2022-07-02
Erdogan tenta la mediazione ma prima avvisa l’Europa e pretende i «suoi» terroristi
Recep Tayyip Erdogan (Ansa)
Il leader turco si prende la scena e annuncia un tentativo di far interloquire Putin e Zelensky. Niente sconti a Svezia e Finlandia, però, sui 73 attivisti curdi promessi.Il vertice dell’Alleanza atlantica di Madrid ha rilanciato le aspirazioni del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan che è tornato a muoversi a tutto campo. Ieri parlando all’agenzia Anadolu ha di nuovo esortato Svezia e Finlandia affinché consegnino alla Turchia i «73 terroristi» come previsto dall’accordo grazie al quale Ankara ha tolto il suo veto all’entrata nella Nato di Helsinki e Stoccolma: «La Svezia ci manderà 73 terroristi, per ora ne hanno consegnati 3 o 4, ma non è abbastanza, le promesse date sono importanti ma è essenziale che siano mantenute». Poi, al termine della preghiera del venerdì, Erdogan si è nuovamente proposto come mediatore tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky in merito alla questione del grano bloccato nei porti dell’Ucraina: «Ora faremo tutto quanto necessario per prendere un appuntamento e parlare con Zelensky e Putin, una volta parlato cercheremo la maniera di far partire il grano, il frumento, l’olio di girasole e le granaglie il cui blocco vede come vittime Paesi che soffrono e a cui vogliamo che questi prodotti arrivino. I nostri silos sono in buone condizioni grazie a Dio. Vogliamo però essere da tramite verso questi Paesi che sono in difficoltà. Circa 20 nostre navi si trovano in quella zona ora e sono pronte. Di questo ne parleremo con Putin e Zelensky perché i colloqui preliminari hanno già avuto luogo. Ottenuta la loro risposta positiva procederemo». Le intenzioni sono lodevoli, tuttavia, bisogna verificare cosa ne pensano al Cremlino che già in passato aveva bollato la proposta come non percorribile: «Non c’è nulla in programma a questo proposito», e lo stesso vale per Kiev che preferisce il premier italiano Mario Draghi come garante di un possibile accordo sul grano. Secondo il capo dello staff di Zelensky, Andriy Yermak, citato da Ukrinform: «Consultazioni sono in corso sullo sblocco dei porti ucraini per l’esportazione di grano, in particolare con le Nazioni Unite e la Turchia, ma non è stata ancora fissata alcuna data per un incontro né in Turchia, né da qualsiasi altra parte». Zelensky in un discorso trasmesso su i suoi social network è tornato a parlare dell’isola del Serpenti tornata nelle mani degli ucraini: «L’isola dei Serpenti è un punto strategico e la sua liberazione dall’esercito russo cambia significativamente la situazione nel Mar Nero. Questo non garantisce la sicurezza, non garantisce ancora che il nemico non tornerà. Ma limita significativamente le azioni degli occupanti. Passo dopo passo, li spingeremo fuori dal nostro mare, fuori dalla nostra terra, fuori dai nostri cieli». A proposito dell’isola dei Serpenti: c’è chi ritiene che quanto accaduto possa essere replicato anche nell’area dell’Indo-Pacifico dove i cinesi utilizzano nella loro strategia le «bolle difensive-offensive» Anti-Access, Area Denial (A2/AD). Il giallo della giornata invece è quello del messaggio di Zelensky per Putin consegnato dal presidente indonesiano Joko Widodo nell’incontro del 20 giugno scorso: il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, all’agenzia Interfax ha precisato: «Il messaggio non era scritto». Ieri ha parlato anche il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e ha di nuovo attaccato l’Alleanza atlantica: «La Nato è sempre stata alla ricerca di un nemico esterno, in gran parte a causa della necessità di preservare la raison d’être della Nato che è scomparsa quando l’Organizzazione del Trattato di Varsavia e l’Unione Sovietica hanno cessato di esistere. Ora dicono che la Nato dovrebbe acquisire una dimensione globale dal punto di vista della responsabilità per la sicurezza in tutto il mondo, quando parlano della regione indo-pacifica e hanno appositamente ideato questo termine per cercare di attirare anche l’India nelle loro reti e quindi la Nato dovrebbe essere responsabile della sicurezza anche in quella parte del mondo». Su Twitter la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha parlato di nuovi aiuti all’Ucraina: «Proponiamo di dare 1 miliardo di euro per l’Ucraina. La prima parte del pacchetto di assistenza macro-finanziaria annunciato a maggio. Contribuirà a soddisfare le esigenze urgenti del Paese. L’Ue continuerà a fornire aiuti all’Ucraina e a sostenere la sua ricostruzione a lungo termine». Ora se consideriamo quanto erogato fino ad oggi l’impegno finanziario in favore dell’Ucraina dall’inizio della guerra si arriva 2,2 miliardi di euro, che potrebbero diventare 10 (miliardi di euro) una volta che l’intero pacchetto di aiuti eccezionali all’Ucraina sarà diventato realtà. Infine, la Tass, citando l’Agenzia internazionale per l’energia, ha riportato che «a giugno, per la prima volta nella storia, i Paesi Ue hanno importato più gas naturale liquefatto dagli Usa che dalla Russia». La doccia fredda serale per la Germania è arrivata dalle agenzie russe Tass e Interfax che hanno reso noto che le linee del gasdotto Nord Stream saranno chiuse dall’11 al 21 luglio, a causa di lavori di manutenzione: «Dall’11 al 21 luglio 2022 la compagnia Nord Stream Ag effettuerà una momentanea chiusura di entrambe le condotte del Nord Stream per effettuare dei lavori pianificati di manutenzione, inclusi test di componenti meccanici e sistemi di automazione per garantire un efficace, sicuro e affidabile funzionamento del gasdotto». Nessuno però crede alle motivazioni addotte da Mosca, vedi i problemi tecnici emersi per la mancanza di una turbina canadese. Il colosso russo aveva già ridotto le spedizioni del 40% e con la decisione di ieri si confermano i timori del Robert Habeck vicecancelliere e ministro dell’economia e della protezione climatica della Germania nel governo Scholz, che la settimana scorsa aveva paventato un inverno difficile. E così sarà.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)