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2020-05-03
Fase due sui migranti: li andiamo a prendere
Ansa
Benvenuti nella «fase due» dell'immigrazione: adesso i migranti li vanno a prendere direttamente le navi italiane, senza aspettare l'intervento delle Ong. Ieri mattina la Guardia costiera e la Guardia di finanza hanno recuperato un gruppo di stranieri a bordo di una barca partita giovedì notte da Sabratha in Libia. In tutto erano 69: 61 provenienti dal Bangladesh, 4 dal Sudan, due dal Gambia e unna donna dal Marocco. Solita trafila: il barcone ha preso il mare e ben presto alle autorità italiane è arrivata la segnalazione da parte di Alarm Phone, organizzazione sempre informatissima sulla presenza di navi cariche di immigrati alla deriva ne Mediterraneo.
Questa volta, dicevamo, non c'è nemmeno stato bisogno che fossero i tassisti del mare a intervenire. Sono partite le vedette italiane, e nella mattinata di ieri i 69 stranieri sono sbarcati a Lampedusa. Ora verranno inseriti nel sistema di accoglienza. Tutto normale, tutto tranquillo: come se l'emergenza Coronavirus non esistesse. A quanto pare, almeno sul versante migratorio, la «vita di prima» non si è mai interrotta. Infatti il governo si comporta che se niente fosse, anzi si vanta dei meravigliosi risultati ottenuti.
Giovedì il capo del Dipartimento libertà civili e immigrazione, Michele Di Bari, è stato audito dalla Commissione Schengen e ha snocciolato percentuali per dimostrare che sono calati i cosiddetti «sbarchi fantasma», cioè gli arrivi di stranieri a bordo di piccole imbarcazioni autonome. «Nel 2018 in percentuale il 93% degli sbarchi erano autonomi e il 7% erano quelli in area Sar, cioè soccorsi, nel 2019 c'è una inversione di tendenza con l'80% di sbarchi autonomi e il 20% Sar, e nei primi 4 mesi dell'anno 2020 il 51% è stato di sbarchi fantasma e il 49% sbarchi Sar», ha detto Di Bari. «Ciò sta a dimostrare che la situazione degli sbarchi è un fenomeno presente ma che ultimamente gli sbarchi autonomi sono diminuiti, come è diminuita la presenza dei migranti nei centri di accoglienza, che da 130.000 nel 2018 sono giunti, al 28 aprile scorso, a 85123».
Quest'elenco di cifre è un perfetto esempio di gioco delle tre carte. Basta dare uno sguardo ai dati forniti dal Cruscotto statistico giornaliero del Viminale per rendersi conto che, da quando è in carica il governo Conte Bis, gli sbarchi sono tornati ad aumentare. Al 30 aprile del 2019, in Italia erano approdati 779 migranti. Al 30 aprile del 2020 erano 3.465. La crescita è del 345%, altro che diminuzione. A fare un po' di calcoli, ieri, ci si è messo anche Matteo Salvini: «Ad aprile 2020 si sono contati 671 sbarchi contro i 255 di aprile 2019 (+163,1%)», ha detto. «Disastrosi anche i dati dei cosiddetti sbarchi fantasma: 1.761 nel 2020 contro i 628 del 2019 (+180,4%)».
Oggi al ministero dell'Interno giocano a fare gli equilibristi sulle proporzioni, ma i numeri parlano chiaro: l'aumento è innegabile. In questo momento la regione più colpita dal fenomeno è la Sicilia. Negli hotspot e nei centri d'accoglienza dell'isola continuano ad arrivare persone che devono essere sottoposte a quarantena. Quindi servono nuove strutture per l'ospitalità, altro personale, altri presidi di sicurezza. Giovedì 37 sindaci dell'Agrigentino hanno rivolto l'ennesimo appello a Giuseppe Conte, dicendosi molto preoccupati «per l'esposizione a rischio pandemico a causa degli sbarchi incontrollati verificatisi anche nelle ultime ore e che hanno registrato un incremento di oltre il 100% nel solo mese di aprile». Più sbarchi vogliono dire più rischi di infezione. Ma anche più soldi da spendere per l'accoglienza. La Regione Siciliana, su proposta dal presidente della Commissione antimafia, Claudio Fava, ha appena stanziato 1,5 milioni di euro per aiutare i Comuni di Porto Empedocle, Lampedusa e Pozzallo a gestire i flussi migratori, ma ovviamente questi denari non bastano. Le Prefetture dell'isola nelle scorse settimane, hanno pubblicato bandi da centinaia di migliaia di euro per trovare nuove strutture d'accoglienza, rivolgendosi anche gli albergatori. Insomma, il giro d'affari garantito dalle frontiere aperte ha ripreso vita.
L'Unione Europea, come prevedibile, sulla questione non ha dato segni di vita. Il farlocco accordo di Malta di cui Luciana Lamorgese si è tanto vantata è attualmente sospeso, dunque chi sbarca qui rimane qui. Perfino l'Unhcr, per bocca dell'assistente Alto Commissario Gillian Triggs, il primo maggio a chiesto ai Paesi membri di darsi una svegliata e di organizzare un sistema condiviso di accoglienza che consente la redistribuzione dei migranti su tutto il continente. Ma, per ora, non ha avuto risposte.
Così il governo italiano fa da solo, e finora ha individuato due soluzioni: sanatoria per i clandestini e recupero degli stranieri dai barconi tramite la Guardia costiera. Come se fossimo nel 2017, appunto, e come se il virus non ci fosse. Gli psicologi la chiamano «negazione della realtà», e non è esattamente una bella cosa.
«Lunedì in arrivo 20.000 stranieri». De Luca senza volerlo dice la verità
L'annuncio che alla vigilia della fase 2 ha procurato non poche preoccupazioni ai cittadini campani ancora ai domiciliari per il coronavirus è in coda alla diretta Facebook con cui il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, il primo maggio ha fornito gli aggiornamenti sul contagio. Si tratta di pochi secondi che, però, non sono passati inosservati: «Arriveranno da lunedì sul litorale domitio e sulla piana del Sele 20.000 extracomunitari che potranno andare a lavorare nelle aziende, valuteremo in queste ore quali attività mettere in piedi con le Asl di Caserta e di Salerno per evitare che questo afflusso di lavoratori possa determinare nuovi focolai». De Luca deve essersi accorto di aver toppato solo quando i leghisti campani glielo hanno fatto notare a muso duro: «Nuovi schiavi in arrivo in Campania, alla faccia del primo maggio». A rincarare la dose, poi, ci ha pensato il leader del Carroccio Matteo Salvini: «Incredibile, invece di aiutare a trovare lavoro giovani e disoccupati italiani, anche oggi qualcuno preferisce gli immigrati, spesso irregolari».
E siccome l'annuncio di De Luca puzzava di sanatoria, il governatore campano è stato costretto a correggere il tiro. «In relazione ai migranti già presenti nei territori di Caserta e Salerno, che torneranno al lavoro con la riapertura delle aziende, la Regione Campania impegnerà tutte le Asl in un lavoro attento di verifica dei contagi a tutela della salute dei cittadini campani. È un concetto semplice, tanto semplice da non essere alla portata di Salvini». Insomma, rispetto all'annuncio, gli immigrati nelle parole di De Luca sono diventati semplici regolari già presenti sul territorio, che devono solo tornare al lavoro.
Ma qualcosa non torna. Se i 20.000 braccianti sono regolari, perché disporre i controlli Asl? La Regione Campania ha cercato di mettere una toppa: «In relazione ad autentiche falsità su presunti arrivi di immigrati nell'area casertana e salernitana, si ribadisce ulteriormente che, per la prima volta saranno sottoposti a controlli mirati da parte delle Asl le fasce della popolazione straniera che torneranno al lavoro con la riapertura delle aziende». Parole che, davanti a un rischio sanitario tra i più preoccupanti, ancora una volta non convincono. «Spero sia davvero un brutto sogno», afferma Marta Schifone di Fratelli d'Italia. «Mentre i campani sono costretti a rimanere chiusi in casa, De Luca comunica, in tutta fretta, che pensa a come reinserire 20.000 immigrati». Anche il consigliere regionale Gianpiero Zinzi picchia duro: «La gaffe dei 20.000 immigrati in arrivo ha evidenziato due antichi problemi. Il primo è legato all'elevato numero di clandestini concentrati solo su una piccola porzione di territorio. Il secondo al rischio sanitario connesso alla loro presenza che evidentemente finora dallo stesso De Luca non è stato calcolato».
Ma sono preoccupati anche gli operatori che stanno sul campo. Ieri la rete Castel Volturno solidale, formata dalla Caritas e da altre associazioni, ha chiesto di disporre subito la regolarizzazione di quegli extracomunitari, «per far accedere persone che non hanno alcun diritto ai servizi sanitari pubblici, in modo da poter garantire un controllo e ridurre il rischio di diffusione del contagio». Proprio la sanatoria che sembrava aleggiare tra le parole di De Luca. All'appello si è unito anche il sindaco di Casal di Principe Renato Natale, che da anni effettua come medico volontario anche il servizio d'ambulatorio per gli immigrati che vivono sulla Domizia, dove si stima risiedano oltre 15.000 non regolari, molti dei quali hanno un lavoro in nero e sono spesso occupati nei campi agricoli. E se si tiene in conto che, coincidenza, altri 5.000 vivono come fantasmi nella Piana del Sele, si arriva dritti dritti ai numeri di De Luca. Insomma, forse il governatore senza volerlo ha detto la verità: potrebbero tornare a lavorare 20.000 migranti, però clandestini. Un fenomeno, quello dei braccianti irregolari, che è molto diffuso nel Mezzogiorno. A Foggia ieri sono stati arrestati tre imprenditori e un caporale: sfruttavano gli immigrati nei campi per pochi euro a ora.
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La Guardia costiera recupera 69 persone in mare e le porta a Lampedusa. Gli ingressi sono aumentati del 345% e crescono pure gli «arrivi fantasma» (+180,4%). I sindaci siciliani a Giuseppe Conte: «Troppi approdi incontrollati». Ma per il governo è tutto ok.Prima spara, poi tenta di negare. Ma in Campania è allarme: migliaia di clandestini.Lo speciale contiene due articoli.Benvenuti nella «fase due» dell'immigrazione: adesso i migranti li vanno a prendere direttamente le navi italiane, senza aspettare l'intervento delle Ong. Ieri mattina la Guardia costiera e la Guardia di finanza hanno recuperato un gruppo di stranieri a bordo di una barca partita giovedì notte da Sabratha in Libia. In tutto erano 69: 61 provenienti dal Bangladesh, 4 dal Sudan, due dal Gambia e unna donna dal Marocco. Solita trafila: il barcone ha preso il mare e ben presto alle autorità italiane è arrivata la segnalazione da parte di Alarm Phone, organizzazione sempre informatissima sulla presenza di navi cariche di immigrati alla deriva ne Mediterraneo. Questa volta, dicevamo, non c'è nemmeno stato bisogno che fossero i tassisti del mare a intervenire. Sono partite le vedette italiane, e nella mattinata di ieri i 69 stranieri sono sbarcati a Lampedusa. Ora verranno inseriti nel sistema di accoglienza. Tutto normale, tutto tranquillo: come se l'emergenza Coronavirus non esistesse. A quanto pare, almeno sul versante migratorio, la «vita di prima» non si è mai interrotta. Infatti il governo si comporta che se niente fosse, anzi si vanta dei meravigliosi risultati ottenuti. Giovedì il capo del Dipartimento libertà civili e immigrazione, Michele Di Bari, è stato audito dalla Commissione Schengen e ha snocciolato percentuali per dimostrare che sono calati i cosiddetti «sbarchi fantasma», cioè gli arrivi di stranieri a bordo di piccole imbarcazioni autonome. «Nel 2018 in percentuale il 93% degli sbarchi erano autonomi e il 7% erano quelli in area Sar, cioè soccorsi, nel 2019 c'è una inversione di tendenza con l'80% di sbarchi autonomi e il 20% Sar, e nei primi 4 mesi dell'anno 2020 il 51% è stato di sbarchi fantasma e il 49% sbarchi Sar», ha detto Di Bari. «Ciò sta a dimostrare che la situazione degli sbarchi è un fenomeno presente ma che ultimamente gli sbarchi autonomi sono diminuiti, come è diminuita la presenza dei migranti nei centri di accoglienza, che da 130.000 nel 2018 sono giunti, al 28 aprile scorso, a 85123». Quest'elenco di cifre è un perfetto esempio di gioco delle tre carte. Basta dare uno sguardo ai dati forniti dal Cruscotto statistico giornaliero del Viminale per rendersi conto che, da quando è in carica il governo Conte Bis, gli sbarchi sono tornati ad aumentare. Al 30 aprile del 2019, in Italia erano approdati 779 migranti. Al 30 aprile del 2020 erano 3.465. La crescita è del 345%, altro che diminuzione. A fare un po' di calcoli, ieri, ci si è messo anche Matteo Salvini: «Ad aprile 2020 si sono contati 671 sbarchi contro i 255 di aprile 2019 (+163,1%)», ha detto. «Disastrosi anche i dati dei cosiddetti sbarchi fantasma: 1.761 nel 2020 contro i 628 del 2019 (+180,4%)». Oggi al ministero dell'Interno giocano a fare gli equilibristi sulle proporzioni, ma i numeri parlano chiaro: l'aumento è innegabile. In questo momento la regione più colpita dal fenomeno è la Sicilia. Negli hotspot e nei centri d'accoglienza dell'isola continuano ad arrivare persone che devono essere sottoposte a quarantena. Quindi servono nuove strutture per l'ospitalità, altro personale, altri presidi di sicurezza. Giovedì 37 sindaci dell'Agrigentino hanno rivolto l'ennesimo appello a Giuseppe Conte, dicendosi molto preoccupati «per l'esposizione a rischio pandemico a causa degli sbarchi incontrollati verificatisi anche nelle ultime ore e che hanno registrato un incremento di oltre il 100% nel solo mese di aprile». Più sbarchi vogliono dire più rischi di infezione. Ma anche più soldi da spendere per l'accoglienza. La Regione Siciliana, su proposta dal presidente della Commissione antimafia, Claudio Fava, ha appena stanziato 1,5 milioni di euro per aiutare i Comuni di Porto Empedocle, Lampedusa e Pozzallo a gestire i flussi migratori, ma ovviamente questi denari non bastano. Le Prefetture dell'isola nelle scorse settimane, hanno pubblicato bandi da centinaia di migliaia di euro per trovare nuove strutture d'accoglienza, rivolgendosi anche gli albergatori. Insomma, il giro d'affari garantito dalle frontiere aperte ha ripreso vita. L'Unione Europea, come prevedibile, sulla questione non ha dato segni di vita. Il farlocco accordo di Malta di cui Luciana Lamorgese si è tanto vantata è attualmente sospeso, dunque chi sbarca qui rimane qui. Perfino l'Unhcr, per bocca dell'assistente Alto Commissario Gillian Triggs, il primo maggio a chiesto ai Paesi membri di darsi una svegliata e di organizzare un sistema condiviso di accoglienza che consente la redistribuzione dei migranti su tutto il continente. Ma, per ora, non ha avuto risposte. Così il governo italiano fa da solo, e finora ha individuato due soluzioni: sanatoria per i clandestini e recupero degli stranieri dai barconi tramite la Guardia costiera. Come se fossimo nel 2017, appunto, e come se il virus non ci fosse. 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Si tratta di pochi secondi che, però, non sono passati inosservati: «Arriveranno da lunedì sul litorale domitio e sulla piana del Sele 20.000 extracomunitari che potranno andare a lavorare nelle aziende, valuteremo in queste ore quali attività mettere in piedi con le Asl di Caserta e di Salerno per evitare che questo afflusso di lavoratori possa determinare nuovi focolai». De Luca deve essersi accorto di aver toppato solo quando i leghisti campani glielo hanno fatto notare a muso duro: «Nuovi schiavi in arrivo in Campania, alla faccia del primo maggio». A rincarare la dose, poi, ci ha pensato il leader del Carroccio Matteo Salvini: «Incredibile, invece di aiutare a trovare lavoro giovani e disoccupati italiani, anche oggi qualcuno preferisce gli immigrati, spesso irregolari». E siccome l'annuncio di De Luca puzzava di sanatoria, il governatore campano è stato costretto a correggere il tiro. «In relazione ai migranti già presenti nei territori di Caserta e Salerno, che torneranno al lavoro con la riapertura delle aziende, la Regione Campania impegnerà tutte le Asl in un lavoro attento di verifica dei contagi a tutela della salute dei cittadini campani. È un concetto semplice, tanto semplice da non essere alla portata di Salvini». Insomma, rispetto all'annuncio, gli immigrati nelle parole di De Luca sono diventati semplici regolari già presenti sul territorio, che devono solo tornare al lavoro. Ma qualcosa non torna. Se i 20.000 braccianti sono regolari, perché disporre i controlli Asl? La Regione Campania ha cercato di mettere una toppa: «In relazione ad autentiche falsità su presunti arrivi di immigrati nell'area casertana e salernitana, si ribadisce ulteriormente che, per la prima volta saranno sottoposti a controlli mirati da parte delle Asl le fasce della popolazione straniera che torneranno al lavoro con la riapertura delle aziende». Parole che, davanti a un rischio sanitario tra i più preoccupanti, ancora una volta non convincono. «Spero sia davvero un brutto sogno», afferma Marta Schifone di Fratelli d'Italia. «Mentre i campani sono costretti a rimanere chiusi in casa, De Luca comunica, in tutta fretta, che pensa a come reinserire 20.000 immigrati». Anche il consigliere regionale Gianpiero Zinzi picchia duro: «La gaffe dei 20.000 immigrati in arrivo ha evidenziato due antichi problemi. Il primo è legato all'elevato numero di clandestini concentrati solo su una piccola porzione di territorio. Il secondo al rischio sanitario connesso alla loro presenza che evidentemente finora dallo stesso De Luca non è stato calcolato». Ma sono preoccupati anche gli operatori che stanno sul campo. Ieri la rete Castel Volturno solidale, formata dalla Caritas e da altre associazioni, ha chiesto di disporre subito la regolarizzazione di quegli extracomunitari, «per far accedere persone che non hanno alcun diritto ai servizi sanitari pubblici, in modo da poter garantire un controllo e ridurre il rischio di diffusione del contagio». Proprio la sanatoria che sembrava aleggiare tra le parole di De Luca. All'appello si è unito anche il sindaco di Casal di Principe Renato Natale, che da anni effettua come medico volontario anche il servizio d'ambulatorio per gli immigrati che vivono sulla Domizia, dove si stima risiedano oltre 15.000 non regolari, molti dei quali hanno un lavoro in nero e sono spesso occupati nei campi agricoli. E se si tiene in conto che, coincidenza, altri 5.000 vivono come fantasmi nella Piana del Sele, si arriva dritti dritti ai numeri di De Luca. Insomma, forse il governatore senza volerlo ha detto la verità: potrebbero tornare a lavorare 20.000 migranti, però clandestini. Un fenomeno, quello dei braccianti irregolari, che è molto diffuso nel Mezzogiorno. A Foggia ieri sono stati arrestati tre imprenditori e un caporale: sfruttavano gli immigrati nei campi per pochi euro a ora.
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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