2023-02-26
La faida a sinistra su D’Alema frena la commissione Covid
Massimo D'Alema (Imagoeconomica)
Gli uomini di Max pronti a tutto per boicottare l’indagine in Aula. Sanno che Italia viva vuole la presidenza per chiarire le filiere di Domenico Arcuri e Giuseppe Conte. Giusto, ma la lotta intestina non può spegnere il faro su vaccini e divieti.Il prossimo appuntamento è fissato per giovedì prossimo, il 2 marzo. La commissione Affari sociali si riunirà per discutere dell’istituzione della commissione di inchiesta sulla gestione della pandemia da Covid 19. La vera battaglia (anzi, le battaglie perché sono più di una) si combatterà lì, e dall’esisto dipenderà l’efficacia dell’inchiesta: una indagine che varie forze politiche hanno parecchio interesse a sabotare o comunque orientare strumentalmente.Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, Pd e 5 stelle - nel tentativo di rallentare i lavori - avevano chiesto di poter convocare in audizione una pattuglia composta da virostar ed esperti, gente per lo più ostile all’idea di indagare sulla gestione del Covid. In effetti, giovedì alcune di queste personalità saranno effettivamente sentite in Parlamento. Tra i convocati ci sono i vertici degli ordini dei medici e degli infermieri (il cui atteggiamento durante la pandemia non è facile da dimenticare). Poi il professor Matteo Bassetti e altri medici come Massimo Galli e Donato Greco. E ancora Eugenia Tognotti (che sulla Stampa ha scritto tempo fa un editoriale di fuoco contro l’istituzione della commissione di inchiesta) e Nino Cartabellotta della fondazione Gimbe. Non è surreale supporre che costoro difenderanno le misure prese dai governi negli ultimi tre anni e mezzo. Fortunatamente, saranno sentite anche altre voci, le quali invece si suppone che chiederanno con forza che l’indagine si faccia. Sono previsti gli interventi dei famigliari delle vittime del Covid, del ricercatore censurato Francesco Zambon, del cronista di Report Giulio Valesini e del generale Pier Paolo Lunelli che per primo ebbe a segnalare la mancanza di un piano pandemico efficace.Il primo scontro in commissione Affari sociali sarà dunque fra chi intende illuminare i lati oscuri del regime sanitario e chi invece lo ha difeso e sostenuto. Ma esiste anche un altro terreno di scontro, tutto politico. Come forse ricorderete, a esporsi pubblicamente contro l’istituzione della commissione di inchiesta - con parole piuttosto dure oltre che decisamente discutibili - è stato Nico Stumpo per conto del Partito democratico. Il che suggerisce alcune riflessioni. Stumpo fa parte di Articolo Uno, cioè lo sparuto gruppetto che ha espresso il peggior ministro della Salute degli ultimi anni, ovvero Roberto Speranza. Non sfuggirà chi sia il referente nemmeno troppo in ombra del piccolo movimento: Massimo D’Alema, a cui Stumpo (legatissimo a Bersani) ha da tempo affidato la propria carriera da politico di professione. Ebbene, forse non è un caso che siano proprio i dalemiani a sparare a palle incatenate contro l’indagine sul Covid. Lo abbiamo raccontato nel dettaglio nei mesi passati: durante la pandemia, il nome di Baffino è stato più volte evocato. In particolare riguardo un curioso affare sui dispositivi medici. Rinfreschiamo la memoria. Si trattava di una fornitura da 140 ventilatori polmonari non certificati comprati dalla Protezione civile due giorni prima del lockdown e ritirati dalla Regione Lazio perché non conformi ai requisiti di sicurezza. La partita era stata intermediata dalla Silk Road Global Information limited, una società cinese che sarebbe stata rassicurata sulla riuscita della trattativa proprio da Massimo D’Alema. A documentare la trattativa erano alcuni scambi di email. «Acquisteremo tutti i set di ventilatori per voi il prima possibile», scrivevano dalla Silk Road Global Information limited. A firmare era Wu Bixiu, segretaria dell’Alleanza metropolitana della Via della Seta.La società cinese in questione era legata alla Silk Road Cities Alliance, un think tank del governo di Pechino a sostegno della Via della Seta (progetto di infrastrutture di collegamento e logistica tra Cina ed Europa). Ai vertici di questo ente stava D’Alema, insieme con ex funzionari del governo cinese. A quanto risultava, la società cinese avrebbe dovuto poi rivolgersi a un’altra azienda per portare a termine la fornitura di ventilatori. A leggere in copia il testo della mail sull’acquisto dei macchinari erano Angelo Borrelli, in quel momento capo della Protezione civile, e Domenico Arcuri, manager di Invitalia che sarebbe stato nominato pochi giorni dopo responsabile della gestione dell’emergenza. Come noto, quei ventilatori avevano purtroppo alcuni piccoli problemi. Dal rapporto trasmesso dalla Beijing Aeonmed Co. Ltd. al ministero della Salute risultava che i ventilatori per terapia intensiva Aeonmed VG 70 non fossero conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa vigente, e dunque non fossero utilizzabili. Ciascuno di questo ventilatori è stato venduto al prezzo di 19.000 euro: complessivamente la commessa è costata ai contribuenti italiani 2,66 milioni di euro più iva. A fare scoppiare il caso istituzionale fu una interrogazione presentata al Consiglio regionale del Lazio da Daniele Giannini (Lega). Nel documento depositato, il leghista riassumeva il contenuto di un rapporto «trasmesso dalla Beijing Aeonmed Co Ltd al ministero della Salute» dal quale «risulta che i ventilatori per terapia intensiva Aeonmed Vg70» dotati di una precisa versione software che viene indicata, «non posseggono il sensore di pressione atmosferica incorporato e siano stati immessi sul mercato con istruzioni per l’uso errate, in quanto indicano la presenza di un sensore in realtà assente». Secondo quanto riportato nell’interrogazione, il 7 aprile 2021 la direzione regionale Salute e integrazione sociosanitaria ha chiesto ai direttori generali di Asl, policlinici universitari e istituti di ricerca, nonché ai referenti tecnici aziendali per l’emergenza Covid 19, «nel caso si rilevasse la presenza dei ventilatori per terapia intensiva Aeonmed Vg70», di «sospendere immediatamente l’uso [...], comunicando alla direzione stessa il numero seriale e la loro ubicazione». Insomma, fu un bel pasticcio. Istituire ora una commissione di inchiesta significherebbe, tra le altre cose, andare a dissotterrare questa vicenda, approfondirla, e capire quali retroscena celasse. Dunque non sorprende che siano i membri del circoletto dalemiano a fare muro contro l’indagine: andrebbe probabilmente a punzecchiare i loro referenti istituzionali (Speranza) e politico-affaristici (Baffino). Discorso analogo vale per i pentastellati, ai quali non può certo fare piacere che si tirino in ballo Giuseppe Conte e Domenico Arcuri (altra figura che sembra essere stata dimenticata). Qui però si innestano gli interessi di un’altra forza politica, sempre d’opposizione, e cioè Italia viva. I renziani, tramite Davide Faraone, hanno presentato una delle tre proposte ora in discussione per l’istituzione della commissione di inchiesta. E probabilmente non si va troppo lontano dal vero se si ritiene che i renziani siano molto interessati a regolare qualche conto con Conte ma anche (e forse soprattutto) con D’Alema. Italia viva punta anche alla presidenza della commissione di inchiesta, ma c’è da augurarsi che non la ottenga, proprio per evitare che l’intera partita si tramuti in una sfida all’Ok Corral tra bande progressiste o pseudo tali. A oggi, la commissione sul Covid è l’unico strumento che possa consentire di fare emergere un minimo di verità su quanto accaduto in pandemia. Avrebbe poteri di indagine che addirittura le permetterebbero di superare i muri del segreto bancario, e potrebbe allargare il campo dell’indagine ben oltre le magagne sui piani pandemici (potrebbe persino arrivare a prendere in esame la partita vaccinale). È ovvio quindi che ci sia chi prova a bloccarla. Ed è altrettanto ovvio che, fino alla fine, si debba continuare a parlarne per evitare che gli insabbiamenti riescano.
Ursula von der Leyen (Getty Images)
Edmondo Cirielli (Imagoeconomica)
Il palazzo dove ha sede Fratelli d'Italia a Parma
Marcello Degni. Nel riquadro, Valeria Franchi (Imagoeconomica)