Erdogan d'accordo con Tripoli s'impossessa di una fetta di Mediterraneo
Si scalda sempre più la temperatura del Mediterraneo, ma stavolta i cambiamenti climatici non c'entrano. Con una mossa a sorpresa la Turchia ha dato corso alle intenzioni che aveva già espresso mesi fa, disegnando sulle carte nautiche una grande zona economica esclusiva con la Libia, e a nulla sono valse le rimostranze di Bruxelles, Washington e delle nazioni che si affacciano sul Mediterraneo, Grecia in primis, ma anche di Egitto e Cipro.
Navi turche stanno già incrociando il mare greco per arrivare nella zona controllata da Fajez Al Serraj, con il quale Erdogan il 20 dicembre ha stretto un accordo di cooperazione quantomeno fumoso, perché dietro agli scambi commerciali non esclude la possibilità che Ankara aiuti militarmente Tripoli.
Immediatamente, il 21 dicembre, il ministro degli esteri greco Georgios Katrougkalos è volato a Bengasi dal generale Khalifa Haftar, il quale mentre lo riceveva autorizzava anche il sequestro di una nave turca. In questo contesto di instabilità non mancano i russi, che seppure oggi abbiano ottimi rapporti con i turchi in chiave anti-Trump, stanno inviando truppe mercenarie contro Tripoli e denunciano che sul suolo libico ci sarebbero anche truppe americane. Da parte loro, gli Usa definiscono inutile e provocatoria l'intesa libico-turca con la quale le due nazioni si sono spartite il Mediterraneo e fanno notare come il conflitto in Tripolitania stia assumendo contorni sempre più grandi sia a terra, dove gli scontri sono aumentati, sia in chiave geo-politica. Pare quindi che la visita del nostro ministro degli esteri Luigi Di Maio in Libia del 17 dicembre e la telefonata del primo ministro Giuseppe Conte a Erdogan proprio per parlare di crisi libica non abbiano sortito alcun effetto concreto. L'Europa guarda alla possibile conferenza di Berlino in programma il prossimo mese per fermare la guerra in Libia, e proprio con Angela Merkel il presidente russo Vladimir Putin ha avuto un colloquio nel quale ha rassicurato sulla sua intenzione di intervenire su Erdogan.
Chi più si preoccupa per questa nuova iniziativa turca della zona di competenza esclusiva è ovviamente la Grecia. Da sempre Atene e Ankara litigano per il controllo del mare che circonda le isole greche più vicine alla costa dell'Anatolia, mentre i turchi sostengono che ai fini del calcolo delle zone marine di equidistanza e di controllo, questi "scogli" non facciano testo. In pratica fregandosene dei possedimenti greci e della presenza di Creta, i turchi hanno tirato una linea che va dalla loro costa fino alla Cirenaica e deciso che quella è cosa loro, mentre i libici hanno fatto lo stesso dal confine egiziano fino alla città di Derna. Il motivo di tale azione non è la pesca, bensì i giacimenti esistenti a sud di Creta, la volontà perseguita da tempo di isolare Grecia e Cipro e prendere il controllo di una fetta di Mediterraneo cruciale sia per la navigazione sia la posa dei gasdotti diretti in Europa, proprio quelli che dovrebbero vedere la terraferma in Puglia. Gli accordi internazionali in tal senso sono fermi a 35 anni fa, quando la Corte internazionale di giustizia si espresse sul fatto che Malta e Libia dovessero fermarsi poco più a nord del 15° parallelo, dove cominciano le zone di mare greca e italiana. Nel Mediterraneo è difficile stabilire quale nazione sia "frontale" a un'altra e pertanto possa dividersi con questa il mare, l'unica via sarebbe un accordo internazionale ratificato da tutti i Paesi che reclamano acque di propria competenza oltre quelle territoriali delle 12 miglia. Di certo c'è che nessuna compagnia petrolifera accetterebbe di investire in zone che siano contese tra più nazioni e l'Europa, con l'Italia in testa, rischierebbe molto in termini di approvvigionamento energetico.