2019-06-14
Etruria, Boschi senior e la Bugno verso il processo per bancarotta
Con la contestazione del reato di bancarotta colposa la Procura di Arezzo chiude i conti con l'ultimo consiglio di amministrazione di Banca Etruria, quello presieduto da Giuseppe Fornasari.Per gli inquirenti, la vulgata secondo la quale babbo Pier Luigi Boschi in Banca Etruria era quasi un passante era una grossa balla e, come svelato quasi due anni fa dalla Verità, ora è consacrata in un atto giudiziario l'ipotesi secondo la quale ebbe parte attiva nello sciupare il patrimonio «in operazioni», scrivono i magistrati, «manifestamente imprudenti». I mesi prima del commissariamento di Bpel, quelli in cui i vertici decisero di non fondersi con la Popolare di Vicenza, chiesero aiuto al faccendiere Flavio Carboni per uscire dalle secche e pagarono milioni di consulenze sospette, Pier Luigi Boschi era qualcosa di diverso da un semplice vicepresidente senza deleghe. Ma era stato catapultato su quella poltrona dalla speranza di colleghi e soci di potersi giocare un jolly per l'istituto al collasso. Infatti la figlia Maria Elena era appena diventata ministro e, come è emerso, si premurava di informare personalmente i vertici degli organi di vigilanza della promozione in arrivo per il babbo. E, così, sono arrivati ben 17 avvisi di conclusione delle indagini preliminari.Due avvisi sono stati consegnati agli ex direttori generali Luca Bronchi e Daniele Cabiati. Tra gli indagati ci sono anche l'ex presidente Lorenzo Rosi e Claudia Bugno, la consigliera del ministero dell'Economia che creò un certo imbarazzo tra Giovanni Tria e il Movimento 5 stelle perché il figliastro di Tria era stato assunto dall'azienda il cui amministratore delegato, Pier Andrea Chevallard, è compagno della Bugno. La Bugno, poi, come ha svelato La Verità, si è trovata nel board di una delle società di cacciatori di teste, la Spencer Stuart, che indica al dicastero dell'Economia i dirigenti da assumere. L'esperienza in Banca Etruria, però, la consigliera del ministro l'aveva sbianchettata dal suo curriculum, ritenendo forse che potesse pregiudicare il suo ingresso nello staff di Tria. Quell'incarico le costa oggi un'imputazione per bancarotta colposa.Il filone è quello delle consulenze affidate da Etruria a Mediobanca (per 532.000 euro), che avrebbe dovuto essere l'advisor dell'operazione, e ad alcuni studi legali che avrebbero dovuto fornire pareri sugli aspetti giuridici. Incarichi inutili, secondo la Procura, che hanno aggravato la situazione economica della banca, dato che dalle casse uscirono somme consistenti ma che non portarono alcun risultato.Inoltre, si aggiravano tutti attorno ai 100.000 euro ed erano anche «sprovvisti», sostengono i magistrati, «di contrattualizzazione e, pertanto, senza alcuna chiara correlazione tra la somma liquidata e l'attività svolta». In alcuni casi, quelli più gravosi, scrive la Procura, addirittura mancavano «la concreta attività oggetto dell'incarico» e anche «la durata». Allo studio Grande Stevens di Torino, ad esempio, sono stati corrisposti oltre 600.000 euro per tre mesi complessivi di lavoro. E successivamente altri 192.000 per due mesi di rapporto. Ben 800.000 euro sono finiti, invece, agli studi Di Gravio e Zoppini per attività identiche a quelle svolte da Grande Stevens. E, infine, un preciso riferimento a babbo Boschi è presente nella proposta di pagamento considerata più sospetta tra quelle finite nel fascicolo della Guardia di finanza: l'ingaggio di Bain and company per 1.900.000 euro. Un incarico affidato, sostiene la Procura, «senza l'osservanza della ordinaria diligenza, nonché dei principi della prudenza e della tecnica commerciale». Bain doveva occuparsi di elaborare un nuovo piano industriale per rilanciare la banca. Ma nell'accordo, sostengono i magistrati, mancavano «indicazioni programmatiche della concreta attività oggetto dell'incarico e, quindi, dello specifico ambito di operatività della società, anche al fine di evitare un'ingiustificata duplicazione di prestazioni». Anche in questo caso non era stata indicata la durata della prestazione e neanche la spesa complessiva. Insomma, un pasticcio, quello delle consulenze, che una banca in gravi difficoltà economiche proprio non poteva permettersi. Era praticamente l'ultimo filone sul default dell'istituto di credito sul quale si stava indagando. In quello principale sono a giudizio 25 imputati, tra ex consiglieri, ex revisori ed ex dirigenti di Banca Etruria. Con il rito abbreviato, invece, sono già stati condannati per bancarotta fraudolenta l'ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari e l'ex direttore generale Luca Bronchi a cinque anni di reclusione, e a due anni l'ex vicepresidente Alfredo Berni, mentre per bancarotta semplice è stato condannato a un anno l'ex membro del cda Rossano Soldini. I 17 indagati potranno ora chiedere di essere interrogati oppure potranno scegliere di depositare memorie difensive. Hanno 20 giorni di tempo. Poi la Procura dovrà decidere se chiedere per loro il rinvio a giudizio.