2024-05-21
«Er Moviola» ha aperto le danze per la leadership del centrosinistra
Paolo Gentiloni e Giuseppe Conte (Ansa)
L’establishment scommette sull’ex premier Paolo Gentiloni alla testa del Pd dopo il voto di giugno. E lui gioca d’anticipo, cannoneggiando Giuseppi e la sua ambizione di essere il frontman dell’opposizione. Ne vedremo delle belle.Ero convinto che la guerra per la leadership del centrosinistra sarebbe iniziata dopo le elezioni europee. Mi sbagliavo: a venti giorni dal voto, tra Pd e Movimento 5 stelle già si vedono i fuochi d’artificio. Non dovremo aspettare l’insediamento del nuovo Parlamento, né ci sarà da attendere la nomina della nuova Commissione Ue. Paolo Gentiloni ha infatti aperto le ostilità con un’intervista concessa a Paolo Valentino, corrispondente del Corriere della Sera a Bruxelles. Di lui, del Commissario europeo, avevo scritto mesi fa, raccontandone le ambizioni e rivelando i progetti di una parte del Pd e dell’establishment, che lo vorrebbero al posto di Elly Schlein, ma soprattutto di Giorgia Meloni. Sì, l’ex presidente del Consiglio che soffiò la poltrona a Matteo Renzi è il candidato che piace alla gente che piace. E da mesi c’è chi lavora per portarlo alla guida del centrosinistra, in sostituzione dell’attuale segretaria del Partito democratico, ma anche di Giuseppe Conte. E proprio a lui, all’avvocato di Volturara Appula, ossia all’uomo che sgomita per essere riconosciuto come frontman dell’opposizione, è destinato il missile sganciato ieri da un Gentiloni che prepara il rientro in Italia. Nel colloquio con il collega di via Solferino, l’ex premier si è lasciato andare a una ricostruzione delle fasi che precedettero il varo degli stanziamenti per il famoso Piano nazionale di resilienza e ripresa. Come è noto, dopo la pandemia, l’Unione varò Next Generation Eu, cioè una mega iniezione di denaro per aiutare le economie del vecchio continente a ritornare a correre. L’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si intestò il risultato di quel sostegno, raccontando a destra e a manca che solo grazie a lui, alla sua abilità, alla sua capacità di costruire relazioni con gli altri Paesi, l’Europa aveva deciso di staccare l’assegno più sostanzioso: 200 miliardi in parte sotto forma di prestito e in parte sotto forma di finanziamento a fondo perduto. Da allora in poi, il capo del Movimento 5 stelle non ha fatto che lodarsi e imbrodarsi, non vedendo l’ora di ritornare a Palazzo Chigi, dalla cui poltrona ritiene di essere stato cacciato ingiustamente da un usurpatore di nome Mario Draghi. La narrazione di Paolo Gentiloni, tuttavia, non coincide con quella di Conte. Al collega Valentino, il futuro ex commissario racconta infatti una storia della trattativa sul Pnrr molto diversa da quella che ha sempre alimentato l’avvocato di Volturara Appula. Mentre Conte si è sempre fatto vanto di aver strappato una montagna di quattrini dopo un serrato dibattito con i partner europei, «Er Moviola» (il soprannome dell’ex premier credo inquadri bene la flemma del personaggio) dice che lo stanziamento dei fondi fu regolato da un algoritmo. Sì, testuale. «Parlo delle quote di finanziamento assegnate ai diversi Paesi. Non sono state negoziate dai capi di governo. Sono state ricavate da un algoritmo che è stato fra l’altro ideato e definito da due direttori generali (entrambi olandesi)». Ma come? Per quattro anni si è alimentata la leggenda di un Conte contro tutti, in particolare contro il super falco dei Paesi Bassi Mark Rutte e poi arriva quello che Renzi aveva messo a Palazzo Chigi a scaldargli la sedia e dice che la storiella raccontata dal leader dei 5 stelle è taroccata? Sì, sempre testuale. «C’è un po’ di retorica italiana sul fatto che abbiamo conquistato un sacco di soldi. Non è vero. L’Italia è il settimo Paese in termini di rapporto tra soldi ricevuti e Pil. Ci sono altri che in termini relativi hanno portato a casa molto di più, dalla Spagna alla Croazia». E con infinita perfidia, dopo aver lanciato il missile, Gentiloni conclude: «Sempre grazie all’algoritmo». Un colpo solo. Sparato prima delle elezioni. Per affondare la sola cosa rimasta a Conte, il quale fino a pochi mesi fa, via Facebook, accreditava l’idea di un braccio di ferro a Bruxelles, con cui lui strappò 209 miliardi, intestandosi il «merito di quei finanziamenti». Franato il Superbonus sotto il peso di una serie di perizie che hanno dimostrato l’insensatezza dell’incentivo, spazzato via il reddito di cittadinanza diventato presto un reddito di fancazzismo, a Conte restava solo il Pnrr, un successo che, a suo dire, aveva pagato a caro prezzo, con la cacciata da Palazzo Chigi a opera di Draghi in combutta con Renzi. Poi arriva Gentiloni, che già sogna di coalizzare attorno a sé tutti i sinistrati, ed ecco strappata la bandiera grillina. Altro che vittoria: tutto merito di un algoritmo. Naturalmente ieri Gentiloni ha provato ad attutire il colpo, dando un buffetto all’ex avvocato del popolo, ma ormai la frittata era fatta. Dunque, se questo è l’antipasto prima del voto, a sinistra ne vedremo delle belle. Tanto per usare una metafora renziana, preparate i pop corn.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)