2022-05-08
Escamotage russo contro le sanzioni: bandiere di comodo sulle petroliere
Le navi pronte a registrarsi nei paradisi fiscali per poi eludere la loro provenienza. Gazprom intanto assicura i clienti europei: «Potete pagare il gas senza violare i divieti». Oggi nuova riunione nell’Ue sul sesto pacchetto.I blocchi ai commerci fanno saltare le filiere di alimenti, alcolici, arredi e imballaggi. Molti autisti ucraini vanno al fronte. E schizzano i prezzi degli additivi per i motori dei tir.Lo speciale contiene due articoli.Fatta la legge, trovato l’inganno. Credevamo che il proverbio s’attagliasse solo alle paradigmatiche scaltrezze degli italiani. Ma a quanto pare, anche i russi, quando serve, sanno come farsi furbi. Le petroliere di Mosca, ad esempio, avrebbero escogitato il trucco per aggirare un divieto d’importazione del greggio: registrarsi nei paradisi fiscali e ottenere una bandiera di comodo, in modo tale da occultare la loro autentica provenienza. Lo denuncia un think tank di Varsavia, il Polish economic institute, secondo cui centinaia navi russe, per un mese intero, sarebbero sparite dai radar dei sistemi di localizzazione. Gli analisti ritengono che questa sarebbe solo la prima mossa: dopo, le imbarcazioni riappariranno magicamente, con una nuova identità. Europatoday segnala che l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, fiutando la fregatura, ha già allertato le autorità di Panama, la meta più gettonata per questo genere di traffici. Fatto sta che le vie degli affari, se non infinite, sono più numerose di quelle degli embarghi.Gazprom, invece, conferma di voler giocare secondo le regole. In una lettera, il cui contenuto è stato illustrato da Bloomberg, rassicura i clienti europei che è possibile saldare il prezzo delle forniture di metano senza violare le sanzioni, che proibiscono transazioni con la Banca centrale russa. La procedura sul pagamento del gas in rubli, prevista dal decreto di Vladimir Putin, prevede che gli acquirenti versino la loro quota in euro o in dollari; sarà il Centro nazionale di compensazione russo a convertire la valuta. Il senso del messaggio? Gazprom ha intenzione di continuare a vendere. E con ogni probabilità, noi abbiamo intenzione di continuare a comprare.Intanto, a Bruxelles ci si scervella ancora per trovare la quadra sul sesto pacchetto di contromisure economiche. L’obiettivo sarebbe di licenziarle entro domani, 9 maggio, il giorno in cui in Russia si celebrerà la vittoria contro il nazismo e in cui è attesa qualche mossa eclatante dello zar. Il Coreper si riunirà di nuovo oggi: il nodo è sempre quello dello stop totale al petrolio di Mosca, sul quale rimangono le perplessità di alcuni Stati dell’Est e, soprattutto, il muro dell’Ungheria di Viktor Orbán. L’Ue è pronta a barattare il sì del leader magiaro con 2 miliardi di euro di compensazioni a Budapest. Invero, Orbán pone un problema ineludibile. I Paesi dipendenti dal greggio russo - l’Italia è molto meno esposta che sul gas - dovrebbero ricalibrare l’attività delle raffinerie, che finora hanno lavorato il prodotto importato da Mosca; dovrebbero mettere a punto gli impianti, un adempimento che certo non può essere completato in un batter d’occhio e a costo zero; dovrebbero trovare nuovi fornitori, sempre in tempi record; e dovrebbero realizzare nuovi oleodotti. Più che 2 miliardi, servirebbe il mago Merlino. Il premier ungherese ha riserve anche sulla decisione di colpire i beni del patriarca Kirill, mentre sull’esclusione di Sberbank e altri istituti di credito dal sistema Swift, il bando di tre emittenti tv russe e le sanzioni alla compagna di Putin, Alina Kabaeva, l’intesa dovrebbe essere stata raggiunta. Nel mentre, si è arreso alla stretta l’oligarca Roman Abramovich: il suo Chelsea sarà ceduto per 5 miliardi di euro al gruppo di Todd Boehly, già coproprietario dei Los Angeles Dodgers di baseball e fondatore di Eldridge industries. Ursula von der Leyen è reduce da una figuraccia: aveva annunciato all’Europarlamento l’accordo sull’ennesima tranche di provvedimenti, venendo smentita poche ore dopo. Ieri, parlando ad Augusta, in Germania, ha comunque rivendicato che il susseguirsi di sanzioni è «il prezzo che Vladimir Putin paga per questa guerra di aggressione». Noi europei «non sappiamo quanto può durare», perciò «è così importante che continuiamo a mantenere la nostra unità e forza collettiva. Perché possiamo condividere i nostri valori: democrazia, libertà, Stato di diritto, il diritto di ogni Paese di decidere da solo dove vuole andare in futuro. Possiamo difendere tutto questo efficacemente solo se siamo uniti e forti». La guerra con la quale Putin «sta tentando invano di cancellare l’Ucraina dalla carta geografica», secondo la presidente della Commissione Ue, «ruba al suo Paese le prospettive per il futuro». Tuttavia, le granitiche convinzioni della von der Leyen si stanno infrangendo sullo scoglio della realtà - e del complicato negoziato sulle sanzioni energetiche. L’Economist ha fatto notare che, avendo esportato, da quando è iniziato il conflitto, combustibili fossili per 65 miliardi di dollari, la Russia è stata in grado di riportare il rublo ai livelli pre guerra, di rifondere in «verdoni» il debito estero e di ammortizzare l’impatto dell’inflazione sulle attività produttive. La testata britannica utilizza, per definire la tenuta della Federazione, proprio la parola-mantra dell’Europa post Covid: resilienza. Il destino è spesso beffardo, ma ha un gran senso dell’umorismo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/escamotage-russo-contro-sanzioni-petroliere-2657280896.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-trasportatori-perdono-120-milioni" data-post-id="2657280896" data-published-at="1651946837" data-use-pagination="False"> I trasportatori perdono 120 milioni Il settore italiano del trasporto su gomma, con le sanzioni verso la Russia, ha dovuto dire addio a circa 120 milioni di euro di giro d’affari e oltre 23.000 viaggi tra l’Italia e l’ex Unione sovietica. I dati arrivano da Trasportounito, associazione che riunisce gli operatori dell’autotrasporto. Come spiegano dall’associazione, «i settori in cui i servizi di trasporto via strada erano maggiormente richiesti riguardano principalmente l’agroalimentare, il legno, arredi e imballaggi industriali e, in misura minore alcolici, alimentari e abbigliamento». Oltre al problema delle merci che non possono più essere trasportate da un Paese all’altro, per l’Italia c’è il problema della mancanza di conducenti, professionisti che hanno preferito abbandonare il camion e imbracciare le armi in Ucraina. Tra gli intoppi riscontrati nel settore, dice Trasportounito, c’è «il rientro in Ucraina di circa 1.200 conducenti di veicoli industriali, fattore che aumenta in modo esponenziale il grave problema della carenza degli autisti, l’azzeramento dei traffici in direzione Est da parte dell’autotrasporto nazionale e complessivamente il problema energetico rispetto al quale gli interventi effettuati dal governo, per la categoria, sono insufficienti ed inadeguati». Il traffico tra Italia e Russia, Ucraina e Bielorussia, in parole povere, è stato azzerato. «Quando un camion italiano deve trasportare merci al di fuori dell’Ue», spiega alla Verità Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito, «servono delle particolari autorizzazioni che equivalgono a una importazione temporanea di veicolo. Si tratta di norme che riguardano solo il mezzo, la merce segue l’iter burocratico previsto dalle dogane. Oggi lo scambio di autorizzazioni è fermo, stiamo parlando di un congelamento totale del mercato verso est. In particolare, stiamo parlando solo dei camion che caricano in Italia e scaricano in Russia. A questi che abbiamo perso vanno aggiunti quelli che, cosiddetti multilaterali, che partono dall’Italia e girano per più Paesi fino ad arrivare nell’ex Urss. Sono più difficili da contare, ma siamo nell’ordine di altri 2-3.000 viaggi». Forse ancora più grave è il tema dei conducenti. «Tutti i guidatori ucraini sono andati a fare i militari e questo ha creato un altro grosso problema per il mercato italiano», spiega Longo. «C’è un’azienda al Nord di autotrasporto che dall’oggi al domani si è vista senza un centinaio di conducenti ucraini. Si tratta di una mancanza che va ad aggiungersi ai 15.000 guidatori che già mancano al mercato. I professionisti ucraini erano molto in Italia e prima di loro abbiamo perso i polacchi. L’est Europa per il settore era un grande polmone che stiamo perdendo perché in Italia si guadagna sempre meno. Per il settore perdere gli ucraini è molto pesante. Anche perché al settore italiano mancano conducenti per le lunghe tratte, non certo per il trasporto locale». A tutto questo va aggiunto il problema del caro carburanti. Come spiega Longo, il primo problema in questo senso è l’aumento del prezzo dell’additivo Adblue, quello che si mette nei motori Euro 5 ed Euro 6 per limitare le emissioni nocive. Si tratta di un prodotto il cui prezzo è salito perché per farlo serve gas, materia prima sempre più costosa di questi tempi. «È aumentato del 300% per noi. Sempre che se ne trovi. Ci sono alcune aziende che ne hanno fermato la produzione a causa dei costi troppo elevati», spiega Longo. «Poi c’è il tema del metano, utilizzato molto nell’autotrasporto. Il prezzo è salito alle stelle e un litro di gas liquido costa oltre due euro, quando prima era 0,4 centesimi. Un dramma, visto che in Italia abbiamo circa 3500 mezzi industriali alimentati a gas. Tutto questo, senza considerare gli aumenti che stiamo vedendo su diesel e benzina. I nostri mezzi industriali utilizzano gli stessi carburanti delle auto private».