2025-09-30
La carta segreta di Gianni Agnelli può cambiare la storia dell’eredità
Gianni Agnelli e il testamento olografo del 1998 (Getty Images)
Spunta un testamento del 1998 in cui l’Avvocato avrebbe dato il 25% della cassaforte «Dicembre» a Edoardo, morto nel 2000. I legali di Margherita: «Tradite le volontà di suo padre». Quelli di John Elkann: «Non incide».A volte la storia di una famiglia si gioca su poche righe scritte a mano. In questo caso si tratta di dieci righe più quella della data: 20 gennaio 1998. Un testamento, olografo, che riemerge dopo 27 anni. Ed è stato vergato da Gianni Agnelli, l’Avvocato, l’uomo che ha incarnato il potere industriale e simbolico del gruppo Fiat. Una frase semplice e asciutta: «Lascio a mio figlio Edoardo la mia partecipazione nella società semplice Dicembre, pari all’incirca al 25 per cento». Ovvero un quarto della cassaforte di famiglia. Il documento ha un certo peso, perché al suo interno è specificato: «A modifica di altre disposizioni precedenti (ovvero la “lettera di Monaco” del 1996, redatta prima che si sottoponesse a una delicata operazione a Monte Carlo, ndr)». Ma l’Avvocato doveva avere una considerazione differente della sua famiglia. Tanto da chiudere il testamento con queste parole: «Sono sicuro che gli altri miei congiunti, già proprietari ciascuno di una quota della stessa entità, accetteranno senza contestazioni questa mia disposizione». Probabilmente non immaginava che 27 anni dopo quel foglio sarebbe finito sul tavolo dei giudici del Tribunale civile di Torino. A consegnarlo sono stati i legali di Margherita Agnelli, unica figlia dell’Avvocato e della principessa Marella Caracciolo di Castagneto, madre dei tre fratelli John, Lapo e Ginevra Elkann. È un colpo di scena clamoroso in una guerra che va avanti da anni. E che non è solo giudiziaria ma anche affettiva, familiare e simbolica. Margherita contro tutti. Contro i figli. Contro la narrativa ufficiale. Contro l’idea che il testimone dell’impero Fiat dovesse passare a John, designato erede, presidente di Exor, capo della cassaforte, erede del mito. Oggi quella certezza scricchiola. Il documento, spiegano fonti vicine a Margherita, non è una trovata dell’ultima ora. È un testamento «ritrovato nello studio dell’avvocato Franzo Grande Stevens», storico consulente di fiducia degli Agnelli, mentre i pubblici ministeri indagavano sulla residenza di donna Marella in Svizzera durante l’inchiesta della Procura di Torino. Era una copia fotostatica, rimasta lì, in un fascicolo, giudicata «irrilevante» ai fini penali in un’indagine su presunte irregolarità fiscali con ipotesi di truffa ai danni dello Stato che coinvolge i fratelli Elkann (e che ha prodotto una richiesta di patteggiamento con messa alla prova per John, che probabilmente, come ricostruito dalla Verità, svolgerà i servizi sociali nella scuola che la sua famiglia regalò all’Opera salesiana, a Torino). Nessuno l’ha mai distrutto, ma nessuno l’ha mai mostrato. Fino a ieri. Margherita, che combatte per rimettere mano all’eredità, ha deciso di mettere quel foglio al centro della scena. E di farlo in Tribunale. Per capire cosa c’è in gioco bisogna partire da quella «Società semplice Dicembre». Dentro Dicembre c’è Exor e dentro Exor c’è tutto: Stellantis, Juventus, Gedi, Ferrari. Dicembre è il forziere. Controllarla significa avere in mano le chiavi dell’impero. E nel 1998, anno in cui Gianni Agnelli vergò quel testamento, la Fiat era al culmine della sua potenza. Il fatturato del gruppo sfiorava i 90 mila miliardi di lire, il risultato operativo era quasi raddoppiato da 1.805 a 3.467 miliardi e l’utile netto di gruppo era salito a 2.417 miliardi. Tutti i settori chiudevano in utile: Fiat Auto superava i 50.000 miliardi di ricavi, Iveco cresceva del 5,3%, New Holland del 19,6. Un colosso da dividendi in crescita del 20%. Era questo, nel 1998, il valore del tesoro custodito da Dicembre. E l’Avvocato, nel 1998, aveva deciso che un quarto di quel forziere andasse a Edoardo, il figlio maschio. Due anni dopo, nel novembre 2000, la tragedia, con il volo dal viadotto di Fossano. Un salto nel vuoto. Quando Gianni muore, nel gennaio 2003, Edoardo non c’è più. E allora, secondo la linea ufficiale, quella dell’eredità «legittima», la sua quota, quella mai ricevuta, si trasmette alla moglie Marella e alla figlia Margherita. Poi, nel 2004, con un accordo transattivo, Margherita esce dal capitale della Dicembre. Accetta un conguaglio miliardario e si chiama fuori. Lo fa, dicono i legali dei figli, «convinta che la Fiat fosse finita». Lo fa, ritiene lei, «senza conoscere tutto». «Era convinta di adempiere fedelmente alle volontà del marito», affermano i suoi legali, gli avvocati Dario Trevisan e Valeria Proli, «ma non era così». Ecco perché è tornata all’attacco. E lo ha fatto con un documento che potrebbe riscrivere la storia. Per Trevisan e Proli «non ci sono dubbi»: il testamento di Gianni Agnelli «dimostra come la disposizione con cui l’Avvocato aveva destinato al nipote John Elkann la propria quota del 25% della Dicembre non rappresentasse la sua ultima e definitiva volontà». E aggiungono: «Al contrario emerge come al nipote sarebbe dovuta spettare soltanto una partecipazione minoritaria, mentre quella a lui riconducibile doveva spettare al figlio Edoardo e, in mancanza, ai suoi eredi legittimi, ossia Margherita Agnelli e Marella Caracciolo». Secondo i due legali, «il testamento del 1998, mai revocato né modificato neppure nell’ambito delle successive disposizioni del 20 aprile 1999, è stato totalmente ignorato e tenuto nascosto per tutti questi anni». La conclusione: «Le ultime volontà dell’Avvocato sono state tradite». Dall’altra parte, la reazione dei fratelli Elkann è glaciale. Il documento che Grande Stevens conservava, saltato fuori durante una perquisizione, secondo gli Elkann sarebbe «presunto». E, sottolineano, «prodotto in copia fotostatica solo ora nell’ambito del giudizio civile». Stando alle loro valutazioni, «non incide in alcun modo né sulla successione Agnelli né sulla successione Caracciolo e quindi sull’assetto proprietario della società Dicembre». Gli avvocati di John, Lapo e Ginevra mettono subito i paletti: Edoardo era già morto, dunque «la disposizione è inefficace». E ricordano che «la successione è chiusa» da 20 anni. Con quel documento, però, rimasto sottotraccia fino a ieri. Poi, la stoccata finale: «Trascorsi oltre 20 anni dalla morte di Gianni Agnelli, qualsiasi pretesa di terzi sul di lui patrimonio sarebbe in ogni caso estinta. L’iniziativa appare dunque più rivolta a generare confusione mediatica che a un rigoroso approfondimento giuridico delle norme applicabili». Quel foglio, per gli Elkann, non cambia nulla e, soprattutto, arriva troppo tardi. Eppure, a ben vedere, la vicenda non è solo una questione di codicilli e quote societarie. È il riflesso di un dramma familiare. Quello di una madre che si sente esclusa e tradita, di tre figli che difendono l’eredità che hanno sempre considerato legittima, e di un padre, l’Avvocato, che aveva scelto un figlio fragile come custode della cassaforte. Sul piano giuridico, il testamento del 1998 apre interrogativi pesanti. Se fosse valido, la disposizione a favore di Edoardo «non si estingue automaticamente» con la sua morte, ma potrebbe «trasmettersi agli eredi legittimi», cioè proprio «a Margherita e Marella». Se invece si considera inefficace, come sostengono gli Elkann, allora il testamento non produce effetti e resta solo un documento storico. Che, però, può diventare una bomba se qualcuno ha deciso di ignorarlo.E in questa storia, ogni omissione pesa. Perché il testamento, lo dicono le carte, fu trovato e fu archiviato. Non distrutto, ma messo da parte. Ora i giudici dovranno decidere se quel foglio è valido e se modifica la successione. Di certo scrive l’ennesimo capitolo di una saga dinastica fatta di potere, lutti, scontri sull’eredità e segreti.
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