2024-09-06
Ora che il disastro è davanti a tutti i fan della transizione si scoprono pentiti
Ursula von der Leyen (Ansa)
Dagli industriali al Ppe e a Letta, in tanti chiedono di rallentare. Ma ieri chi criticava il Green deal era accusato di oscurantismo.In fondo sarebbe bastato tenere a mente che in economia non esistono pasti gratis per evitarci cinque anni di sogni in libertà sul Green deal europeo e sulla transizione ecologica a tappe forzate. Adesso che un architrave dell’industria continentale come la Volkswagen entra in crisi sulla strada della conversione ai motori elettrici, e dopo che il Ppe ha fatto capire a Ursula von der Leyen che sugli obiettivi onirici del suo piano green, tra auto e case, ci si va tutti a schiantare, cominciano le prime manifestazioni di resipiscenza. Eppure, chi come questo giornale aveva avvertito che le varie forme di Greta mania non stavano facendo i conti con l’oste, era stato tacciato di «blocco ideologico» e di oscure perversioni carbonifere. L’aria e l’acqua pulita piacciono a tutti, sia chiaro, ma politici, banchieri e grandi imprenditori hanno sempre il dovere di spiegare i costi di ogni transizione. Prima di scaricarli sui cittadini-utenti. È almeno dal marzo scorso, quando uno studio della Bce dimostrò che la transizione verde avrebbe pesato sulla produttività delle imprese europee, che sarebbe saggio non fare gli entusiasti green. E invece era il 22 luglio quando il presidente serbo Aleksandar Vucic, inaugurando l’avvio della produzione della Fiat Grande Panda elettrica a Kragujevac, dava la linea: «Le colonnine di rifornimento delle batterie dovranno vedersi dappertutto, non dovremo andarle a cercare, poiché fra cinque anni in Europa non vi saranno altro che auto elettriche». Accanto a Vucic, quel giorno c’era Carlos Tavares, che si è ben guardato dal tessere l’elogio dell’auto elettrica. Anche se si è alleato con i cinesi di Leapmotor, il grande capo della francese Stellantis sa che per vendere macchine che costano 10.000 euro in più dei modelli «normali» ci vuole lo Stato che spara sussidi a pioggia. Ma Stellantis, intanto, è andata in Serbia come va in Polonia o in Marocco: per delocalizzare con la scusa dell’elettrico. L’Ue, che nel 2019 ha varato il suo folle Green deal, solo quest’anno, a buoi ampiamente scappati, ha messo un po’ di dazi sulle auto elettriche cinesi. E le case tedesche manco hanno detto grazie perché sono terrorizzate dalle difficoltà di trovare le materie prime. Ora, due giorni fa, l’annuncio che Volkswagen potrebbe dover chiudere per la prima volta uno stabilimento in Germania ci dice che la commedia è finita e c’è poco da imbrattare monumenti o bloccare tangenziali. Qui ci sono lavoratori specializzati, pagati in media 3.000 euro al mese, insomma, l’élite europea degli operai, che rischiano di restare senza stipendio. Proprio la settimana scorsa, al Meeting di Rimini, il membro del comitato esecutivo della Bce, Piero Cipollone, spiegava che per transizione ecologica, digitale e rafforzamento della Difesa Ue, tra il 2025 e il 2031 serviranno 5.400 miliardi. E che «se una quota non banale verrà dai fondi pubblici, il grosso deve venire dagli investimenti privati». Insomma, i capitali privati dovranno per forza finanziare la transizione, magari quando avranno finito di pompare gli imponenti acquisti di azioni proprie che stanno andando in scena in Borsa. Ma in generale, sarebbe giusto spiegare chi paga: l’operaio della Volkswagen o di Mirafiori, chi compra la Grande Panda «made in Serbia» o il piccolo proprietario di casa che dovrà mettere tutto a norma green? Tra i big dell’economia sono pochi quelli che hanno avvertito per tempo la fregatura verde. Il capo di Confindustria Emanuele Orsini metteva in guardia da questi rischi già nella sua lunga campagna elettorale e due giorni fa ha definito gli obiettivi del Green deal «molto pericolosi», denunciando una politica europea affetta da una micidiale «furia anti industriale». Per fortuna, anche grazie al risultato elettorale delle europee, il Green deal, verrà almeno rimaneggiato e anche qui c’è chi ha cambiato idea. Si tratta del Ppe di Manfred Weber, che nella passata legislatura s’era preso una ubriacatura verde, e ora chiede alla Von der Leyen una bella marcia indietro. Ecco che cosa ha detto Weber il 31 maggio scorso: «Se avremo la maggioranza nel prossimo Parlamento europeo, autorizzeremo nuovamente le auto con motore a combustione. Il divieto è stato un grave errore di politica industriale». Perfino un euro entusiasta come l’ex premier Enrico Letta, a fine febbraio, prendeva spunto dalle rivolte degli agricoltori per ammettere che «se non si affrontano le critiche sui costi della transizione sarà un terremoto». Negli anni scorsi, i banchieri centrali e privati hanno cavalcato la moda green, ma poi va dato atto proprio a un governatore, il belga Pierre Wunsch, di essere stato tra i primi a dire che il principino verde è nudo. «Questa transizione non ci renderà collettivamente più ricchi [...] e anzi all’inizio darà un colpo alla crescita», ha affermato Wunsch. A volte, però, parlano anche i silenzi dei grandi imprenditori illuminati. Come Brunello Cucinelli, che a ottobre di tre anni fa fu invitato a parlare al G20 di Roma e invitò i governanti ad «accelerare verso un modello più sostenibile» dal punto di vista ecologico. Nell’ultimo anno, l’unica digressione dal cachemire che si è concesso riguarda l’Intelligenza artificiale. Chatgpt, a specifica domanda sui costi della transizione ecologica risponde: «Sebbene i costi iniziali della transizione ecologica possano essere elevati, gli investimenti possono portare a risparmi e benefici significativi nel lungo periodo, sia dal punto di vista economico che ambientale». Nel lungo periodo, tuttavia, siamo tutti morti, come diceva John Maynard Keynes.
Ecco #DimmiLaVerità del 17 settembre 2025. Il nostro Giorgio Gandola commenta le trattative nel centrodestra per la candidatura a presidente in Veneto, Campania e Puglia.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.