obbedito, maledette siano le donne. E dire che ci si era messa persino Julia Roberts a invitare le signore bianche a «tradire i mariti»: se loro votano Trump, voi scegliete Harris. Non ha funzionato: circa il 52% dell’elettorato femminile bianco ha preferito Donald. A mobilitare le ragazzine ci doveva pensare un pezzo da novanta, Taylor Swift: i democratici si aspettavano che si accodassero dietro la cantante come i topi col pifferaio magico, pronte a scegliere Kamala per garantirsi i «diritti riproduttivi». Di nuovo, è andata male. Persino tra le nere Trump ha preso più voti rispetto al passato.Probabile che le donne, queste incoscienti, non abbiano letto a fondo quanto aveva scritto la giornalista premio Pulitzer Nikole Hannah-Jones sul New York Times, e cioè che le donne bianche avrebbero dovuto allearsi con le nere: «Se davvero Harris diventasse la prima donna a rompere la linea ininterrotta di 235 anni di uomini che salgono alla carica più alta del paese, potrebbe essere perché le donne bianche fanno qualcosa per cui hanno lottato a lungo: allineare i loro interessi con quelli delle donne nere», spiegava Hannah-Jones. «In un’elezione in cui la nostra stessa democrazia potrebbe essere a rischio, la posta in gioco non potrebbe essere più alta. La storia ci mostra che i progressi verso l’uguaglianza dei diritti in questa nazione possono realizzarsi quando le donne bianche si uniscono agli afroamericani per combattere per una causa comune». Beh, la causa comune in parte è stata combattuta, ma era quella di Trump, cosa che ha mandato su tutte le furie le commentatrici progressiste, soprattutto quelle di casa nostra, le quali si sono inferocite con «le donne che hanno votato contro le donne». Natalia Aspesi ieri, oltre a augurarsi che a Trump venisse l’Alzheimer, si disperava per il «tradimento delle giovani nere», gridava contro le donne «che non hanno votato la donna che pareva votata a difenderle», ma hanno premiato «un uomo orribile, dal viso inguardabile, villanissimo». Maria Laura Rodotà invece bastonava le donne con «un bel po’ di misoginia interiorizzata» che contribuiscono a rendere gli Usa una nazione «neo-vetero-patriarcale». Sfugge alle illustri firme che se le donne votano a maggioranza per un candidato, allora quel candidato è ciò che «le donne vogliono», anche se non piace a Repubblica. Questa è la democrazia liberale, e fino a prova contraria è al gruppo sociale che spetta di stabilire quali siano i suoi interessi, non a qualche supervisore esterno sedicente illuminato. I liberal nostrani avevano stabilito che massimo interesse della popolazione femminile dovesse essere il «diritto all’aborto». Ma poiché la gran parte delle donne americane si è dimostrata interessata ad altro o in qualche caso addirittura pro Life, ecco che si accusano le signore statunitensi di essere irrazionali, incapaci di fare il proprio bene. La stessa accusa, a ben vedere, viene estesa alla maggioranza degli americani, colpevole di aver votato Trump. Particolarmente suggestive, a tale riguardo, sono alcune analisi provenienti del mondo cattolico. Il noto economista Stefano Zamagni, per dire, sostiene che ora gli Stati Uniti finiranno nelle mani dei super ricchi, degli esponenti del nuovo capitalismo oligarchico della Silicon Valley. A suo dire, ciò dimostra che la democrazia è in crisi e che bisognerebbe «tornare al fondamento della democrazia, ovvero al governo del popolo per il popolo». Interessante, anche se a noi risultava che il governo del popolo prevedesse appunto il voto, e in effetti gli americani hanno votato. Ma se il popolo vota male, cioè a destra, allora bisogna dire che la democrazia è in pericolo. Proprio come fa, su Avvenire, Giorgio Ferrari sfoderando toni apocalittici gustosissimi. Sentite che afflato: «Scende la notte sulla democrazia americana. La vittoria straripante di Donald Trump cambia antropologicamente oltre che politicamente la bussola della politica trasformando il Paese in un’oligarchia liberale, una società tecno-liberista, guidata da oligarchie miliardarie e onniscienti, crepuscolo di quell’idea di democrazia partecipativa che il preambolo della Costituzione americana con il suo We the People proclamava orgogliosamente in ossequio al monito di Montesquieu». Ah, che meraviglia: la gente vota ma è la notte della democrazia, ha vinto Trump dunque al governo ci saranno i tecno-liberisti. Sfugge, agli amici di Avvenire, che i miliardari comandano negli Usa da anni, e così i tecno-liberisti. Bill Gates, giusto per citarne uno, è un signore con parecchi addentellati, Mark Zuckerberg si è fatto ordinare da Biden di censurare le notizie su Ucraina e Covid: questo per la democrazia è un pericolo o no? Per Avvenire sembra di no.Pare di capire che al giornale dei vescovi tifassero Kamala, alla faccia delle posizioni di papa Francesco sui «sicari» che praticano aborti. A quanto pare, alle donne americane dei «diritti riproduttivi» interessa poco, in compenso a essere molto interessati al tema sono gli editorialisti cattolici e i prelati, i quali con tutta evidenza preferivano l’orda woke al perfido conservatore Donald. Meglio gli abortisti e i fautori del gender che Trump: legittimo, per carità, ma patetico. Si vede che qualcuno in zona Cei non solo non conosce il funzionamento della democrazia, ma conosce poco pure il catechismo.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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