2019-10-10
Erdogan invade la Siria. E Putin approva
Primi raid turchi sulle città al di là del confine: «Portiamo la pace e combattiamo il terrorismo». Damasco e Teheran criticano, mentre Mosca fa da mediatrice. Un indebolimento delle milizie curde potrebbe non dispiacere al Cremlino e allo stesso Assad.La Turchia ha avviato ieri l'invasione del Nordest della Siria. A renderlo noto, è stato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che su Twitter ha dichiarato: «Le Forze armate turche, insieme all'Esercito nazionale siriano, hanno appena avviato l'Operazione “Fonte di pace" contro il Pkk/Ypg e i terroristi di Daesh (Isis) nel nord della Siria. La nostra missione è di evitare la creazione di un corridoio del terrore ai nostri confini meridionali e di portare pace nell'area». Poco dopo le dichiarazioni del Sultano, il portavoce delle forze democratiche siriane a guida curda ha affermato che venticinque aerei da guerra hanno effettuato raid sulle città di Tell Abyad e Ras Al Ayn: ci sarebbero delle vittime tra i civili. L'invasione turca ha preso avvio pochi giorni dopo l'annuncio del ritiro delle truppe americane dall'area settentrionale della Siria. Una mossa, quella di Trump, che ha innescato una serie di dure polemiche. Soprattutto i curdi non hanno digerito la linea del presidente americano, considerandola un vero e proprio tradimento. Notoriamente Erdogan sostiene che i curdi siriani e iracheni intrattengano strette relazioni con l'odiato Partito dei lavoratori del Kurdistan, di cui il presidente turco teme da sempre le mire secessioniste. In tal senso, secondo i critici, con questa invasione il Sultano vorrebbe approfittarne per sferrare un micidiale attacco contro gli stessi curdi, che - per reazione - starebbero prendendo in considerazione un'alleanza con il presidente siriano Bashar Al Assad. Trump, dal canto suo, ha parzialmente attenuato quello che in origine sembrava configurarsi come un ritiro più drastico, intimando inoltre alla Turchia di non usare questa operazione bellica per regolare i suoi conti con i curdi. Ciononostante il presidente continua a difendere la sua scelta, visto che ieri ha affermato su Twitter: «Gli Stati Uniti hanno speso otto miliardi di dollari per combattere e sorvegliare in Medio Oriente. Migliaia di nostri grandi soldati sono morti o gravemente feriti. Milioni di persone sono morte dall'altra parte. Andare in Medio Oriente è la peggior decisione mai effettuata nella storia del nostro Paese! Siamo andati in guerra con una premessa falsa e ora smentita, armi di distruzione di massa. Non ce n'erano! Ora stiamo lentamente e attentamente portando a casa i nostri grandi soldati e militari». Insomma, Trump ha ribadito la sua classica critica alla politica estera americana degli ultimi decenni, confermando come - dal suo punto di vista -il Medio Oriente, più che un'area strategica, costituisca un pantano da cui allontanarsi il prima possibile. Non dimentichiamo, del resto, che nel 2016 il magnate newyorchese abbia ottenuto molti consensi grazie alla promessa di porre un freno alle cosiddette «guerre senza fine»: un tema caldo anche per le presidenziali del prossimo anno. Senza poi trascurare che Trump cerchi la cooperazione di Ankara anche per liberarsi del problema dei foreign fighters attualmente detenuti in territorio siriano. «La Turchia deve occuparsi dei miliziani dell'Isis che l'Europa non vuole riprendersi», ha twittato ieri. Se Damasco e Teheran hanno espresso severe critiche nei confronti della mossa di Erdogan, la posizione di Mosca resta invece più sfumata. «Alla luce dei piani per condurre un'operazione militare nel Nordest della Siria annunciato dalla Turchia, Vladimir Putin ha invitato i partner turchi a riflettere attentamente sulla situazione in modo da non compromettere gli sforzi congiunti per risolvere la crisi siriana», ha dichiarato ieri il Cremlino, dopo una telefonata intercorsa tra Putin ed Erdogan. Lo stesso ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, pur criticando Washington e invocando un generico dialogo, non si è espresso chiaramente sull'operazione bellica di Ankara, limitandosi a dire di aver ricevuto rassicurazioni dalla Turchia sul mantenimento dell'integrità del territorio siriano. Del resto, alla base di questa ambiguità potrebbero celarsi due elementi: se da una parte il Cremlino teme che Erdogan possa minare l'integrità della Siria (sua alleata), dall'altra non è detto che Putin e magari lo stesso Assad vedano male un sensibile indebolimento dei curdi: il tutto, anche alla luce del marcato avvicinamento geopolitico tra Mosca e Ankara, avvenuto negli ultimi anni. In questo senso, bisognerà capire innanzitutto quali si riveleranno essere le vere mire del Sultano: se si limiterà alle sole operazioni di «polizia» o se ambisca ad annessioni territoriali. E, in secondo luogo, si dovrà comprendere quanto durerà il gioco di sponda tra Trump ed Erdogan. Il punto sarà quindi vedere se, con questo disimpegno, la Casa Bianca miri a un «controllo da remoto» dell'area o se opti di contro per un totale disinteressamento: perché, nel primo caso, ben difficilmente il Sultano accetterebbe di vedere coartata la propria autonomia. Un'eventualità che potrebbe incrinare i rapporti tra i due leader.