
La più giovane vincitrice della storia degli Emmy, è protagonista del primo teen drama firmato Hbo. Dove droga, body shaming, transfobia e depressione diventano un viaggio psichedelico e glitterato. Zendaya Coleman è la più giovane attrice a vincere un Emmy come miglior protagonista in una serie drammatica. Non solo, la 24enne è la seconda donna di colore a guadagnarsi una statuetta nella categoria dalla nascita della cerimonia nel 1949.Gli Emmy di quest’anno resteranno certamente nella storia, non solo come la prima grande premiazione dopo il lockdown, ma per aver spostato i riflettori sulla nuova generazione, gli adolescenti di oggi che della serie di cui Zendaya è protagonista hanno fatto un vero e proprio manifesto. Si intitola Euphoria ed è il primo teen drama prodotto dalla Hbo (Sex and The City, Game of Thrones).Definita da Variety, «Trainspotting con una protagonista adolescente» la serie apre con il ritorno a casa di Rue Bennet (Zendaya) dopo alcuni mesi passati in un centro di riabilitazione. Dopo pochi minuti scopriamo infatti che la giovane 17enne è stata trovata dalla sorella minore nella sua stanza in overdose. È durante il primo giorno di scuola che Rue incontra Jules (Hunter Schafer), una ragazza transgender che si è appena trasferita col padre dalla città. Le due ragazze stringono subito una forte amicizia, mentre attorno a loro si muove un gruppo di adolescenti: Kat (Barbie Ferreira), insicura per il suo aspetto fisico; Maggie (Alexa Demie ), in una relazione abusiva con il giovane fidanzato Nate (Jacob Elordi) che a sua volta si trova a far fronte a problemi ad accettare la sua sessualità; e Cassie (Sydney Sweeney), la cui reputazione è stata rovinata dopo la condivisione di alcuni suoi scatti intimi.Euphoria non è una serie facile da guardare. Il suo ideatore Sam Levinson parla infatti di una «costante ansia» che ha plasmato il processo di produzione degli episodi. Ogni scena è stata realizzata in set chiusi per garantire il massimo controllo sulle luci e sui colori di ogni ripresa. Quando si guarda Euphoria si ha spesso la sensazione di essere rinchiusi in uno spazio fuori dal tempo, in un viaggio psichedelico e glitterato.Gli otto episodi di cui è composta la prima stagione di Euphoria offrono un sovraccarico emozionale che molti critici hanno definito una narrazione «a punti esclamativi» che non lascia respirare la storia. Per Rivista Studio, l’eccessiva attenzione al montaggio rende tutto «troppo veloce, troppo drammatico, compiaciuto e auto-indulgente durante le scene di sballo e di sesso, ossessionato dall’esigenza di attirare la nostra attenzione, lievemente ottuso quando si tratta di analizzare il dolore, sempre attento all’estetica quando si tratta di manifestarlo».La serie è in Italia su Sky Atlantic e Sky Go, ma è la sua presenza sui social ad attirare l’attenzione. Con oltre 6.8 milioni di visualizzazioni, l’hashtag «Euphoria challenge» ha conquistato tutti i maggiori creatori di TikTok che, sulle note di Still don’t know my name dei Labrinth, hanno mostrato make-up ricchi di glitter e colori fluo come i protagonisti del telefilm.Il look a tratti estremo e le tematiche affrontate da Euphoria sembrano risonare con il pubblico più giovane, nonostante la loro estremizzazione le possa far apparire ben lontane dalla realtà. Il punto di forza della serie, con i suoi alti e bassi, è la sua capacità nel cogliere le differenze sostanziali tra il modo di pensare degli adulti e dei più giovani. Se per il padre di Nate, la Generazione Z è caratterizzata da un disinteresse per le regole, quello che esprime Rue è un forte malessere che porta fino alla depressione. «Ogni volta che mi sento bene, penso che durerà per sempre, ma non succede».Così, mentre i Millennials hanno avuto un assaggio dell’adolescenza - quella vera e senza limiti - grazie alla serie inglese Skins (ora su Netflix), la Generazione Z fa un passo in avanti e alza il velo su un’adolescenza complicata, a tratti pericolosa. E nonostante il finale della prima stagione che lascia presagire una ricaduta nel mondo della dipendenza da parte di Rue, nel suo discorso agli Emmy, Zendaya ha tenuto a fare una precisazione: «So che il nostro show non è un grandissimo esempio per loro, ma c’è speranza per i giovani».
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






