2022-07-13
«Indagini di m... fatte da incapaci». La faida tra pm nel processo flop Eni
Agli atti del procedimento di Brescia a carico di Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, le mail e le testimonianze sul clima avvelenato nella Procura di Milano. Gli affondi di Paolo Storari contro i vertici dell’ufficio: «Basta con le ritorsioni».Pesanti litigate, risentimenti personali, dispetti, risposte piccate. I retroscena delle inchieste sulla loggia Ungheria ed Eni-Nigeria sono riversati nelle chat e nelle email dei magistrati che le hanno condotte. Con una parte della Procura di Milano in confidenza con Vincenzo Armanna, considerato il super testimone del processo Eni-Nigeria, naufragato miseramente con un en plein di assoluzioni, e l’altra che si indignava mentre scopriva le balle che lo stesso Armanna raccontava ai colleghi. Gli atti del procedimento per il reato di omissione d’atti d’ufficio a carico dell’ex componente del pool Mani pulite Fabio De Pasquale e del pm Sergio Spadaro, al di là dei reati, raccontano un disastroso spaccato. A uno dei sostituti, Gaetano Ruta, ascoltato nell’ambito di indagini difensive, era stato assegnato un fascicolo per reati fiscali e riciclaggio che doveva seguire con il collega Paolo Storari. E al legale degli indagati racconta: «Verso la fine del 2018 si è posta la necessità di emettere un provvedimento di fermo nei confronti di due indagati. Io ero favorevole [...]. De Pasquale era contrario e si era venuta a creare una contrapposizione tra noi pm titolari dell’indagine e il procuratore aggiunto, che aveva manifestato espressamente la volontà di non apporre il visto sulla misura». E nel corso di una riunione gli animi si scaldarono. «La discussione», ricorda Ruta, «degenerò sia nei toni che nei contenuti in maniera molto forte fra loro due (De Pasquale e Storari, ndr)». Un intervento dell’allora capo della Procura Francesco Greco, però, risolse la questione. E il visto sulla misura cautelare fu apposto. Ruta però ricorda che «Storari nutriva una mancanza di stima totale nei confronti di De Pasquale e delle sue capacità professionali». Tra i due, certifica Ruta, non correva buon sangue: «Certamente vi erano delle difficoltà di relazione legate a spigolature caratteriali, ma il giudizio di Storari riguardava anche le capacità professionali di De Pasquale». E quella, per quanto consta a Ruta, è stata la prima contrapposizione ufficiale tra i due. Lo scambio di messaggi via chat tra Storari e Ruta lo confermerebbero. Il pm delle indagini sulla loggia Ungheria, infatti, avrebbe scritto al collega, riferendosi a De Pasquale, che era «totalmente incapace di fare le indagini». E di espressioni di un certo tipo ai colleghi Storari non ne avrebbe risparmiate, definendoli degli «inetti». Con l’inchiesta Eni-Nigeria «gestita di merda da lui e dalla sua dama di compagnia». Ovvero Spadaro. Nel marzo 2021, d’altra parte, Storari era l’unico pm della Procura milanese convinto che i supertestimoni del processo Eni-Nigeria, Armanna e Piero Amara, fossero dei calunniatori, tanto da iscriverli sul registro degli indagati e predisporre una richiesta di custodia cautelare in carcere, raggiunge un accordo con i legali di Eni per un patteggiamento su un altro filone corruttivo, quello per delle concessioni estrattive in Congo. E il 15 marzo, Storari, comunica via mail all’aggiunto De Pasquale il risultato. In copia c’è anche il procuratore capo Francesco Greco: «È stata formulata proposta di patteggiamento concordata con gli avvocati Eni, 800.000 euro di sanzione pecuniaria (il massimo sia per entità di quote che per ammontare di singola quota) e 11 milioni di euro a titolo di risarcimento del danno. Derubricazione in 319 quater (induzione indebita, ndr). Io ho espresso il mio consenso e trasmetto a Fabio per il visto e il vostro eventuale consenso. Mi sono accordato (su richiesta dei legali Eni) perché questa istanza rimanesse segreta fino alla pronuncia della sentenza Eni-Nigeria e io mi sono impegnato in questo senso. Visto la rilevanza della questione metto in Cc (copia conoscenza, ndr) anche Francesco». La mail della rotturaIl primo a rispondere, piuttosto piccato, è Sergio Spadaro, coassegnatario del fascicolo: «Cioè hai già formalizzato il tuo consenso prima di parlarne con i coassegnatari? Al di là del merito mi sembra una modalità un po’ precipitosa...». Storari spiega di avere «ovviamente detto anche che ci voleva assenso degli altri coassegnatari e il visto finale di Fabio (De Pasquale, ndr)». E che «di tutto questo Fabio è stato informato». Ma dalla risposta dell’aggiunto, appare tutt’altro: «E se non ci fosse l’accordo? Uno scrive “per consenso” e un altro scrive “per non consenso”? Facciamo la Procura double face? O tempora...». La ruvida risposta di Spadaro fa alzare i toni e Storari risponde al suo superiore: «Semplicemente io sono d’accordo e voi no. E poiché ci vuole accordo di tutti, il patteggiamento non si perfeziona. Tutto qua. O tempora... lo dico io. Alcune figure di riferimento mancano tanto...». A chiudere la questione, il 16 marzo, sarà Francesco Greco, con una mail mandata dal suo cellulare: «Sul patteggiamento non ho nulla da obiettare, anzi sono convinto che va benissimo. Quello che non mi piace e vorrei chiarire (tempistica) è questa singolare richiesta di riservatezza». Storari spiega che il silenzio è legato solo ai tempi della sentenza del troncone sulla Nigeria e alla fine il patteggiamento, unico successo ottenuto su Eni dai pm milanesi, si farà. Scambio di accuseChe i rapporti tra Storari e De Pasquale fossero pessimi emerge anche da un vivace scambio risalente al 22 febbraio 2021, sempre via email, relativo all’auto di Storari parcheggiata di domenica in un cortile, il numero tre, del palazzo di giustizia del capoluogo lombardo. De Pasquale chiede lumi a Storari dopo aver ricevuto una segnalazione e gli chiede chi lo ha autorizzato, perché il cortile è riservato. Il pm sembra quasi scusarsi: «Ah non sapevo. Ho messo la macchina dove non ci sono i numeri... stasera la sposto». Ma a De Pasquale non basta: «Prendo atto che si tratta della tua autovettura. Cortesemente potresti rispondere anche all’altra domanda? Sei mai stato autorizzato, e da chi, a parcheggiare nel cortile tre del Palazzo?». Storari si sente attaccato e dice: «Fabio, non ti rispondo neanche. Le ritorsioni non mi sono mai piaciute». Lo scontro prosegue e Storari spiega che la sera prima «verso le 23.00» è andato «in ufficio per una urgenza». Poi spiega: «Ho parcheggiato la macchina all’interno. Stamattina volevo ovviamente spostarla ma non ho fatto in tempo perché travolto da mille cose e poi oggi sono di turno». De Pasquale, risentito per l’accusa di ritorsioni, continua: «Bene ne prendo atto. Però non è ammesso entrare al Palazzo senza autorizzazione e tantomeno di notte. Né è permesso lasciare l’auto in un posto in cui non è consentito il parcheggio alla Procura perché non si ha il tempo di spostarla». Poi richiama il pm: «Come già un’altra volta in passato ti prego di evitare di parlare in modo poco controllato. “Ritorsione” significa esercizio della propria funzione per scopi diversi da quelli di giustizia. “Fai finta di non capire” non è rispettoso». Storari non se la tiene e chiude il discorso con queste parole: «E poi, giusto per amore della precisione, non credo che debba essere autorizzato né da te né da nessun altro per entrare al Palazzo di giustizia di notte per ragioni lavorative. Ma credo che tu ti riferissi alla macchina e in questo senso hai ragione». Le chat della discordiaPochi giorni prima, il 15 e il 19 febbraio, Storari aveva formalmente chiesto di mettere a disposizione delle difese e del Tribunale una serie di documenti, tra cui le conversazioni Whatsapp che dimostravano il pagamento da parte di Armanna di 50.000 dollari a uno dei testimoni nigeriani. Documenti mai depositati, e per questo la Procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio di De Pasquale e Spadaro. Ma la questione legata alla gestione del supertestimone Armanna appare particolarmente controversa. Il 12 aprile 2017, per esempio, Spadaro manda una mail di risposta a De Pasquale (che l’aveva ricevuta da Greco, che a sua volta l’aveva ricevuta da Pedio, alla quale l’aveva mandata il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo). In allegato c’è il famoso video del 28 luglio 2014 nel quale Armanna dice sui dirigenti Eni sarebbe «arrivata una valanga di merda» (il cui mancato deposito è costato un’imputazione a Brescia a De Pasquale e Spadaro). Il commento è questo: «Minchia non si capisce niente...». La seconda riga del messaggio dimostra i toni confidenziali che in Procura era riuscito a raggiungere Armanna: «Comunque dopo due giorni Enzo era da noi». E quell’Enzo è proprio il super testimone Armanna. Non è finita. Spadaro il 23 ottobre 2020 si auto spedisce una denuncia presentata da Armanna solo due giorni prima. Il processo Eni-Nigeria in quel momento è ancora in piedi. Ma il 2 dicembre 2021 quella querela, sempre a Milano, si trasforma in un’ipotesi di calunnia. Il pm che firma l’avviso di chiusura delle indagini preliminari è Laura Pedio, l’aggiunto che con Storari curerà il fascicolo sulla presunta Loggia Ungheria (non senza scontrarsi con il collega), contesta ad Armanna di aver «accusato falsamente, pur sapendoli innocenti, Claudio Granata (capo delle risorse umane di Eni, ndr), Claudio Descalzi (amministratore delegato di Eni, ndr)» oltre che i manager di Eni Massimo Insulla e Lorenzo Fiorillo.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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