2023-01-29
Energia, immigrati, stabilizzazione. L’Italia torna a occuparsi di Libia
Giorgia Meloni e il premier libico Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh (Ansa)
Il premier a Tripoli: Eni firma il progetto da 8 miliardi per produrre più gas. Accordo contro i clandestini. Giorgia Meloni: «Sì a elezioni». Niente meeting con Khalifa Haftar: il figlio del generale avrebbe incontrato il nostro console.La Libia è un dossier prioritario per il governo italiano. È questo il senso del viaggio effettuato ieri da Giorgia Meloni nel Paese nordafricano, insieme al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e al titolare della Farnesina, Antonio Tajani.«La Libia è una priorità per l’Italia, è una priorità per la stabilità del Mediterraneo, è una priorità per la sicurezza italiana», ha detto la Meloni durante una conferenza stampa congiunta con il premier di Tripoli, Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, il quale ha, a sua volta, sottolineato la «forte amicizia» tra Italia e Libia. «Abbiamo parlato della situazione libica, abbiamo ribadito la piena disponibilità italiana a favorire il legittimo percorso per una celebrazione di elezioni e una stabilizzazione del quadro libico», ha dichiarato l’inquilina di Palazzo Chigi, invocando la «mediazione delle Nazioni Unite nel pieno rispetto della sovranità libica».La Meloni ha anche messo in guardia dalle «influenze esterne» che possono minacciare il percorso di stabilizzazione in seno al Paese nordafricano. «La Libia è per noi anche un partner economico assolutamente strategico. Notiamo come le nostre relazioni commerciali abbiano continuato a consolidarsi», ha proseguito Meloni, specificando anche che «l’Italia rimane per la Libia il primo partner e il primo cliente» soprattutto nei settori dell’energia e delle infrastrutture. «È molto importante iniziare il prima possibile i lavori sull’aeroporto internazionale di Tripoli», ha detto il nostro premier, passando quindi al tema energetico.«Eni è presente in Libia dal 1959, ha di fatto contribuito a una parte importante della storia libica di questi anni. Oggi, grazie al gasdotto Green Stream, noi condividiamo uno strumento fondamentale per favorire il processo di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico», ha affermato Meloni, aggiungendo di voler rendere l’Italia un «hub di approvvigionamento energetico per l’intera Europa». Ma il premier italiano ha anche affrontato la questione dell’immigrazione clandestina. «Nonostante gli sforzi, i numeri dell’immigrazione irregolare dalla Libia rimangono ancora alti. Si tratta, per quel che riguarda gli ingressi irregolari in Italia, per oltre il 50% di persone che vengono dalla Libia. Crediamo si debbano intensificare gli sforzi in materia di contrasto alla tratta di esseri umani, assicurando un trattamento umano alle persone interessate», ha detto, invocando anche un maggior coinvolgimento dell’Ue sulla questione.Insomma, energia ed immigrazione hanno rappresentano i dossier più rilevanti del viaggio. È in questo contesto, infatti, che l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e l’omologo della Noc, Farhat Bengdara, hanno firmato un’intesa dal valore di otto miliardi di dollari, per avviare lo sviluppo delle «Strutture A&E»: un progetto che punta ad incrementare la produzione di gas per il mercato interno libico, oltre ad assicurare l’esportazione di volumi nel Vecchio Continente. «La firma dell’intesa tra Eni e Noc è un passaggio storico», ha commentato la Meloni, che ha anche incontrato il capo del Consiglio presidenziale della Libia, Mohamed al-Menfi. Dall’altra parte, Tajani ha annunciato la firma di un memorandum d’intesa per consegnare alla Libia cinque motovedette «finanziate dall’Ue» volte a «contrastare i flussi d’immigrazione irregolare». Tutto questo, mentre Piantedosi ha discusso con l’omologo Mustafa Trabelsi di collaborazione nel contrasto a flussi clandestini, terrorismo e narcotraffico.Meloni avrebbe dovuto avere anche un incontro con il generale Khalifa Haftar. Tuttavia, come riportato da Agenzia Nova, il meeting è alla fine saltato, sebbene non a causa di ragioni politiche ma per un impedimento contingente dello stesso generale. In particolare, secondo quanto risulta alla Verità, Haftar sarebbe in ospedale a Parigi e suo figlio avrebbe avuto un colloquio con il console italiano ieri mattina: nel summit si sarebbe discusso della possibilità di un futuro incontro tra lo stesso console e il generale della Cirenaica. Una circostanza che sembrerebbe, quindi, confermare un ammorbidimento di Haftar, oltre all’impegno del nostro governo nella mediazione politica: obiettivo, questo, che sta portando Roma a giocare di sponda con Washington. Proprio ieri, la testata Libya Review ha riferito che il portavoce del dipartimento di Stato americano, Samuel Warburg, ha invocato ulteriori sforzi di mediazione dell’Onu per arrivare finalmente ad organizzare delle elezioni in Libia. Tutto questo, mentre oltre due settimane fa il direttore della Cia, William Burns, si era recato a Tripoli e Bengasi per incontrare rispettivamente Dbeibeh e Haftar. Ricordiamo che, a luglio, il Guardian aveva riferito di un’alleanza de facto tra i due, volta sostanzialmente a marginalizzare il premier dell’Est, Fathi Bashagha (che, guarda caso, ha espresso irritazione per l’incontro tra Meloni e Dbeibeh).Ebbene, questa sinergia italo-statunitense sul dossier libico è una buona notizia. Washington potrebbe infatti puntare su Roma per la stabilizzazione del Paese nordafricano nell’ambito di un più generale rilancio del fianco meridionale della Nato. L’obiettivo primario è, d’altronde, arginare quelle «influenze esterne» di cui parlava ieri Meloni: influenze da leggersi come ingerenze turche e russe. Non è un caso che il dipartimento del Tesoro americano abbia appena comminato nuove sanzioni al Wagner group, i cui mercenari operano sia in Ucraina sia nella parte orientale della Libia. L’asse mediterraneo tra Roma e Washington deve rafforzarsi. E il dossier libico potrebbe rappresentare un importante punto di partenza.
Jose Mourinho (Getty Images)