2024-09-12
Europa contro Russia: altro harakiri. Pronti a mollare tutto il gas di Putin
Il commissario Kadri Simson: siamo preparati alla fine dell’accordo di transito da Kiev che scade a fine anno. Mario Draghi chiede di limitare il mercato a breve termine sull’energia voluto da Bruxelles. Chi paga il dietrofront?Il rapporto di Mario Draghi sulla competitività considera, giustamente, l’energia come un fattore chiave per l’Europa. Draghi propone di rafforzare il meccanismo degli acquisti congiunti, creare altre infrastrutture per l’importazione, irrobustire la contrattazione di lungo termine, anche con prezzi fissi, limitare la possibilità di comportamenti speculativi e soprattutto incoraggiare un progressivo allontanamento dal mercato spot, cioè quello di breve termine.Il rapporto però, in tal modo, prende atto implicitamente del fallimento della strategia perseguita sin qui dall’Unione europea. Sì, perché il passaggio dai contratti di lungo termine ai mercati spot del gas è stato un preciso obiettivo dell’Unione europea. Il disegno era di avere degli hub europei, come il Ttf, per creare un mercato interno e sganciare i prezzi del gas da quelli del petrolio in dollari. Lo dice la stessa Ue, che nel 2020 magnificava il risultato della creazione del mercato Ttf. In un rapporto della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio («Prezzi e costi dell’energia in Europa» del 14 ottobre 2020) si legge infatti: «Sebbene l’indicizzazione al petrolio svolga un ruolo importante nella definizione dei prezzi del gas sui mercati mediterranei, questo meccanismo di fissazione dei prezzi sta perdendo terreno in Europa in quanto i mercati del gas sono sempre più integrati, i fornitori tendono ad approvvigionare il gas direttamente dai mercati all’ingrosso e i contratti a lungo termine sono sempre più indicizzati ai prezzi del mercato del gas. La crescente liquidità degli hub del gas europei è stata incoraggiata dalle politiche Ue di liberalizzazione del mercato». Quindi la Commissione nel 2020 rivendicava il risultato di avere incoraggiato la creazione dei mercati del gas con prezzi sganciati da quelli del petrolio.Subito dopo, la Commissione dice: «L’hub olandese del gas, il TTF, la cui liquidità è cresciuta rapidamente negli ultimi anni, anche grazie alle importazioni di GNL, è diventato il principale riferimento per i prezzi in Europa e sta acquisendo sempre maggiore importanza a livello globale. In Europa, la quota di contratti a prezzi “hub” sul consumo totale di gas è salita dal 15% nel 2005 al 78% nel 2019. Nell’Europa centrale, in Scandinavia e nei Baltici, i prezzi degli hub hanno acquisito importanza e si sono allineati maggiormente ai prezzi degli hub dell’Europa nord-occidentale piuttosto che ai prezzi indicizzati al petrolio in dollari Usa. La maggiore sovranità europea sulla formazione dei prezzi del gas rafforza il ruolo dell’euro nel commercio di energia nell’Ue, in quanto riduce l’influenza dei prezzi importati denominati in dollari Usa e l’esposizione alla volatilità dei mercati internazionali dei prodotti energetici».Alla Commissione, dunque, interessava liberalizzare per creare hub europei sui quali scambiare gas, per far crescere il ruolo dell’euro come valuta di scambio dell’energia. Gli obiettivi erano la creazione di un mercato interno e il rafforzamento dell’euro.Nel 2013-14 vi fu un round di rinegoziazioni tra Gazprom e i compratori europei, che spostò molti contratti di lungo termine dai prezzi legati al petrolio a quelli legati al mercato spot europeo, che all’epoca, con il Brent oltre i 100 dollari al barile, erano più bassi. Da quel momento il prezzo al TTF è diventato il riferimento europeo. Peccato però che il sistema in questo modo si sia esposto senza rete alla volatilità e ai picchi di prezzo, che puntualmente si sono verificati a partire dall’estate 2021, minando la sicurezza energetica del continente e provocando una crisi industriale che appare senza ritorno.Ora che il mercato spot ha fatto il suo corso, il rapporto Draghi propone di allontanarsene e di tornare ai contratti di lungo termine, magari a prezzo fisso. Due considerazioni. Se l’obiettivo dell’Europa è azzerare i consumi di gas, quale fornitore estero si impegnerebbe in un contratto per dieci o vent’anni senza garanzie di volumi venduti? A prezzo fisso, poi?Poi: c’è qualcuno a Bruxelles che si prenda la responsabilità politica del disastro della creazione di mercati spot senza adeguate protezioni, che ha portato all’imbarazzante dietrofront proposto lunedì scorso da Mario Draghi? Domanda retorica, la cui risposta sappiamo essere no.Nel frattempo, ieri il Commissario all’energia Kadri Simson ha detto che l’Ue è preparata «alla fine dell’accordo di transito con l’Ucraina» che scade a fine anno. Dalla Russia attraverso tale gasdotto arrivano ancora in Ue circa 14 miliardi di metri cubi all’anno. In Italia quest’anno il gas russo pesa per circa l’8% dell’import complessivo, secondo dati resi disponibili da Snam, ma questo solo in virtù di scelte commerciali degli shipper. L’import attraverso il passo Gries è infatti gravato da una tassa temporanea tedesca; dunque, fino a dicembre è più conveniente importare da Tarvisio, cioè dalla Russia. Per l’Italia non ci sarebbero impatti sui volumi da un eventuale stop del gasdotto ucraino da gennaio. Diverso è il discorso per Austria, Slovacchia e Ungheria, per i quali il gas dalla Russia è ancora vitale. Ci potrebbe essere un impatto sui prezzi nel caso di inverno freddo, nonostante gli stoccaggi europei siano pieni, perché per l’Europa nel complesso i volumi dalla Russia sono ancora quelli marginali e l’Egitto domanda molto LNG. Turchia e Azerbaijan, intanto, sono in attesa di riempire il vuoto.