2021-08-18
Le clausole «trappola» dell’eredità Agnelli
Gianni, Marella e Margherita Agnelli (Ansa)
I dettagli degli accordi tombali con cui Margherita ha accettato di rinunciare a donazioni ed eventuali beni segreti del padre Gianni e all'intero lascito della madre. Un documento firmato in Svizzera che non rispetta il diritto successorio italiano. Naturalmente, alla morte di sua madre, Margherita Agnelli non ha ritirato la causa per l'annullabilità degli accordi del 2004, e come controparte è subentrato John Elkann «in qualità di erede della defunta». Il che implica che donna Marella Caracciolo ha lasciato un solo erede universale: suo nipote. Margherita non poteva, sulla base dell'«accordo tombale», impugnare il testamento e far valere i propri diritti di figlia e quindi di unica erede, come prevede il diritto italiano. La morte della madre, in pratica, ha dato la possibilità a Margherita di aprire una seconda guerra. La stessa qualificazione giuridica con cui John è stato indicato nella causa al Tribunale di Ginevra («erede») dà un'indicazione importante sul destinatario dei beni indicato e scelto da Marella, con o senza un testamento. Chalet e RiadCon queste premesse è chiaro che parlare di un'altra «guerra di successione» appare persino riduttivo. Sia che Marella abbia lasciato o meno un testamento, sia che la defunta negli ultimi anni abbia trasferito a John i suoi beni, questo non cancella il fatto che la sua unica erede in linea diretta sia la figlia. Con tutti i diritti successori che conseguono a favore di quest'ultima. Tuttavia, si è di nuovo in presenza dell'ostacolo maggiore: anche questa volta gran parte dei beni di Marella, e di cui quest'ultima molto probabilmente è entrata in possesso dopo la morte del marito, non solo appartenevano a Giovanni Agnelli, ma soprattutto si potrebbero trovare all'estero. Quindi è difficile stabilirne l'ammontare, l'ubicazione e gli intestatari. E, in particolare, dimostrare che tali beni costituivano la parte più cospicua del patrimonio di Gianni Agnelli ovviamente prima della sua morte e quindi andavano suddivisi tra le due eredi. Marella è morta in Italia ed era cittadina italiana (anche se iscritta all'Aire). Per queste due ragioni, in materia successoria avrebbe dovuto valere la giurisdizione del nostro Paese. Anche in presenza di quel famoso «accordo tombale» del 2004 che andava a ledere anche i futuri diritti successori di tutti i suoi otto nipoti, compresi i tre Elkann, che sarebbero maturati alla sua morte. Intanto è andato a compimento anche il disegno che aveva donna Marella: considerare solo tre degli otto nipoti e quindi lasciare una parte dei suoi beni escludendo i cinque de Pahlen. Oltre alle immense ricchezze lasciate a John, Marella si è ricordata di Lapo e Ginevra con due ricchi legati: a ciascuno è toccata un equivalente in titoli per 100 milioni di euro, più due importanti immobili. Lapo ha avuto un lussuoso chalet a St. Moritz, Ginevra invece ha avuto il riad di Marrakech. A fronte della situazione ereditaria legata alla morte di Marella Caracciolo è necessario un passo indietro per andare a rileggere quanto sia stato autolesionistico per sua figlia firmare quell'accordo. Due sono stati i documenti che avrebbero dovuto porre fine alle ostilità successive alla morte di Gianni Agnelli: l'Accord transactionnel, datato 18 febbraio 2004, e il Patto successorio. Il primo documento è composto da un preambolo, 14 articoli e otto allegati. Marella Caracciolo è indicata come «Signora X», Margherita Agnelli come «Signora Y», Gianni Agnelli come «Signor X» (per comodità di lettura verranno indicati rispettivamente come MC. MA, GA).Il preambolo dice: «È sorto un litigio a proposito della successione di GA, reputando la Sig. MA di non essere stata ragguagliata in modo preciso in merito alla consistenza del patrimonio del Sig. GA e in merito alle donazioni che quest'ultimo avrebbe potuto fare, tanto per ciò che concerne i beneficiari di dette donazioni quanto per ciò che concerne i loro importi». Detto questo, «le parti hanno deciso di concludere una transazione per mettere definitivamente un termine a questo litigio».Questo testo è sibillino poiché si limita a registrare la situazione che si è venuta a creare. Quando viene scritto che la figlia non era stata «ragguagliata», non si accusa nessuno ma ci si limita a scrivere che si tratta di quanto crede Margherita Agnelli. Ciò vale anche per un altro punto di cui la signora si è lamentata: e cioè, di non aver avuto le necessarie informazioni nemmeno «in merito alle donazioni che il Sig. GA avrebbe potuto fare». Margherita aveva chiesto, a lungo e invano, l'ammontare delle donazioni fatte in vita da suo padre, e anche l'elenco dei beneficiari, per controllare se la somma di tali beni avesse o meno superato la «quota disponibile». Su questo punto Margherita accetta di non sapere nulla. Secondo Margherita, la scopo di innalzare questa cortina appare semplice: evitare che si arrivi a sospettare che la «grande beneficiaria», con somme notevoli, sia stata Marella.Dopo il preambolo l'Accord transactionnel stabilisce alcuni punti fermi in cinque rilevanti articoli e, soprattutto, comincia a porre restrizioni legate al Patto successorio, cioè la rinuncia definitiva di Margherita all'eredità di sua madre. L'articolo I prevede che «la Sig. MC accetta e farà in modo che la Sig, MA, o qualsiasi entità che ella designerà, riceva nel termine indicato qui sotto: in piena proprietà gli attivi menzionati nell'Allegato 1; in nuda proprietà gli attivi menzionati negli Allegati 2 e 3, riservandosi la Signora Marella l'usufrutto vitalizio, senza restrizioni, su tali attivi». In proposito, tuttavia, «la Sig. MC non garantisce alla Sig. MA il valore di alcuno dei detti attivi». Oltre a questi allegati (che descrivono, i beni oggetto della divisione e dunque le ville, le società, i quadri e molte altre proprietà) ce n'è un altro che «richiama la sorte di taluni altri attivi della successione del Sig. Giovanni Agnelli».Ed ecco, nell'articolo IV, la precisa esplicitazione della rinuncia sconsiderata che Margherita sottoscrive sull'eredità dei beni che sua madre lascerà dopo la sua morte: «La Sig. MA riconosce che, quando gli attivi menzionati all'articolo 1 di cui sopra le saranno integralmente trasferiti, ella avrà già per ciò solo ricevuto sin d'ora l'integralità di quanto le potrebbe spettare nella successione della Sig, MC e sarà integralmente soddisfatta dei propri diritti». Anche l'articolo V rafforza la rinuncia futura della figlia sui beni della madre: «La Sig. MC e la Sig. MA concluderanno prima del 6 marzo 2004 un patto successorio secondo il progetto qui accluso nell'Allegato 5, a tenore del quale la Sig. MA rinunzia a tutti i suoi diritti nella successione della Sig. MC». Anche l'articolo VIII riveste grande importanza poiché sancisce la chiusura definitiva della «lite» (da qui l'aggettivo «tombale») e la rinuncia di vederci chiaro nelle «donazioni» fatte dal defunto: «Tramite la buona e fedele esecuzione della presente convenzione, la Sig. MA e la Sig. MC riconoscono di non avere più alcun diritto, direttamente o indirettamente, nella successione del Sig. GA, e di non avere da elevare alcuna pretesa per qualsiasi motivo l'una verso l'altra né nei confronti di chiunque, direttamente o in qualsiasi altra maniera. La Sig. MC e la Sig. MA riconoscono in tal modo che eventuali donazioni fatte, direttamente o indirettamente, dal Sig. GA, quali che ne siano il tempo, il luogo o i beneficiari, soggette o meno a contestazione per quanto ne concerna la forma, e pur se abbiano ecceduto la quota disponibile, non debbono formare oggetto di alcuna azione o pretesa segnatamente per nullità, per indennizzo, per restituzione, per riduzione o per rapporto. La Sig. MC e la Sig. MA rinunciano irrevocabilmente ad elevare qualsiasi pretesa a riguardo dei beneficiari di tali donazioni, chiunque essi siano». Infine, l'articolo XIV stabilisce che «la presente convenzione è esclusivamente sottoposta al diritto svizzero. Ogni litigio, ogni contestazione o divergenza derivante dalla presente o avente per origine la presente convenzione, e segnatamente la sua conclusione, la sua validità, la sua esecuzione o la sua interpretazione, saranno sottoposti alla competenza esclusiva del Tribunale di prima istanza della Repubblica e Cantone di Ginevra. Resta impregiudicato il diritto di ricorso al Tribunale federale. Così fatto il 18.2.04». In tal modo Margherita accetta che, come prevede la legge svizzera, sia possibile impugnare questo accordo solo entro un anno dalla firma. Nonostante silenzi e opacità, sospetti e misteri, Margherita accetta. Perché? Fin dall'apertura del testamento aveva protestato, invocato di essere «ragguagliata in modo preciso». Era accaduto il contrario. Perché ha poi accettato di non essere informata rinunciando ai propri diritti? ReticenzeInoltre, appare incredibile la rinuncia assoluta e definitiva ai propri diritti, specie per quanto riguarda le donazioni e i nomi dei beneficiari. Margherita si è legata per sempre le mani allorché ha accettato di «non avere più alcun diritto, direttamente o indirettamente, nella successione di Gianni Agnelli, e di non avere da elevare alcuna pretesa per qualsiasi motivo l'una verso l'altra né nei confronti di chiunque, direttamente o in qualsiasi altra maniera». Per di più riconoscendo «che eventuali donazioni fatte, direttamente o indirettamente» da Gianni Agnelli, anche se hanno ecceduto la quota disponibile, «non debbono formare oggetto di alcuna azione o pretesa segnatamente per nullità, per indennizzo, per restituzione, per riduzione o per rapporto».Come ha fatto Margherita a non rendersi conto che, vista la confusione e la reticenza che circondava il patrimonio di suo padre, non bisognava accontentarsi di quel poco che era stato fatto emergere? Non c'era la possibilità che altri beni e altri asset venissero successivamente portati alla luce o da lei scoperti? Perché rinunciare per sempre ai propri diritti e cancellare questa futura eventualità? E le donazioni, poi? Possibile che in questa fase Margherita nutrisse ancora la patetica convinzione che sua madre e suo figlio non potessero essere tra i beneficiari di donazioni formalizzate «in extremis»…?Margherita in una certa misura era consapevole che, per quanto riguardava il patrimonio, c'era dell'altro. Lo dimostra il fatto che, nello spazio bianco in fondo all'accordo, ha voluto aggiungere di suo pugno di aver firmato solo «per mettere definitivamente un termine a questo litigio» e «par gain de paix», per ottenere la pace. Povera illusa! (8. Continua)
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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