2025-04-17
Multa e sequestro per la cioccolata di Fazio
Fabio Fazio alla Lavoratti di Varazze
Nel 2024, un controllo dei carabinieri del Comando Tutela agroalimentare all’interno della fabbrica dolciaria del presentatore ha svelato l’uso di materie diverse rispetto a quelle dichiarate o non conformi ai disciplinari. Le 13 sanzioni sfiorano i 100.000 euro.La leggenda tramanda che un cioccolataio, non è chiaro se a Genova o a Torino, si mise in mostra, sfrecciando su una carrozza degna di un sovrano, e per questo venne pesantemente redarguito. «Così mi fai fare una figura da cioculatè» lo avrebbe rimbrottato in dialetto piemontese il re in persona. Ma adesso il mesto destino sarebbe toccato pure a Fabio Fazio, novello imprenditore nel settore dei dolci a base di cacao, destinati, visto il costo, solo a clienti assai danarosi. Il conduttore, punto di riferimento televisivo della borghesia riflessiva, è stato costretto a pagare una multa da oltre 60.000 euro perché sembra che le etichette dei prodotti distribuiti sul mercato dalla sua azienda, la Lavoratti 1938 (storico marchio dolciario di Varazze salvato dal fallimento), fossero ingannevoli, dichiarando l’uso di ingredienti Dop e Igp che in realtà non erano contenuti nel cioccolato. Proprio un paio di giorni fa il quotidiano La Stampa aveva dedicato all’impresa di Fazio, il Willy Wonka della Riviera, un encomiastico articolo, forse ignorando la disavventura in cui il conduttore è incappato. Anche perché dal sito aziendale Fazio lancia proclami: «I miei nonni che a ogni Pasqua mi regalavano l’uovo Lavoratti. I giorni immediatamente precedenti erano fatti di un’attesa magnifica: irripetibile. […] Sono felice di aver contribuito insieme agli altri soci affinché questa azienda possa proseguire il suo cammino che mi auguro ci porti lontano. La mia ambizione? Fare il miglior cioccolato del mondo! Del resto quando si sogna bisogna sognare in grande…». La società Dolcezze di Riviera Srl, che controlla il marchio Lavoratti, è di proprietà di Fazio (5 per cento) della moglie Gioia Selis (45), e di una coppia di amici ristoratori, Davide Petrini (45) e Alessia Parodi e quando è stata acquistata aveva perso 230.000 euro. Il passivo è sceso poi a 107.000 e, nell’ultimo bilancio a 20.000, mentre i ricavi delle vendite sono saliti da 563.000 euro a 717.000. I soci hanno versato, per salvare l’azienda, quasi 2 milioni di euro di finanziamento e hanno puntato sugli incentivi garantiti dal programma Industria 4.0.Ma il rilancio ha dei costi e così noi, che ci accontentiamo di barrette più dozzinali, abbiamo appreso che «oggi Lavoratti 1938 è diventato un marchio esclusivo» che propone uova di Pasqua a base di cioccolato fondente dell’Ecuador, lampone e ibisco al modico prezzo di 80 euro, «realizzate in collaborazione con Gucci Osteria Firenze», quella dello chef tristellato Massimo Bottura, amato nei salotti di sinistra, televisivi e non, per le sue sbandierate idee progressiste. A questo prodotto lavorerebbero ben quindici artigiani. Lavoratti offre pure una linea di uova che costano tra i 58 e i 98 euro che possono contenere nocciole e sale, limone e rosmarino o cioccolato fondente ecuadoriano in purezza. Ma il top di gamma costa 340 euro. Si tratta dell’«uovo Futurista 2025». «È un oggetto di design» ci fanno sapere i creatori «che unisce arte e gusto». Infatti «il mezzo guscio in ceramica Mazzotti, di Tullio d’Albisola, ispirato al Futurismo, custodisce un pregiato uovo di cioccolato fondente 88% monorigine Ecuador, arricchito con croccanti scaglie di grué di cacao». Il capolavoro, evidenzia il sito, è «perfetto per una Pasqua esclusiva», dal momento che «l’Uovo Futurista è disponibile in soli 30 pezzi numerati e firmati». Insomma «un’esclusiva per veri intenditori».Hai capito il «compagno» Fazio? Ma La Stampa, nel suo articolo sulla fabbrica varazzina con annesso spaccio al piano degli uffici, assicura che il costo è giustificato: «La creatività e la tradizione del laboratorio dolciario oggi si fonde con l’expertise di Karime Lopez e Takahiko Kondo, i due co-executive chef di Gucci Osteria di Massimo Bottura, che collaborano per creare prodotti unici. Per questo oggi il prezzo delle uova di Pasqua di Fazio non deve sorprendere. Riflette artigianalità e qualità delle materie prime utilizzate: tartufi di cioccolato ispirati alle Cinque Terre, ulteriore richiamo alla tradizione locale».Per rendere più digeribile ai suoi fan la propria svolta elitaria Fazio ha ammantato di cultura le sue barrette di cioccolato, vestendole con copertine di libri da riporre in appositi cofanetti o dando ai suoi dolci la forma delle matite. Sul sito, forse per giustificare i prezzi, viene esaltata «la cura nella scelta»: «Ogni ingrediente è stato selezionato con la massima cura scegliendo i produttori uno ad uno e cercando solo prodotti di eccellenza per una esperienza di gusto davvero unica. Cura e intransigenza sono le nostre linee guida» si legge.Segue l’elenco dei preziosi ingredienti: albicocca Valleggia (prodotta in Provincia di Savona), arancia della Kolymbethra (Agrigento), Bergamotto di Calabria, latte della Granda (Cuneo), limone delle Cinque terre (La Spezia), mandarino tardivo di Ciaculli (Palermo), pesca di Volpedo (Alessandria), olio extravergine d’oliva taggiasca (Imperia), sale marino di Trapani Igp, salvia del Parco del Beigua (Savona), fico dottato di Cosenza, pistacchio verde di Bronte Dop (Catania). Ma è proprio sul pistacchio di Bronte, sul sale di Trapani, oltre che sulla nocciola di Giffoni, che sono scivolati i cioccolatai e gli uomini marketing di Fazio. Infatti, il 23 febbraio 2024 i militari del reparto torinese del Comando Carabinieri Tutela agroalimentare hanno effettuato un’ispezione amministrativa presso gli uffici della società Dolcezze di Riviera Srl, proprietaria del marchio Lavoratti. In quel momento Fazio è il presidente, Petrini l’amministratore. I carabinieri hanno controllato le etichette dei prodotti lavorati e hanno verificato la tracciabilità degli ingredienti caratterizzati da denominazione protetta, oltre che la conformità delle autorizzazioni rilasciate dai relativi Consorzi di tutela per l’utilizzazione del marchio dop. E qui è arrivata l’amara sorpresa: l’azienda aveva utilizzato, in alcuni casi, materie diverse rispetto a quelle dichiarate in etichetta o non conformi ai disciplinari. In particolare riportavano le denominazioni protette «Pistacchio verde di Bronte», «sale marino di Trapani» e «Nocciola di Giffoni» senza averne titolo. Per esempio il pistacchio aveva una generica origine siciliana e la nocciola era piemontese. Sono state così sequestrate circa 1.200 confezioni di cioccolato e praline per un totale di quasi 1,4 quintali di dolcezza per un valore commerciale di circa 18.600 euro. Sono state ritirate anche 5.400 etichette di uova pasquali, tavolette, tartufotti.Alla fine sono state notificate 13 sanzioni amministrative per un conto da quasi 100.000 euro. La società ha saldato sull’unghia, ottenendo lo sconto del 30% garantito a chi paga entro cinque giorni. Risultato: Fazio & C. hanno pagato 62.400 euro (4.800 per tredici). Il 29 febbraio Fazio si è dimesso da presidente del Cda e anche la moglie Gioia ha lasciato il posto di consigliere. L’11 marzo l’azienda ha comunicato di aver eliminato dal proprio sito di e-commerce le descrizioni risultate irregolari, mentre il 6 giugno sono stati distrutti i prodotti sequestrati. Su Internet, dopo l’incidente, sono stati inseriti come ingredienti anonimi «pistacchi» e «nocciole». Successivamente la nocciola di Giffoni è stata sostituita con quella «Piemonte Igp», mentre il «pistacchio verde di Bronte Dop» è tornato in lista. Ma se i golosi che si sono innamorati della bella favola della fabbrica artigiana salvata da Fazio hanno mangiato un cioccolato che non conteneva quello che prometteva, adesso, potranno allegramente spendere 340 euro per l’Uovo futurista. E scusate se è poco.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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