2023-04-09
Ennesima bocciatura del piano Ue: «Quasi impossibile spendere i fondi del Pnrr»
Raffaele Fitto, ministro agli Affari europei e al Pnrr (Ansa)
La Cgia: «Arranchiamo per usare 9 miliardi all’anno: come possiamo arrivare a 42?».L’Italia non riuscirà a spendere i soldi del Pnrr in arrivo da Bruxelles. Può sembrare assurdo, ma il motivo appare chiaro: affinché i fondi in questione vengano messi a terra, l’Ue richiede che l’Italia rispetti paletti poco realistici e con logiche ben distanti dalle esigenze del nostro Paese. La Cgia di Mestre ha fatto i calcoli spiegando che il «peccato originale» inizia ben prima del Pnrr e della pandemia da Covid-19. Come spiega l’associazione, «in riferimento ai fondi di coesione, ad esempio, non sono pochi quelli riferiti al settennio 2014-2020 che, entro la fine di quest’anno, rischiamo di perdere, sebbene la spesa ipotetica annuale necessaria per mettere a terra tutte le risorse disponibili ammonti solo a 9 miliardi di euro. Affrontando con lo stesso approccio appena illustrato anche il Pnrr, tra il 2023 e il 2026 dobbiamo spendere mediamente 42 miliardi di euro all’anno per poter realizzare tutti i progetti previsti dal piano. Una cifra, quest’ultima, 4,5 volte superiore alla precedente. È evidente che raggiungere questo obbiettivo sarà quasi impossibile». I calcoli della Cgia non lasciano dubbi. Dei 64,8 miliardi di euro di fondi europei di coesione messi a disposizione dell’Italia nel periodo 2014-2020, di cui 17 di cofinanziamento nazionale, poco meno della metà (29,8 miliardi) dobbiamo ancora spenderli. Se non lo faremo entro la fine di quest’anno, la parte non utilizzata dovrà essere restituita. Questa è l’ennesima dimostrazione che il nostro Paese fatica moltissimo a impiegare entro i termini stabiliti i soldi che ci vengono messi a disposizione dall’Ue. «Se, invece, riusciremo a farlo», dice la Cgia, «in linea puramente teorica sarà come se ogni anno di questo settennio avessimo speso 9 miliardi di euro. Con il Pnrr, invece, tra il 2021 e il 2026 dovremo investirne 191,5, pari a una spesa media che consenta l’utilizzo complessivo di 42 miliardi di euro l’anno nel periodo 2023-2026». Mentre il ministro agli Affari europei e al Pnrr, Raffaele Fitto, tratta con Bruxelles per ottenere più flessibilità su tempi e progetti, appare sempre più evidente che andare avanti seguendo il cronoprogramma Ue è una scelta fallimentare. C’è prima di tutto un problema di tempistiche, con l’Ue che ci richiede di rispettare scadenze strettissime. Come ricorda la Cgia, «secondo la Banca d’Italia, a fronte di un investimento mediano di 300.000 euro, nel nostro Paese la durata mediana per la realizzazione di un’opera è pari a 4 anni e 10 mesi. La fase di progettazione dura poco più di 2 anni (pari al 40% della durata complessiva), l’affidamento dei lavori dura 6 mesi e sono necessari oltre 2 anni per l’esecuzione e il collaudo. Per un investimento di 5 milioni di euro, invece, il tempo di realizzazione è di ben 11 anni». Come faremo, dunque, a portare a compimento tutti i progetti previsti dal piano?C’è poi il problema di una redditività bassa dei tanti investimenti cui ci spinge l’Ue, con un effetto modesto sul nostro Pil, il vero obiettivo per cui era nato il Recovery. «Il nostro Pnrr è costituito da 235,6 miliardi di euro, di cui 191,5 riconducibili al Recovery fund, 30,6 a un fondo complementare e gli altri 13,5 miliardi di euro al React-Eu», spiega la Cgia. «Di questi 235,6 miliardi, 52,6 verranno investiti per “progetti in essere”, ovvero già previsti, mentre i restanti 183 andranno a finanziare “nuovi progetti”. Pertanto, nel 2026 la crescita del Pil, anno in cui si concluderà l’azione del piano, dovrebbe essere più alta di 3,6% rispetto allo scenario che si verificherebbe senza l’effetto degli investimenti aggiuntivi». Una evenienza improbabile, tanto che, se «il quadro generale fosse meno ottimistico, il nostro Pnrr ipotizza altri 2 scenari: uno medio con una crescita del Pil del 2,7% e uno basso con un incremento dell’1,8%», conclude la Cgia.