2022-02-23
«Mia figlia si è uccisa dopo la seconda dose: gli effetti avversi erano insopportabili»
A «Fuori dal coro», il racconto del calvario patito dalla donna. Dai gravi sintomi alla perdita dell’autonomia. Fino al suicidio.Per l’Aifa sono solo una serie di numeri racchiusi e catalogati sotto la voce «casi rari». Eppure dietro quelle piccole percentuali in cui il vaccino contro il Covid ha provocato più danni che benefici, ci sono delle vite, delle persone in carne e ossa che vogliono solo essere ascoltate. Proprio come voleva essere ascoltata Giulia (nome di fantasia), 51 anni: lei era una mamma, era una figlia, che ha visto la sua vita sgretolarsi dopo essersi affidata alla scienza. Due dosi di vaccino fatte, un calvario lungo nove mesi, nessuna parola di conforto, nessuna diagnosi e nessuna cura. «Giulia ha visto il vuoto davanti a sé, non c’erano spiragli di salvezza, ma solo un buio così profondo da portarle via fino l’ultima goccia di speranza e così ha fatto quella scelta, si è tolta la vita». A parlarci è la mamma di Giulia, arrabbiata. Non si dà pace, la figlia non c’è più, ma lei vuole testimoniare, far sapere che i danneggiati da vaccino esistono, ma quello che distrugge ancora di più è il mare di indifferenza nel quale sprofondano senza che nessuno possa portarli in salvo. E nessuno è riuscito a salvare sua figlia, che dopo aver fatto colazione con lei è salita sul terrazzo e poi è saltata giù. Così, dopo aver visto la figlia abbandonarla per sempre, ci racconta dei viaggi in giro per l’Italia, da Roma a Milano, cercando medici, specialisti, qualcuno che potesse dare una cura e un senso a quello che stava accadendo. Quando le chiediamo di cosa soffrisse sua figlia, ci mette davanti un plico di fogli, tutte analisi fatte in soli nove mesi. «La lista è lunga, qui la sintetizzano in nove punti» - ci dice. Nove sintomi diversi (il referto riporta forte astenia, bruciore di stomaco, bruciore ala lingua e alle gengive, che avevano iniziato a sanguinare, fotosensibilità, dolore agli arti, ipersensibilità ai suoni e forti acufeni, ipersensibilità olfattiva, problema di deglutizione e amenorrea), che si sono sviluppati a poco a poco, una dopo l’altra iniziando già dopo la prima dose, riferisce la madre, ma Giulia non ci ha fatto caso, non ha pensato che quei bruciori potessero essere dovuti alla vaccinazione. «Dopo la seconda dose i sintomi hanno iniziato a peggiorare repentinamente» si legge in un referto. «Bruciava in tutto il corpo, la pelle le faceva così male da non sopportare neanche i vestiti, persino la bocca le bruciava e le gengive le sanguinavano spesso», ricorda la mamma. Con le lacrime agli occhi ripercorre i giorni in cui guardava la figlia star male, senza sapere come poterla aiutare. Giulia non riusciva più a vivere senza qualcuno che la aiutasse costantemente, aveva difficoltà anche a stare in piedi e così aveva abbandonato la sua autonomia ed era tornata a vivere a casa dei genitori. Una sconfitta a 51 anni per lei che non aveva mai avuto alcun tipo di problema di salute. La mamma ci racconta che negli scorsi mesi, tra le varie sofferenze, la peggiore era il non riuscire più a deglutire e quindi, a mangiare. Sopravviveva grazie agli omogenizzati e alla carne frullata. Non era vita quella, un dolore talmente evidente, ma nessuno sorprendentemente se ne è occupato. Purtroppo è quello che è accaduto, ed è quello che vivono ogni giorno tutte le persone che sono state «sfortunate»: per loro il vaccino è stato una condanna. «Giulia era una combattente, era coraggiosa» vuole precisare la madre, e in effetti è vero, lei è stata una delle prime a inviare la sua testimonianza al Comitato Ascoltami, un gruppo spontaneo nato a ottobre scorso a cui si sono iscritti sempre più danneggiati dal vaccino per far sì che le tante voci si sommassero, con la speranza di riuscire a trovare diagnosi e cure. «Siamo più di mille, ma per ora continuiamo a essere invisibili - ci racconta Federica Angelini, la fondatrice del Comitato - siamo andati persino in Senato, abbiamo fatto una richiesta ufficiale per essere ascoltati in Commissione Sanità, perché noi ci siamo fidati dello Stato, abbiamo adempiuto al nostro dovere civico e morale di vaccinarci, ma ora vorremmo che sia lo Stato a rispettare il suo dovere di curarci». C’è tristezza nelle parole di Federica, e paura, tanta, perché ormai molti degli iscritti al Comitato sono stremati, non ce la fanno più ad andare avanti isolati nel loro dolore, abbandonati dalle istituzioni. Lei stessa convive da 11 mesi con gli effetti avversi da vaccino, è passato quasi un anno e nonostante le medicine e le visite specialistiche, i tanti soldi spesi nella speranza di trovare una soluzione, non smette di bruciare. «A volte sto così male da non poter neanche riuscire ad alzarmi, mi sembra di vivere in un corpo che non è più il mio». Un racconto che sembra sovrapporsi a quello di Giulia, stessi bruciori, stesso isolamento. «Un giorno Giulia mi ha detto: mamma come faccio a vivere così, come uno scarto umano, uno scarto della società, io non riesco a fare più nulla da sola, sono solo un peso per tutti». Piange la mamma, mentre ricorda queste parole che racchiudevano tutto il tormento di Giulia. «Io la capisco mia figlia», ci dice, «perché lei è stata emarginata dalla società, in quella lotta sociale tra vaccinati e non vaccinati, dove chi sta nel mezzo sembra non dover esistere». E così Giulia ha lasciato un biglietto. «Perdonatemi, sto soffrendo troppo, vi voglio un bene immenso». A sentire questo racconto di una vita strappata sembra quasi che in Italia ci sia la volontà di nascondere chi è stato male dopo il vaccino contro il Covid, come se tutte queste vite fossero soltanto dei pezzi difettosi di un ingranaggio che vuole apparire perfetto e sicuro a tutti i costi, ma a guardar bene, alla fine così perfetto e sicuro proprio non lo è.
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Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco