2021-11-09
L’emergenza serve per non votare e tenere Draghi lontano dal Colle
Mario Draghi (Getty Images)
Il fronte di chi non vuole perdere la poltrona o teme il responso delle urne affina la sua strategia: prorogare le misure eccezionali per blindare Super Mario a Palazzo Chigi. E per il Quirinale si punta al Mattarella bis.Prolungare lo stato di emergenza per prolungare la permanenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi. È questo il disegno almeno per chi ha il sacro terrore delle elezioni. Ma c'è un ma: Draghi, per restare a Palazzo Chigi, deve rinunciare a diventare Presidente della Repubblica o, peggio ancora, deve essere convinto a rinunciare. E qui le cose si complicano, perché cosa abbia intenzione di fare il premier della provvidenza è un mistero per tutti, a partire dai suoi più stretti collaboratori. Più che di pronostici, la politica italiana vive quindi di preghiere, e la più gettonata di tutte è il Cantico del Parlamentare Semplice: «Buon Dio, convinci Draghi a rimanere premier, altrimenti si va al voto anticipato e devo dire addio a stipendio e poltrona».La preghiera, ripetuta tre volte al giorno, può essere rafforzata, come dicevamo, da una proroga dello stato di emergenza, che scade il 31 dicembre prossimo. «Se necessario», twitta il segretario del Pd, Enrico Letta, «il governo proporrà la proroga dello stato di emergenza. E noi l'appoggeremo. Le regole consentono la libertà: della nostra vita privata, di divertirci, tornare al cinema, andare al lavoro. Manteniamole e allora saremo in grado di farcela». In realtà non si comprende perché sia necessario prorogare lo stato di emergenza per mantenere le regole anticovid, o meglio si comprende bene: come si fa a schiodare Draghi da Palazzo Chigi, e a andare a votare in piena emergenza? Non si può, quindi al Colle ci vada qualcun altro, oppure ci resti Sergio Mattarella con un incarico a tempo, come accadde con Giorgio Napolitano. «Considerando la nuova ondata» dice al Corriere della Sera il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, «è improbabile si possa fare a meno dello stato di emergenza». «La proroga dello stato di emergenza», sottolinea a Rai News24 il sottosegretario agli Affari europei, Enzo Amendola, «sarà decisa dal governo insieme al comitato tecnico scientifico. Non posso non dare ragione a Letta, dobbiamo essere saggi e proteggere la ripresa economica e la salute dei cittadini». E anche il ministro per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, ha definito «probabile» la proroga.A pensar male si fa peccato, ma dietro la tigna con la quale chi sta al governo si batte per tale obiettivo è quantomeno sospetta. Passiamo a quelli che vorrebbero Draghi a Palazzo Chigi fino al 2090: possiamo riunirli in quell'arco di forze che Carlo Calenda ha battezzato «alleanza da Giorgetti a Bersani», composta da chi immagina un Draghi bis dopo le elezioni del 2023, sostenuto da una maggioranza che vada dai leghisti moderati alla sinistra, passando attraverso Forza Italia, Iv, le truppe centriste e una parte, ma solo una minima parte, di pentastellati, quelli per intenderci meno populisti, ammesso che esistano. Uno dei principali protagonisti di questa variopinta coalizione dice alla Verità: «Possiamo fare tutti i calcoli che vogliamo, ma l'ultima parola spetta a Draghi, l'unico che sa cose vuol fare, se andare al Quirinale o restare premier. Un mio pronostico? 50 e 50». Da parte sua, Silvio Berlusconi non vuole Draghi al Quirinale per un motivo molto più banale: vuole andarci lui. Sogno? Ambizione? Possibilità concreta? Non si sa: quello che si sa, è che Silvio non perde occasione per ribadire il concetto: «Alle elezioni del 2023», ha detto ieri Berlusconi ai coordinatori regionali riuniti ad Arcore, «si tornerà alla contrapposizione tradizionale fra centrodestra e centrosinistra. Noi speriamo che Draghi, che deve continuare a governare fino a quella data, possa svolgere una funzione importante anche dopo». Conoscendolo, in questo momento il Cav neanche ci pensa alle elezioni anticipate, alla maggioranza Ursula, allo stato di emergenza, a chi governerà nel 2023 e forse neanche al Milan capolista: si è messo in testa di diventare presidente della Repubblica e si dedica solo a questo obiettivo (scusate se è poco). In sintonia perfetta con il suo leader, Mara Carfagna, ministro per il Sud e esponente di primissimo piano della corrente liberal di Forza Italia: «Mario Draghi deve restare a Palazzo Chigi», dice Mara alla Stampa, «perché è l'unico che può garantire la qualità delle riforme abilitanti per il Pnrr, altre soluzioni sarebbero di galleggiamento». E il Colle? «Mancano pochi mesi», aggiunge la Carfagna, «presto avremo elementi per parlare del Quirinale come si conviene, con serietà e opzioni precise. In Forza Italia c'è al momento, una sola certezza: se Berlusconi si candiderà lo sosterremo compatti».E il M5s? Seppur ridotto ai minimi termini, è la prima forza in Parlamento, e sarà determinate per l'elezione del Capo dello Stato. Giuseppe Conte ha aperto alla possibilità di eleggere Draghi, ma deputati e senatori non ne vogliono sentir parlare, perché terrorizzati dalle elezioni anticipate. «Conte e Salvini», dice alla Verità un big pentastellato, «vogliono le urne, come la Meloni, e quindi spingono per Draghi al Colle. Conte vuole andare a votare per candidare solo i suoi fedelissimi, Salvini per non perdere più consensi, la Meloni per capitalizzare la crescita nei sondaggi. Conte e Salvini però hanno sbagliato strategia perché dovevano tranquillizzare i parlamentari, far capire che Draghi al Colle non vuol dire elezioni anticipate, prospettare un nuovo governo. Invece hanno finito per bruciare la candidatura del premier». Bruciare Draghi? Possibile? «Il voto per il Capo dello Stato è segreto», aggiunge la nostra fonte, «e di fronte alla prospettiva di dire addio a poltrona e stipendio, i parlamentari sarebbero capaci di qualunque cosa. Draghi questo lo sa, e sta facendo i suoi calcoli». E se c'è una cosa che sa fare, il premier della Divina Provvidenza, sono i calcoli.
Jose Mourinho (Getty Images)